[amazon_link asins=’880470215X’ template=’ProductCarousel’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’d194e4db-82ce-11e8-bb49-df9c00ec11cb’]
Scioglilingua o uno di quei momenti in cui devi spiegare chi è la tua prozia che poi sarebbe la sorella di tua nonna? Oppure no?
Questo è un libro che la Mondadori ha rieditato in questi giorni per l’Italia, ma è uscito la prima volta nel 2002 riscuotendo un grandissimo successo e ricevendo numerosissimi riconoscimenti. Ahh già, dimenticavo il titolo, che sbadata, si intitola “La madre della madre di sua madre e le sue figlie” e va letto così, tutto in un fiato, senza virgole.
E’ un romanzo molto originale e sovversivo che mette in evidenza il ruolo delle donne in un arco temporale che abbraccia il periodo che va dal 1500 al 1968. Che data il 1968 epoca delle contestazioni giovanili… ok sto divagando un po’.
Maria Josè Silveira, questo il nome dell’autrice, ha costruito un albero genealogico in cui si susseguono i ritratti di venti donne che si passano il testimone di madre in figlia, ognuna con la propria personalità, il dolore, la bellezza; ci regala immagini di un paese immenso ed esotico come il Brasile, che era e rimane autoritario, con potere ed abusi del maschio. Una danza variopinta che ci avvolge lievemente, ci porta in alto, ci fa provare una nuova vertigine.
Cecilia Meireles all’inizio del libro scrive “Proprio come mi vedi, ci sono secoli in me: numeri, nomi, il luogo dei mondi e il potere dell’infinito”.
Sembra di trovarti in compagnia, in una di quelle riunioni di famiglia, sai quelle belle e numerose, composte da madre e padre, figli e figlie, nonni e nonne, zie, nipoti, generi e nuore ed ancora bambini, tanti.
Ma qui si parla solo ed esclusivamente di DONNE, “donne che hanno gioito ed amato, che hanno partecipato attivamente in battaglia, che hanno fatto conquiste, che hanno realizzato grandi cose; hanno contribuito a costruire il paese quasi da zero e per farlo sono diventate pazze, assassine, vendicatrici, cannibali; ma anche libere, rapite, vendute, schiave. Capaci di interpretare i sogni, ma anche di odiare in un modo così totale da non lasciare spazio ad altro sentimento.”
Questo è il romanzo che inizia con la nascita di INAIA’, figlia di un guerriero Tupiniquim, la capostipite di questa “congrega” tutta al femminile, e la storia continua passando da madre a figlia, con i racconti e le riflessioni della figlia che si ritrova nell’operato della madre, o nel suo modo di pensare, e viceversa.
Donne che hanno raggiunto i loro scopi individualmente, che hanno sofferto per le angherie e le mortificazioni inflitte dal proprio uomo, donne e solo donne sempre donne.
Uno spaccato di vita che appartiene a tutti noi, sono per certi versi molto simile ai racconti che abbiamo ascoltato dalle nostre nonne, dalle nostre madri, che a nostra volta stiamo raccontando ora a chi vuole ascoltarci; perché ci aiutino a non dimenticare, perchè se noi oggi siamo qui a scrivere, lo dobbiamo a chi è venuto prima di noi ed ha operato in modo da consentirci di essere QUI ed ORA.
Non dimentichiamolo!