Vivere in un libro: caro lettore quale sceglieresti?
Quando si è immersi nella lettura ci si aliena da tutto quanto ci circonda: non c’è distrazione che tenga, un lettore quando legge, legge e basta.
Quante volte si decide di leggere solo le ultime dieci pagine e invece poi ci si ritrova ad essere giunti alla fine del romanzo senza nemmeno rendersene conto, quella brama di sapere, di conoscere l’epilogo che ci spinge a continuare fino a notte inoltrata, di soppiatto e nel silenzio delle ore notturne. Niente e nessuno può distogliere i lettori dal loro obiettivo: terminare il libro. Questo a prescindere che l’opera sia di nostro gradimento o meno: se anche non lo fosse, la missione va portata a termine per poi trarne le dovute e scrupolose considerazioni.
Il libro è quell’oggetto che diventa parte integrante e imprescindibile delle nostre abitudini quotidiane, che sia cartaceo o ebook: avrà sempre un posto d’onore nella nostra giornata.
«Un libro è un giardino che puoi custodire in tasca.» (Proverbio arabo)
Ebbene, ti sei mai chiesto, caro iCrewer, come sarebbe vivere all’interno di un libro? Io, sempre. Mi ci immedesimo a tal punto che mi raffiguro all’interno dello stesso, come comparsa, controfigura, co-protagonista o semplice spettatrice non importa: la cosa che veramente conta è che mi lascio talmente trasportare dalle parole che mi sembra di essere parte integrante del romanzo. E se ci vivessimo realmente in un libro, tu quale opera sceglieresti? Pensaci bene: un thriller o un fantasy? O ancora un romance a tutti gli effetti oppure una storia romantica ma non troppo? O sei il tipo da noir e genere distopico?
Allora immaginiamo un grande libro aperto – il nostro preferito – e noi nelle sembianze di Alice nel paese delle meraviglie mandiamo giù un pezzettino di quella torta speciale che ci rende piccini: bene a questo punto un piede dietro l’altro e ci ritroviamo vis a vis con i personaggi della nostra storia!
La prima opera nella quale mi sono immaginata di vivere è, per me, una sorta di reliquia, qualcosa che custodisco gelosamente e che ho letto e riletto tante di quelle volte da averne peso persino il conto, ed ogni volta è sempre come fosse la prima.
Ti sto parlando di Piccole Donne di Louisa May Alcott, un romanzo che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita, in special modo tutte le bambine di oggi, future donne di domani; una storia che andrebbe letta per tutti i valori che impartisce: l’amore fra sorelle, la lealtà e la solidarietà, il rispetto e l’umiltà, la figura materna – chiamata marmee – che fa da collante fra le quattro sorelle insegnando loro tutto quello che ogni ragazza dovrebbe conoscere, quelle virtù oggi bistrattate, snobbate e dimenticate.
Al nostro tempo ci si preoccupa di curare più l’aspetto estetico piuttosto che ascoltare le ferite del proprio cuore. In questo romanzo mi vedo accanto alle quattro sorelle, vestita con abiti che si intercalano perfettamente nell’ambiente dell’epoca, dinanzi al fuoco scoppiettante a lasciarmi confortare dai materni consigli di Meg, osservare Jo mettere in scena uno dei suoi manoscritti, ascoltare le melodie suonate dalla delicata Beth, sorridere dei capricci della piccola Emy. Ecco, io sono lì.
Se dovessi indicare, poi, un altro romanzo nel quale vivere sceglierei con assoluta sicumera uno di quelli facenti parti della serie I love shopping che vedono quale protagonista la giovane e frizzante Becky Brandon nata Bloomwood, figlia della strepitosa penna di Sophie Kinsella.
Ogni qualvolta mi trovo dinanzi alle vicende di questa briosa ragazza mi viene da pensare a come sarebbe la vita accanto a lei; la risposta è già pronta lì che aleggia nella mia mente: sarebbe un’esistenza esilarante e colorata come un arcobaleno, senza particolari preoccupazioni che ostruiscono la mente se non quelle relative a mantenere il segreto inerente un astronomico scoperto sulla carta di credito.
Ovvio che la vita non può essere solo frivolezze e shopping, però che male c’è a sognarne una dove le risate alleggeriscono le parole, la spensieratezza è di casa e le apprensioni sono perlopiù evanescenti? Tuttavia chi almeno una volta ha letto delle peripezie di Becky sa bene che lei non è solo questo: lei sa essere la persona più altruista e amorevole di questo mondo.
Da ultimo, non potrei non immaginarmi in una delle rocambolesche avventure del celeberrimo commissario di polizia più amato d’Italia: Il Commissario Montalbano, creato della penna dell’ineguagliabile Andrea Camilleri.
Salvo Montalbano mi ha sempre affascinata, sarà per quella rara sagacia, per i saltafossi che solo lui è in grado di architettare, con quella arguzia mista a finta ingenuità in danno dei malcapitati che ci cascano senza nemmeno rendersene conto; sarà, infine, per lo sguardo fiero ed incorruttibile della giustizia.
Mi capita di sovente che quando mi trovo dinanzi alle persone inizio a pensare nella medesima maniera del commissario: sembra assurdo, lo so, me ne rendo conto io stessa, ma è così; la sua influenza è talmente forte che nella vita reale mi piacerebbe avere il suo acume e la sua prontezza di agire. Certo, non so che ruolo potrei avere in un suo libro, per ovvi motivi non vorrei essere né nei panni dell’eventuale cadavere né tanto meno nel probabile assassino!
Credo fermamente che ogni lettore dovrebbe essere libero di sognare – ad occhi aperti o chiusi poco conta – la propria vita quasi fosse un romanzo perché si sa, la fervida immaginazione e il cuore palpitante sono sintomi tipici di ogni lettore che si rispetti.
«Leggere è andare incontro a qualcosa che sta per essere e ancora nessuno sa cosa sarà.» (Italo Calvino)