Parlando di Stati Uniti d’America, una sensazione di impotenza si para di fronte ai miei occhi e mi immobilizza le mani sulla tastiera. Una pagina bianca troppo piena – piuttosto che troppo vuota – di nomi, libri, autori, titoli. David Foster Wallace, Susan Sontag, Jonathan Franzen, Toni Morrison, Truman Capote, Sylvia Plath, Colson Whitehead, Paul Auster, Philip Roth hanno alzato la mano nella mia testa, seguiti da una schiera di tanti altri autori e autrici.
Ma quale scegliere per descrivere gli Stati Uniti d’america? E in base a quale criterio?
La casualità di un incontro in libreria. Vi parlo, così, di Catherine Lacey.
Gli Stati Uniti d’America attraverso gli occhi di Catherine Lacey
Catherine Lacey nasce nel 1985 a Tupelo, nel Mississippi, per poi trasferirsi a New York e stabilirsi, infine (per ora), a Chicago, negli Stati Uniti d’America. È considerata una delle voci più ironiche e sottili della sua generazione. Catherine Lacey esordisce con il romanzo Nessuno scompare davvero (edito in Italia da Sur). Mentre lo scrive, collabora alla fondazione e alla gestione del 3B, un bed and breakfast cooperativo a Brooklyn.
Nel 2012 Lacey vince l’Artists’ Fellowship della New York Foundation for the Arts che, secondo una sua successiva dichiarazione, le ha permesso di finire il romanzo. Nel 2014 è stata scelta dalla rivista Granta come una delle migliori nuove scrittrici del 2014; inoltre è stata finalista del premio della New York Library per i migliori autori sotto i 35 anni, lo Young Lions Award. Ha insegnato alla Columbia University, all’Università del Montana e in quella del Mississippi, sempre negli Stati Uniti d’America.
Nessuno scompare davvero
Elyria, 28 anni, ha un lavoro stabile e un marito a New York: ma un giorno, senza dare spiegazioni, molla tutto e parte con un volo di sola andata per la Nuova Zelanda. Passerà mesi a vagare in autostop fra le campagne di quel paese sconosciuto, incrociando le vite di altre persone e tentando di dare un po’ di pace alla sua.
Scopriamo che Elyria ha un passato difficile (una madre alcolizzata, una sorella adottiva suicida, allieva del professore che è poi diventato suo marito), ma la fuga non è causata da crimini o violenze: nasce da un malessere esistenziale tanto profondo quanto difficile da definire; e il romanzo è, di fatto, un viaggio nella mente della narratrice, capace di osservazioni acutissime sul mondo, ma anche preda di improvvisi squilibri; dentro di lei, dice, si muove un bufalo riottoso che non riesce a placare.
Elogiato dalla critica come uno dei migliori esordi dell’anno, sostenuto da una scrittura incalzante e quasi ipnotica, Nessuno scompare davvero è una sorta di road movie introspettivo che spiazza e appassiona il lettore.
Le risposte
Mary è una trentenne americana in crisi: è affetta da un’infinità di dolori e disturbi psicosomatici e ha perso il lavoro; l’unico sollievo sembra venirle da una bizzarra forma di fisioterapia, vagamente new age e molto costosa. Quando un gruppo di misteriosi ricercatori le offre l’opportunità di una collaborazione ben remunerata, accetta senza pensarci due volte.
Si tratta di far parte dell’«Esperimento Fidanzata»: un divo del cinema a cui l’ipervisibilità mediatica impedisce di vivere una normale relazione di coppia sta provando a crearsene una artificialmente, circondandosi di una serie di ragazze che ne soddisfino, a turno, le diverse esigenze: la fidanzata materna che cucina, la fidanzata collerica con cui litigare, la fidanzata ordinaria con cui passare i tempi morti in casa, un intero «team intimità» per il sesso, e una fidanzata – questo il ruolo di Mary – per i momenti di romanticismo e trasporto sentimentale.
Sulle prime tutto pare funzionare, ma quando il team di ricercatori prova a ottenere un maggior controllo sulle reazioni psichiche dei partecipanti, la situazione precipita… In bilico fra satira e fantascienza, romanzo filosofico e storia d’amore, Le risposte è una geniale meditazione sulla contemporaneità: in un mondo che è sempre più ostaggio della cultura della celebrità e della cura ossessiva di sé, è ancora possibile conoscersi, innamorarsi, essere felici con un’altra persona?
E, infine, in uscita a gennaio 2020
A me puoi dirlo
In un paesino di provincia arriva una persona sconosciuta. Gli abitanti la trovano addormentata sulla panca di una chiesa, dove si è fermata a cercare riparo durante la notte. Ha un’età giovane ma indefinita, la pelle di un colore diverso dalla loro, e a prima vista è impossibile stabilire di che sesso sia. Capisce la loro lingua, ma si rifiuta di parlare e raccontare la sua storia. La comunità, unita da una forte fede religiosa, si dichiara pronta ad accoglierla: ma sarà in grado di farlo davvero?
Nei sei giorni successivi (quelli che precedono l’annuale «Festival del perdono», una tradizionale cerimonia di catarsi collettiva), gli abitanti del paese tenteranno in tutti i modi di fare i conti con questa figura inerme ed enigmatica che li lascia continuamente in scacco, e finiranno per essere loro a mettere a nudo i propri sentimenti più profondi, le proprie paure, le proprie ipocrisie.
Sfuggendo alle ipotetiche «verità» di tanta narrativa autobiografica, uno dei migliori talenti della nuova narrativa americana scrive un romanzo breve fantasioso e provocatorio che ci mette di fronte a domande profonde: siamo capaci di accogliere l’altro senza farlo rientrare nelle nostre categorie di interpretazione del mondo? È possibile relazionarci fra esseri umani prescindendo dalle caratteristiche corporee? È più facile aprirci con chi non ci mette di fronte un’identità precostituita?