Intervista a Teresa Righetti
Buongiorno carissimi lettori, oggi qui con noi abbiamo la fortuna di poter intervistare la scrittrice Teresa Righetti , autrice del romanzo “Se mi guardo da fuori“.
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Vogliamo quindi darle subito il benvenuta domandandole a bruciapelo… chi è Teresa Righetti?
Sono nata a Milano e vivo qui da sempre. Ho deciso di iscrivermi a Lettere un giorno di fine Agosto su una spiaggia del Salento – mi ricordo che tramontava il sole e stavo seduta nella sabbia tra la gambe di mia madre. Ho studiato Lettere per tre anni con un interesse discontinuo e sprazzi di entusiasmo che vorrei avere alimentato di più; il giorno della mia laurea però è stato uno dei più belli della mia vita. Durante l’università ho sempre lavorato, tra cui il lavoro di cameriera, poi sono tornata al Chiosco, che considero un po’ una casa.
Il tuo romanzo “Se mi guardo da fuori” ruota intorno alla figura di Serena, ma quanto c’è di Teresa in quest’ultima?
Serena ha qualcosa che avevo anch’io qualche anno fa: un’inconsapevolezza della propria persona – fisica ed emotiva – e una grande inquietudine che non riesce a giustificare, quindi nemmeno a placare.
“Se mi guardo da fuori” finisci questa frase?
Se mi guardo da fuori non sono mai abbastanza magra. È frivola, ma è la cosa più sincera e spontanea che mi venga in mente. In pratica: Se mi guardo da fuori vorrei sempre essere diversa da come sono.
C’e’ un libro o un autore che prediligi?
Il mio libro preferito è “Teresa Batista stanca di guerra” dello scrittore brasiliano Jorge Amado: mia madre voleva chiamarmi Anita ma ha cambiato idea dopo averlo letto ed essersi appassionata alla vita travagliata del personaggio principale. Sono una lettrice pigra, discontinua e volubile, quindi fatico a inquadrare uno scrittore che amo davvero. Mi piacciono molto Carver e Bret Easton Ellis – perché sono spietati –; e anche la Munro, per i suoi racconti dolci e disperati insieme. Recentemente ho letto “Atti osceni in luogo privato” di Missiroli e l’ho amato.
Perché hai scritto questo libro e perché un lettore dovrebbe comperare il tuo libro?
Ho scritto proprio questo libro perché mi veniva facile parlare di cose che conoscevo ed avevo vissuto personalmente (quindi di impressioni ed esperienze che avevo vissuto, o che avevano vissuto altri e potevo comprendere). Tutti pensano che questo libro sia un’autobiografia, ma non è proprio vero: il fatto che in Serena ci siano tante cose di me non dimostra che ho avuto il coraggio di raccontarmi. Per molte persone è facile riconoscersi in lei, proprio perchè Serena è simile a ognuno di noi. Piuttosto “Se mi guardo da fuori” è esattamente come lo volevo: un libro che dice – se tutti fossimo veri e sinceri saremmo più felici.
Bene, ma torniamo alla storia, chi è Leonardo per Teresa?
Nel mio romanzo Leonardo, un cliente del Chiosco e futuro moroso di Serena, è l’esemplificazione del mondo un po’ superficiale che ho cercato di raccontare. E, insieme, la prova che sotto questa superficialità c’è sempre qualcosa di molto forte che non si ha il coraggio di condividere davvero con gli altri, e quindi di accettare. Per me – Teresa – è esattamente il tipo di persona con cui non riesco a parlare.
Capisco… e invece che ci dici di Valerio? Chi è per Teresa?
Valerio, il proprietario del Chiosco, è il mio inventore, al quale è dedicato anche questo libro.
E tu cosa ne pensi dei tuoi personaggi, qual è il tuo preferito nel libro e quale quello che meno hai amato?
Il mio personaggio preferito di Se mi guardo da fuori è Angelica, un’amica di un’amica. L’ho partorito fin dall’inizio come il personaggio più positivo di tutto il romanzo, perché dava una speranza a Serena: è possibile trovare qualcuno che ci somigli, anche in un mondo in cui tutti ci sembrano degli estranei. Il personaggio Spreferito è Vivi, una cameriera che insegna a Serena il lavoro, perché è come Leonardo ma è una donna.
Quando è stato concepito il libro?
Ho iniziato a lavorare a questo libro durante il corso annuale che ho frequentato alla Belleville un paio di anni fa. All’inizio volevo scrivere una raccolta di racconti sui personaggi che frequentavano un certo bar. Ne ho parlato molto – a dicembre e gennaio di quell’anno – con i miei compagni di corso e con i miei professori, ma mancava sempre qualcosa: una cornice, un’unica voce, dei punti di vista forti. A furia di ragionarci è venuto fuori che serviva un personaggio forte, con una voce e un punto di vista suoi, che portasse il lettore dentro un mondo. Quando ho iniziato a scrivere non pensavo che ci sarebbe stata questa storia – di Serena e la sua inquietudine.
Ed ora veniamo all’ultim domanda, hai uno stile di scrittura molto particolare… qual è il tuo modello ispiratore?
Purtroppo non ho un modello, o forse ne ho molti e nemmeno lo so. Per un periodo ho letto solo Dovstoevskij: scrivevo racconti cupi con parole desuete e una punteggiatura da teatralità; è tanto facile imitare uno scrittore quanto è difficile trovare una propria voce. Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto scrivere come Carver: delle cose piccole, con quel modo tenero e un po’ triste di raccontare la vita delle persone; ma non ci ho mai davvero provato. Mi piace pensare di scrivere un po’ come parlo: è molto poco borghese e mio padre approverebbe.
Bene Teresa, ti ringraziamo davvero molto per averci concesso questa interessante intervista e, nella speranza di riaverti ancora ospite di iCrewPlay, ti facciamo un grosso in bocca al lupo per i tuoi prossimi scritti e calorosamente ti salutiamo.