Riccardo Muti lo conosciamo tutti come il Maestro Riccardo Muti; la sua immagine è legata al Teatro alla Scala di Milano, ai grandi concerti della Polifonica, agli eventi più importanti a livello internazionale.
Poi abbiamo il filosofo Massimo Cacciari, entrato nelle case degli italiani perchè per un periodo è stato sindaco di Venezia, ma la sua attività principale è quella di academico presso l’università di Venezia.
Insieme hanno dato vita a Le sette parole di Cristo testo edito da Il Mulino. Il libro fa parte della collana Icone diretta da Cacciari. Un dialogo tra il Maestro e il Filosofo, un incontro tra la grande musica e la filosofia, la religione e l’arte.
DAL COMUNICATO ANSA
Si può ammirare un’opera d’arte immaginandola dentro di sé con le note di una musica, così come si può ascoltare un’opera musicale e chiudendo gli occhi vederne i colori, ritrovarne l’immagine pittorica. Il pensiero ha tanti diversi linguaggi, ognuno con la sua peculiarità, certo, ma con un logos comune che alla fine li avvicina. E che ci fa dire che non può esserci tradimento nel passare da una forma di pensiero all’altra, dalla filosofia alla storia dell’arte, dalla pittura alla musica. Ed è così che nel dialogo di due grandi del nostro tempo, il maestro Riccardo Muti e il filosofo Massimo Cacciari, due capolavori dell’arte e della musica, la Crocifissione di Masaccio e Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce di Haydn, si fondono in un’unica immagine, con le parole di Cristo morente che si fanno suono e senso universale, che trascendono l’immagine stessa diventando pura astrazione.
I suoni di Riccardo Muti e le parole di Massimo Cacciari
Il libro intreccia immagini e suoni ed è lo stesso nella conversazione dal vivo, con Cacciari che si sofferma sul pathos del quadro, sulla passione che è al centro della composizione di Masaccio insieme con la croce “poderoso simbolo della nostra civiltà”. Il filosofo cita le parole dei Vangeli e poi passa alla composizione di Haydn, e ci spiega la correlazione tanto cara all’amico Muti tra il capolavoro di un pittore quattrocentesco con quello di un compositore arrivato più di trecento anni dopo: “Pur nella distanza di tempo e di stili – dice – si può capire perché Muti ami questa consonanza”. Una consonanza tessuta di passione e di un grido, che nella tavola di Masaccio sembra arrivare proprio dalla tragicità di quella straordinaria Maddalena senza volto, mentre in Haydn irrompe alla fine, “nel terremoto” che chiude l’opera.
La premessa al libro è scritta da entrambi i Maestri e te le lascio uno stralcio
A noi è parso che Masaccio e Haydn si ascoltino e si guardino in un drammatico incontro umano-divino e così diventino nella nostra conversazione un’unica immagine, dove la parola di Cristo si fa suono e senso universale che trascende l’immagine stessa diventando pura astrazione: il suono vola oltre l’icona.