Un viaggio attraverso Cyborg, Utopisti, Hacker e Futurologi per risolvere il modesto problema della morte.
Questo si legge sulla prima pagina del libro di Mark O’Connell, giornalista e saggista, nato a Dublino, autore di molti articoli di cultura pubblicati dalla rivista statunitense “States” e dalla testata “The Millions“.
Questo testo è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2017, ed ora è arrivato anche in Italia.
L’argomento affronta il transumanesimo, trattato, come al solito, con gli approfondimenti che contraddistinguono il lavoro del nostro autore, attraverso testimonianze che O’Connell ha raccolto in giro per il mondo, relative a speranze, bizzarie e aneddoti verso la completa fusione tra uomo e macchina, da qui il titolo inquietante “ESSERE UNA MACCHINA“.
Nel corso degli anni, ed oggi è all’ordine del giorno, abbiamo avuto modo di visionare ogni genere di notizia che riguardasse la possibilità da parte dell’uomo di “migliorare” la sua condizione fisica fatta di protesi tecnologiche, criogenetica, upload della mente e tanto altro ancora. Tutto ciò per “allontanare” quanto più possibile lo “spauracchio” della morte.
Abbiamo avuto persone che hanno continuato la loro vita grazie al trapianto del cuore, delle cornee, degli arti e la lista continua… ma arrivare ad essere un Cyborg come avevano fatto diventare ROBOCOP, lo ricordate? Tutto per scongiurare la delinquenza, mantenendo utilizzabile solo il cervello, ma senza emozioni… sebbene alla fine qualcosa affiora in questa “macchina da guerra”.
Per carità non sono contro la tecnologia se questa aiuta a migliorare la vita dell’essere umano, ma è la concezione che i transumanisti pongono a base della loro appartenenza a questa “corrente” e cioè, il prolungamento indefinito della vita umana, e questa loro voglia di esistere il più a lungo possibile che li porta a “rimandare la morte, attuando tutte le tecniche possibile, certe di poter accedere a un futuro in cui la morte verrà definitivamente debellata”.
E’ sconvolgente, almeno per me, leggere di persone la cui visione “futuristica” è quella di immaginarsi come “un sistema interconnesso di nodi in cerca di informazioni” liberi del proprio corpo fisico. Ma ancor più sconvolgente sarebbe se tra tutti coloro che si sono “ibernati” per “risorgere” quando le condizioni di vita lo consentiranno, ci possano essere personaggi come Hitler, tanto per citarne uno a caso, le cui nefandezze fanno ancora paura.
In questo scenario la tecnologia la fa da padrone, e il suo orizzonte ultimo sarà quello di raggiungere il punto in cui sarà libera di progredire a ritmi esponenziali, autogenerandosi, autogestendosi, autoreplicandosi, come fanno molte specie animali e vegetali, risolvendo quello che non siamo ancora riusciti a controllare: la Singolarità, un evento in grado di cambiare per sempre le sorti del genere umano.
A molti leggere “Essere una macchina” farà l’effetto di sentirsi come stritolato tra idee diverse del futuro, ad altri l’estasi digitale sembrerà qualcosa di simile alla morte.
Tra l’altro “mantenersi in vita” in questo modo non costa spiccioli, ma sono impegnate risorse economiche non indifferenti; è l’obiettivo da raggiungere per afferrare l’eternità, l’importante è arrivarci – vivi o congelati – per avere la certezza di essere rianimati o di poter usufruire efficacemente delle conquiste scientifico-informatiche.
“Che possibilità reali abbiamo di vivere mille? chiede ad un certo punti O’Connell a un guru del movimento, Aubrey de Grey. – “Qualcosa più del cinquanta per cento” si sente rispondere. “Molto dipenderà dal livello dei finanziamenti.”
La morte non è che un curioso accidente, una deviazione al pari del malessere.