Sogni di Carta… intervista Alessandro Barbaglia
Caro iCrewer come sai lo scorso 12 e 13 ottobre sono stata presso Libri in Baia sia come scrittrice, con Eterno e L’Ultima Notte al Mondo, che come inviata di icrewplay.com
Ti avevo già parlato di Alessandro Barbaglia, ma facciamo un piccolo riassunto, di questo giovane poeta abbiamo detto che per questa terza edizione di Libri in baia è stato il padrino dell’evento e poi ho recensito la sua opera d’esordio La Locanda dell’Ultima Solitudine e la raccolta di racconti da lui curata e contente un suo scritto dal titolo NO. Dieci racconti per un immaginario novarese.
Detto questo, averlo conosciuto è stata un’esperienza davvero piacevole. Alessandro Barbaglia è un autore sorprendente e sicuramente un racconta storie eccezionale. Durante la fiera ha saputo intrattenere, con delle simpaticissime storie, un bel gruppetto di bambini e ti assicuro, io che lavoro con i piccoli, so quanto sia difficile catturare la loro attenzione.
Al termine del suo intervento dal titolo Racconti Invisibili. Storie di galli, sentieri, alberi e altre cose mai viste, nonostante la stanchezza e la presenza della sua bella mogliettina e del suo dolcissimo bimbo di poco più di un anno, mi ha concesso un’interessante intervista.
Cosa ho notato da questa intervista?
Alessandro Barbaglia è un poeta, non solo quando scrive, ma anche nella vita di tutti i giorni, mentre lui rispondeva alle mie domande, io lo ascoltavo parlare e prendevo appunti e più di una volta mi sono dovuta fermare per chiedergli: come posso mettere giù quello che stai dicendo?
Io sono una scrittrice e non certo una poetessa ed entrare in una scrittura in versi è difficile per chi scrive in prosa, mentre Barbaglia mostra di avere un vero dono, una sorta di talento che gli permette di far danzare le parole come note immaginarie che risuonano nel mondo reale.
Ora iniziamo…
La mia prima domanda è in realtà un quesito che mi ha posto una mia collega del mondo reale e non di quello virtuale di icrewplay, una professoressa del liceo in cui lavoro e quindi le riporto qui la risposta:
Quanto la poesia ha influenzato le tue opere?
Rispondo con parole mie, cercando di fare un riassunto fedele a quanto mi ha detto Barbaglia, mannaggia che responsabilità mi hai lasciato caro Alessandro, la poesia è stupore. È infatti importante che un’opera o qualunque creazione artistica una volta plasmata riesca a stupire.
Se stupisce io ci credo, questo è un motto che l’autore mi ha espresso ed è questo ciò che influenza le sue opere o meglio è questo che lui vuole ottenere, qualcosa che stupisca.
A lui piace raccontare storie che si scostano dalla realtà, quindi non siamo proprio nell’irrealtà, ma una sorta di realtà inclinata, l’inclinazione è il mondo della magia e la magia è risaputo porta a stupore e la poesia deve stupire.
Questa prima domanda un po’ già risponde alla mia seconda domanda, ovvero: leggendo le tue opere ho notato la presenza di un livello che chiamerei onirico, una sorta d’irrealtà che si insinua nella realtà; prendiamo ad esempio la presenza del cane che sa sparire Vieniqui ne La Locanda dell’Ultima solitudine o la capacità di Margherita di accordare i fiori. Da dove nasce questa scelta, se scelta si può definire?
Alessandro Barbaglia mi ha spiegato che quando scrive in realtà non costruisce un livello fantastico nelle sue narrazioni, ma semplicemente costruisco quello che vedo.
Personalmente credo che inteda una cosa che capita a noi scrittori, ad esempio: non vi è mai capitato di camminare in una campagna o lungo un sentiero che costeggia un bosco, in realtà siete soli, ma contemporaneamente non lo siete, percepite rumori, vedete mille colori e paesaggi, insomma il mondo vi fa compagnia con le storie che in quel momento ha da raccontare.
