Abbiamo già parlato dell’Orlando furioso, il celebre poema cavalleresco di Ludovico Ariosto. Ora, però, è giunto il momento di conoscere il suo predecessore – il prequel del Furioso, usando termini moderni: l’Orlando innamorato, scritto da Matteo Maria Boiardo.
Forse questo titolo fa luccicare qualche scheggia di memoria nella tua mente ma, nel caso in cui ciò non accadesse, non farne un dramma. La fama del poema di Ariosto, e de La Gerusalemme liberata di Torquato Tasso (che, se non sbaglio, si studia subito dopo), ha fatto sì che l’opera di Boiardo passasse un po’ in secondo piano, e non soltanto ai giorni nostri.
Tuttavia, è proprio un peccato che questi due libri e mezzo – due completi, uno incompiuto, ma ci arriveremo poi – non siano così spesso citati, perchè senza Orlando innamorato, non ci sarebbe potuto essere quello Furioso.
Signori e cavallier che ve adunati
Per odir cose dilettose e nove,
Stati attenti e quïeti, ed ascoltati
La bella istoria che ’l mio canto muove;
E vedereti i gesti smisurati,
L’alta fatica e le mirabil prove
Che fece il franco Orlando per amore
Nel tempo del re Carlo imperatore.
Un piccolo preambolo sul genere
Forse saprai, che uno dei generi più scritti, e raccontati, nel Basso Medioevo (dal 1300 al 1500 circa), fu quello dei poemi cortesi e cavallereschi. Si tratta di opere rivolte al pubblico dei nobili della corte – da qui, cortesi – e che contengono una serie di topos molto specifici, in primo luogo l’amore assoluto per una donna e la lealtà verso il sovrano – non dimentichiamoci che le opere dovevano, in qualche modo, ispirare e guidare i loro lettori.
All’interno dei poemi cortesi, si trovano quelli cavallereschi che, come immagino tu possa intuire, avevano come protagonisti proprio dei cavalieri. I cicli più rinomati – ossia insiemi di tomi con più o meno gli stessi personaggi – sono principalmente due: il ciclo carolingio, che narra le gesta di Carlo Magno e dei suoi paladini, primo tra tutti il suo uomo più forte e fidato, Orlando; e il ciclo bretone, in cui vengono raccontate le moltissime avventure di re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda.
La differenza stostaziale tra i due, però, va al di là dei protagonisti. I temi del ciclo bretone, infatti, si concentrano soprattutto intorno alla religione, alla lealtà verso il sovrano e alla patria. Il ciclo bretone, invece, è sostanzialmente l’opposto, vista la cospicua presenza di magia in ogni vicenda; senza contare intrighi, giuramenti e tradimenti dietro ogni angolo.
Dove si colloca, allora, l’Orlando innamorato di Boiardo?
Orlando innamorato: la prima avventura in cui ciclo bretone e ciclo carolingio s’incontrano
L’Orlando innamorato fu pubblicato per la prima volta nel 1484 e, a quel tempo, era composto da due libri – ventinove e trentuno canti rispettivamente – che narravano la storia di Orlando e degli altri personaggi, serventodosi delle ottave in endecasillabe per narrare la vicenda. La seconda edizione, resa nota postuma, è del 1495, e vede l’aggiunta di un terzo libro, incompiuto, composto da otto canti e mezzo.
In queste strofe, che Boriardo dedica alla casata degli Este di Ferrara (sì, esattamente come farà poi Ariosto), si verifica un’inedita fusione dei due cicli cavallereschi: paladini, incantesimi, avventure e un’amore che va al di là per quello verso il sovrano. Ciò fu possibile soprattutto in quanto la patina di intoccabilità, di certezza che avvolgeva gli ideali cortesi – soprattutto quelli del ciclo carolingio – stavano pian piano diventando più sottile, e quindi l’autore potè prendersi queste libertà (non dimentichiamo che Don Chisciotte, palese visione ironica dei cavalieri, è del 1605, quindi il processo poteva benissimo essere già lentamente inziato due secoli prima).
E cosa accade nell’Orlando innamorato? Una moltitudine di eventi, messi in moto da altrettanti personaggi di entramebe le tradizioni. E, soprattutto, Orlando, l’indomito e fedelissimo paladino di Carlo Magno, s’innamora della bella Angelica, principessa del Catai, tanto da abbandonare il suo re, per inseguire la fanciulla. E andrebbe tutto bene, se non fosse che nella foresta in cui i due – e, di nuovo, almeno un’altra decina di persone – si inoltrano, ci sono due fonti d’acqua molto speciali: la fonte dell’amore e quella del disamore.
Dal momento in cui uno dei due si abbevera alla fonte, la loro storia diventa un grande girotondo, nella speranza di risciure a conquistare l’amato o l’amata (che ovviamente ha bevuto dalla sorgente opposta). Certo, non accade solo questo, visto che il poema è lungo qualcosa come 2200 pagine, ma la storia che riguarda Orlando e Angelica è quella a cui si ricollegherà Ariosto in apertura del suo poema.
Non vi par già, signor, meraviglioso
Odir cantar de Orlando inamorato,
Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso,
È da Amor vinto, al tutto subiugato;
Né forte braccio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando affilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa.