Quante volte, caro amico mio lettore, ti sarai trovato dinnanzi ad una persona e provare subito, senza nemmeno averci scambiato un saluto, un’innata simpatia oppure una viscerale antipatia? Poi, magari, il nostro giudizio si potrà anche rivelare inesatto, ma il concetto di base è che i sentimenti che proviamo, quelle sensazioni immediate cosiddette a pelle, viaggiano su un binario nettamente distinto da quello che è il nostro parere. Ebbene, senza rendertene conto sei appena entrato in quel magico mondo che è l’empatia: quella rara quanto preziosa capacità di saperci immedesimare, di essere in grado di percepire, quasi lo provassimo anche noi, ciò che le altre persone provano, sia che si tratti di sentimenti di gioia che di sentimenti di dolore.
L’empatia è la partecipazione emotiva e l’ immedesimazione negli stati affettivi altrui.
Il termine, tra le altre cose, deriva dal greco en-pathos, ovvero sentire dentro, riconoscere e fare proprie le emozioni altrui.
L’empatia quindi ti permette non solo di comprendere appieno i sentimenti delle persone che ti circondano, ma ti consente, altresì, di entrare in piena sinergia con le stesse, quasi tu stesso percepissi le sue stesse emozioni: non è inverosimile che tale sensazione faccia paura a molti, ma il risvolto della medaglia ci mostra che invece sono molte le persone che sono felici di riuscire a calarsi perfettamente nei panni dell’altra persona.
Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che la parola empatia è stata coniata dallo storico e filosofo dell’arte tedesco Robert Vischer, nato a Tubinga nel 1847 e morto a Vienna nel 1933: egli, infatti, nella sua qualità di studioso delle arti figurative e problematiche estetiche, ha inquadrato l’empatia legandola a riflessioni estetiche; sempre secondo lo studioso con tale termine veniva intesa quella capacità per l’appunto di sentire e di con-sentire, di cogliere la natura esterna – e quindi interna – del nostro stesso corpo: capacità di traslare i sentimenti da noi avvertiti verso gli altri – e alle cose – .
Il termine empatia verrà altresì utilizzato da Theodor Lipps, considerandola come quella attitudine a sentirsi in armonia con l’altro, riuscendo a percepirne i sentimenti, le emozioni e finanche gli stati d’animo.
L’empatia, secondo te, mio fidato amico lettore, è una dote innata oppure è un qualcosa che si può acquisire nel corso della nostra vita? In realtà è più probabile che sia una dote intrinseca a noi stessi, una indole naturale: riuscire a compenetrarsi alla perfezione nelle parole altrui, cogliere quegli aspetti più reconditi che magari altri non riuscirebbero ad afferrare; però potrebbe anche darsi che, parimenti, questa caratteristica possa essere acquisita nel corso del tempo anche da chi non ne nasce dotato; certo è che strettamente connesso all’essere empatico è il saper ascoltare gli altri e sappiamo bene quanto non tutti siano portati per questo. A conti fatti, quindi, devi essere un ottimo ascoltatore, non solo delle parole ma anche degli sguardi e delle frasi non dette.
In ogni caso v’è da dire che se sei un lettore accanito ovvero uno di quei lettori che ogni giorno si cibano di pane e libri, allora sappi che sei empatico a prescindere dal fatto che tu questa dote ce l’abbia in te connaturata o meno: i lettori per loro natura sono tutti empatici.
Ciò è stato dimostrato dalla ricercatrice Rose Turner la quale ha condotto, presso la Kingston University of London, uno studio prendendo come campione un numero di 123 persone adulte sia lettori che non; al termine di questo esperimento, la ricercatrice ha potuto affermare che tutti coloro che sono appassionati di lettura, ovvero che leggono sistematicamente, siano più empatici e riflessivi a dispetto di quanti, al contrario, non amino tenere un libro fra le mani.
Anche i ricercatori della New School of New York hanno condotto un esperimento similare a quello su descritto; in questo caso gli studiosi si sono rivolti ad un campione più ampio, ben 356 soggetti, sottoponendo gli stessi alla lettura di estratti appartenenti a generi letterari differenti: narrativa di genere, narrativa letteraria e saggistica. I test hanno dimostrato che tutti i lettori di narrativa letteraria posseggono una capacità più elevata di capire il prossimo.
D’altro canto notoria è quella empatia che si viene a creare tra il lettore e il personaggio del romanzo: tale esperienza, speculare a quella dell’experiential crossing, non è raro che accada, anzi tu, lettore che stai leggendo – e che di certo sarai un amante del profumo dei libri e di quelle parole che si rincorrono fitte fitte su una pagina bianca che, grazie alle stesse, diventa viva – concorderai con me su questa cosa; i lettori godono di questo privilegio: riescono ad immedesimarsi nelle emozioni provate dai personaggi dei loro libri.
Empatia è sapere cosa stai per dirmi ancora prima che tu me lo dica
A questo proposito mi piace segnalarti uno dei tanti libri che affrontano questo tema ed ho scelto per te La cassetta degli attrezzi dell’empatia, edito da Amrita Edizioni; l’ho scelto innanzitutto per questo titolo così accattivante, poi per la copertina che rappresenta questi due insiemi che si abbracciano colmi di cuori, ed infine per ciò che andrai a leggere nel libro «…Non vi è vera intimità senza empatia. L’empatia è un riconoscimento dell’altro, sia per quanto riguarda la sua presenza fisica sia per quanto riguarda le sue emozioni, i suoi desideri, i suoi sentimenti e le sue idee.»
Personalmente, credo molto nel valore dell’empatia ed io stessa mi sento molto empatica, cerco sempre di vestirmi con i panni che gli altri indossano, e di guardarmi con gli occhi con i quali mi osservano e attraverso i quali vorrebbero trasmettermi le loro emozioni, quindi, catturo i loro sguardi e spesso rimugino su ciò che mi viene detto per cercare di trovare le giuste parole da regalare loro, ma, in realtà, il regalo lo fanno loro a me ogni qualvolta mi rendono partecipe dei loro pensieri. Caro amico mio, che tu sia un empatico nato o acquisito vedrai che, se avrai la capacità di saper ascoltare, potrai cogliere da quelle frasi lasciate a metà – quasi criptiche – e che magari vorrebbero dirci tanto ma che restano lì, sospese, quasi fossero delle bolle di sapone, ogni sfumatura di colore.