La letteratura di denuncia: il mondo del lavoro e degli operai in fabbrica raccontato da Eugenio Raspi, per le edizioni di Baldini+Castoldi, in Inox e Tuttofumo
Molti autori, hanno dedicato pagine e libri, saggi e romanzi all’argomento lavoro ed alienazione degli operai con tutto quello che ne consegue: abusi di potere, libertà negate, sfruttamento, scelte individuali e collettive, solitudine, a volte paranoia e follia. Da grandi esempi come Calvino, Vittorini o Rea, per citarne alcuni, il mondo operaio e le sue problematiche ispirano autori che vedono nella prosa, un mezzo di denuncia.
Da queste basi parte Eugenio Raspi per “raccontare la mia fabbrica e le persone che la animavano; è stato possibile grazie alle tante letture che hanno forgiato il mio immaginario, creando l’humus da cui si è generato il germe della scrittura partendo dalla pura narrativa. […] Era impossibile prevedere che in età matura mi sarei cimentato nel racconto di un luogo così lontano dalla letteratura qual è un’acciaieria; la chiave che mi ha aperto le porte è sintetizzata in una frase di Volponi, forte dell’esperienza personale: Tutto avvenne così ed entrai nella fabbrica, limpido come un vetro”
Eugenio Raspi è nato a Narni, all’alba del fatidico ’68, ha lavorato per ben 22 anni in fabbrica come operaio specializzato e racconta questa sua esperienza in Inox, pubblicato nel 2017 per le edizioni di Baldini+Castoldi, libro che è stato finalista nel 2016 al Premio Calvino. Vittima di un licenziamento, di leggi, conti economici e scelte aziendali che non tengono conto del fatto che dietro una macchina c’è una persona, Raspi ha un’unica valvola di sfogo: la scrittura che diventa lo strumento per dare aria alle proprie emozioni.
Il secondo romanzo di Eugenio Raspi, Tuttofumo, edito anche questo da Baldini+Castoldi, pubblicato il 27 giugno 2019, racconta di Luca, il protagonista che “attende la maggiore età andando malvolentieri a scuola, è iscritto all’alberghiero perché vuole un futuro lontano dal padre operaio che sta perdendo la battaglia in difesa dell’occupazione. Meglio preparare cocktail acrobatici in località di vacanza che avvilirsi nel paese in cui è nato, che offre poco o nulla, sia a lui che alla sorella Elena, laureata in computer grafica. Le sue piroette non si limitano allo shaker, ama il parkour e si allena nei giardini pubblici insieme agli amici. È una pratica che gli dona felicità, seppure momentanea. Capriole e salti mortali sono le uniche gioie della sua giovinezza mentre il mondo dei genitori sta saltando in aria, colpa della fabbrica che si arresta. Rimane solo l’enorme ciminiera, simbolo di un’industria che è al declino. In questa lotta generazionale, tra il padre ancorato al passato e i figli proiettati verso il futuro, il presente rimane oscurato da una cortina fumogena che disorienta la crescita del protagonista, obbligato a diventare adulto senza l’aiuto degli adulti, troppo impegnati a occuparsi dei loro problemi per risolvere i suoi”
Se agli scrittori sensibili all’argomento tocca la denuncia attraverso i loro libri, a tanti di noi, tocca difendere e non disperdere uno dei valori fondanti della nostra Repubblica: il lavoro come mezzo per la realizzazione di se stessi e non come sfruttamento o merce di scambio.