Caro lettore, oggi voglio presentarti Il Taccuino Rosso di Paul Auster.
Di solito nella rubrica Spazio ai Classici mi piace parlarti di libri e autori più o meno recenti che hanno lasciato un segno nella letteratura e nella società di oggi con le loro storie e i loro personaggi.
Oggi, però, voglio adottare un approccio un po’ differente.
Quindi voglio chiederti, in maniera provocatoria, che cos’è un Classico? E come nasce?
La definizione di “Classico” è certamente difficile ma potremmo concordare sul fatto che si tratta di un’opera che finisce per essere considerata come un modello, un punto di riferimento per tutte le generazioni future.
Ma come nasce un’opera talmente ben scritta da risultare attuale in ogni epoca? Come si fa a scrivere un capolavoro che, come dice il nome stesso, si pone a capo di molti lavori successivi?
Ebbene, a quest’ultima e ancor più difficile domanda, non posso certo risponderti io. Per cui, voglio farlo attraverso un esempio. L’esempio, in questione, è proprio Il Taccuino Rosso di Paul Auster.
Perché proprio questo libro? Scopriamolo insieme!
Il Taccuino Rosso – la trama e la struttura
Una telefonata a un numero sbagliato nel cuore della notte (l’episodio da cui nascerà Città di vetro), una lettera che non abbiamo mai scritto che ci torna indietro da un destinatario che non è mai esistito, un poeta che conosce per la prima volta suo padre il giorno in cui suo padre inizia a morire.
La piccola grazia di una monetina perduta che poi ritroviamo a chilometri di distanza. Felicità improvvise che bisogna allenarsi a riconoscere e conservare, istanti in cui la vita – che fino a quel momento ci sembrava chiusa nella grigia ottusità dell’abitudine – si apre alla gioia, al mistero, all’incontro. Il taccuino rosso ha la stessa concentrata luminosità del breviario zen.
A che genere appartiene quindi Il Taccuino Rosso? È troppo disordinato per essere un diario o una biografia; troppo breve per essere un’antologia di racconti (l’intero libro è lungo poche decine di pagine).
Allora cos’è?
Niente di più di quel che appare dal nome. Un taccuino rosso su cui sono impresse immagini, frammenti di ricordi e di memorie passate. Tutte rigorosamente vere come sottolinea lo stesso Paul Auster alla fine del suo taccuino:
Come ogni cosa scritta su questo taccuino rosso, questa storia è una storia vera.
C’è da dire, però, che gli eventi raccontati da Auster, a volte, sono tanto casuali da apparire del tutto inverosimili. Quante possibilità ci sono, ad esempio, di ritrovarsi con le gomme bucate quando nell’auto c’è sempre la stessa persona? O ancora, che il marito di una donna orfana sia in realtà il suo fratellastro?
Perché qui, in questo taccuino, i protagonisti non sono gli amici, i parenti e i conoscenti che Paul Auster, che funge da voce narrante, cita nel testo. È proprio la casualità il vero protagonista di questo piccolo gioiello, quella forza misteriosa e intrigante che fa sì che eventi apparentemente slegati tra di loro si intreccino a creare qualcosa di unico e inaspettato.
La felicità sta nelle piccole cose, si è solito dire, ed è proprio il messaggio che vuol far trasparire Paul Auster con il suo taccuino rosso su cui sono annotati piccoli istanti, banalità, eventi che nella vita quotidiana spesso non ci soffermiamo neanche a considerare perché li riteniamo insignificanti e irrilevanti.
Ma non è sempre così: nelle piccole cose spesso si nascondono momenti di grande felicità, tanto grande che sorpassa quella degli eventi più eclatanti. Così, per ripercorrere le storie del Taccuino Rosso, una torta fatta con le ultime cipolle rimaste in dispensa supera nel gusto persino una cena in un ristorante di lusso.
Il Taccuino Rosso: un classico o una raccolta di appunti?
E torniamo così al quesito iniziale: come nasce un Classico?
Spesso si pensa a idee grandiose e fulminanti nel cuore della notte, ad ore e ore di preparazione e studio. Ma forse, a volte, bastano piccole e curiose coincidenze per far nascere una storia.
È quanto accaduto con la Città di vetro, uno dei romanzi più famosi di Paul Auster che nasce da una semplice telefonata al numero sbagliato, ricevuta di notte. E questo è, in definitiva, il fine ultimo del Taccuino Rosso: annotare e raccogliere suggestioni e assaggi di quotidianità e tramutarle poi in un racconto, una storia che prende le mosse da qualcosa di realmente accaduto e che poi, lentamente cresce e si evolve da sola.
E non è, in conclusione, proprio questo il meraviglioso paradosso dei Classici e della letteratura in generale? La finzione che si mescola alla realtà per creare qualcosa di unico e singolare. Qualcosa che nasce da noi, dall’autore ma che poi, come fosse una creatura vivente, cresce e si allontana prendendo strade che nemmeno chi l’ha creata è in grado di prevedere. Perché, come dice Paul Auster:
Ho capito che i libri non sono mai finiti, che è possibile per alcune storie continuare a scriversi anche senza il loro autore.
E dunque, ti lascio, caro lettore, con l’invito a prendere anche tu un taccuino rosso e annotare i piccoli momenti di felicità. Chissà che un giorno non ne nascerà davvero una storia straordinaria…