Gli ultimi fuochi ha un titolo abbastanza emblematico, capolavoro letterario nonostante sia un romanzo incompiuto, a cui F. S. Fitzgerald lavorò negli ultimissimi anni della sua vita, quando ormai il suo successo era in declino, riversandovi l’amarezza verso il mondo hollywoodiano che l’aveva lasciato “sullo sfondo” concedendogli un ruolo più che marginale (Fitzgerald aveva firmato nel 1937 un contratto da sceneggiatore con la Metro Goldwin Mayer).
Gli ultimi fuochi dello scrittore, se vogliamo, che però divampano fortissimi.
La trama de Gli ultimi fuochi e la fabbrica hollywoodiana
Il racconto si apre invitando velatamente i lettori a scegliere un punto di vista da cui guardare Hollywood: darla per scontata? Odiarla? Amarla? O «ignorarla con la noncuranza e il disprezzo riservati alle cose che non capiamo»?
Chi è Cecilia Brady? La “figlia del produttore”, che conosce il mondo visto da un aeroplano, seconda voce narrante del romanzo. Tutto inizia lì, su un aereo, l’incontro di Cecilia con il signor Schwartz che sta per compiere l’ultimo passo verso la fine (escluso da Hollywood per un errore) e con Wylie White, scrittore in cerca della sua strada.
Dopo un po’ entra in scena il vero protagonista, Monroe Stahr: self made man, affascinante produttore di grande potere, ma amabile nel modo di fare. Nell’andirivieni incessante degli studios si fa strada il dramma interiore di Stahr, il suo amore per una donna di cui non si sa nulla, ma che gli ricorda tanto la moglie perduta. In quei momenti di intimità, per Stahr è come se l’intera macchina produttiva si fermasse e lui fosse un uomo come tutti gli altri. Ma come in tutte le storie, la serenità dura sempre poco e c’è sempre un momento in cui tutto comincia a precipitare…
Oltre la trama principale che segue Stahr, la vera protagonista è Hollywood, un grande macchinario, persino nella sua fisionomia («una città perfettamente suddivisa, così da individuare che genere di persone vi abita e la sua condizione economica»). Come una fabbrica, mai silenziosa: i rumori sempre presenti negli studios, gli affari, le segreterie sempre sull’attenti, la discrezione nel mettere a tacere i giornali sugli spiacevoli retroscena tragici che coinvolgono divi, operatori e personale caduto in rovina. I drammi personali degli attori, gli scrittori da mettere in riga… è a tutto questo che deve pensare un produttore come Stahr.
È la vita frenetica del produttore, «nato insonne, senza un’attitudine o il desiderio del riposo». Non dirò null’altro sulla trama, ma una cosa è prevedibile: la fine di Stahr sarà molto triste, tanto quanto quella del socio Brady e della figlia Cecilia.
È difficile reagire a quello che non si riesce a capire completamente… questa era una novità e confondeva, niente che si potesse interrompere a metà e compensare il resto con una vecchia colonna sonora.
Gli ultimi fuochi, F. S. Fitzgerald
Gli ultimi fuochi di Hollywood: disgregazione del sogno
Gli ultimi fuochi è forse il miglior ritratto di Hollywood dopo la frantumazione del grande sogno, negli anni del crollo di Wall Street e della Grande Depressione. Lo svelamento di un sistema tanto onirico quanto spietato, fatto di esordienti narcisisti e star in declino, scrittori arruolati come soldati a basso costo, compromessi tra logiche di mercato e valore artistico, conflitti, falsi miti, illusioni che Fitzgerald espone tramite innumerevoli piccole trame secondarie.
In un sistema dagli ingranaggi rotti, dove è facile sentirsi privi di un’identità, Monroe Stahr è l’ultima scintilla di un fuoco ardente che si spegnerà con lui. È la fine di un’era, che F. S. Fitzgerald racconta dall’interno, mentre relegato a operatore di riprese vede infrangersi il mito cinematografico. Ovviamente la figura di Monroe Stahr è un omaggio a Irving Thalberg e le rivalità con Pat Brady ricalca quella di Thalberg con Louis B. Mayer, capo degli studi MGM.
«Eccoti uno scrittore» disse. «Sa tutto e allo stesso tempo non sa niente». […] Gli scrittori non sono esattamente delle persone. O se sono bravi sono un mucchio di persone che cercano di essere una sola. È come per gli attori, che cercano così pateticamente di non guardarsi allo specchio, allora si inclinano all’indietro riflettendo le facce nei candelabri.
Gli ultimi fuochi, F. S. Fitzgerald
Consigliata la visione dell’adattamento cinematografico del 1976 con Robert De Niro protagonista.