Quindi è un po’ come se la trama che in quel momento lo scrittore sta costruendo è certamente in parte irreale, ma anche dotata di una realtà che in effetti egli vede davanti a sé e risplende dinnanzi ai suoi occhi.
Barbaglia dice che lui costruisce quello che vede e questo concetto lo spiega anche con l’accordo dei fiori.
Ma partiamo dal principio, per chi non ha letto La Locanda dell’Ultima Solitudine di cosa stiamo parlando?
In questo romanzo abbiamo uno dei personaggi che si chiama Margherita che come lavoro accorda i fiori e cerca di insegnarlo a sua figlia Viola. Per accordare i fiori s’intende che questi due personaggi sentono parlare i fiori e le piante come la menta, che crudele racconta molte bugie, quindi il loro obiettivo è quello di accordare i fiori, un po’ come si accordano gli strumenti musicali, per farli suonare bene.
Spiegato questo Barbaglia, tramite un giro di parole ci mostra che accordare è anche un portare nel cuore altrui, infatti accordare è anche un concedere qualcosa a qualcuno, un creare qualcosa che hai la speranza che chi lo riceve lo tenga a cuore, infatti con accordarsi intende anche mettersi nel cuore altrui.
Questa terza domanda è un pochino più semplice: Da dove nasce la passione per la scrittura e quanto è difficile in Italia fare il lavoro del libraio?
Anche prima di questa risposta faccio una premessa, Alessandro Barbaglia, oltre a essere un poeta è anche un libraio, lavora infatti in una libreria di Vercelli che a questo punto io vi consiglio di visitare.
Mi ha infatti confessato che la libreria è ad oggi attiva e, sempre per la gioia della mia collega professoressa che mi ha detto di chiederglielo, lui lavora ancora lì, certo il poeta mi ha confessato che ha dovuto diminuire il numero di ore, cosa che io comprendo a pieno, ma comunque se andate nella bella Vercelli passate a trovare Barbaglia che sarà contento di ricevervi.
Fine del piccolo spazio di pubblicità e torniamo seri.
La passione della scrittura per Barbaglia nasce dal fatto che prima di tutto è stato un lettore onnivoro, leggere è però un po’ come giocare con i lego, ci spiega. Quando leggi tanto è come se acquisti tanti pezzi di lego e quando ne hai molti ti viene naturale scrivere e quindi costruire le tue opere.
Dopo aver letto molto ha iniziato a creare storie.
Anche se, in via di confessione spontanea, mi ha raccontato che da piccolo era solito scappare per non farsi la doccia, fuggiva dal bagno e quando veniva preso da sua mamma, per non venire sgridato, raccontava storie che inventava e credo che questo sia il dono che traspare dalla sua persona ancora oggi.
Per quanto riguarda il fare il libraio in Italia oggi, è una forma di resistenza. Resistere alla velocità, alla mancanza di tempo, il libraio è il custode dei libri e i libri custodiscono storie, sono la casa delle storie e conservarli è resistere allo scorrere frenetico del tempo.
E ora veniamo all’ultima domanda che credo anche sia la più complessa fra tutte: nel libro La Locanda dell’Ultima Solitudine la protagonista indiscussa è appunto una locanda che si trova su uno scoglio che cade a strapiombo sul mare, in essa si può soggiornare solo in due e puoi gustare delle perle che compongono delle cene di dieci portate. Mi sono chiesta, ma nella realtà questo luogo come lo possiamo focalizzare?
Partiamo con il dire che la locanda dell’ultima solitudine nella realtà non esiste, se si va a Punta Chiappa, il luogo della Liguria in cui c’è lo scoglio della storia, non c’è questa attività, tuttavia se arrivi a Punta Chiappa, lasci il bosco alle tue spalle, guardi il mare e ti senti felice allora hai trovato la locanda dell’ultima solitudine.
È quel luogo in cui non sei più solo, ma sei in compagnia di quel te stesso che ti ha accompagnato sino a lì e capisci che da quel momento in poi non sarai più solo, è infatti quel posto dove non si è da soli, ma per forza in due.