La rubrica “Sogni di Carta” vi presenta con grande piacere l’autrice Chiara Kiki Effe.
Ho atteso questa intervista con grande emozione, visto che avevo il desiderio di togliermi lo sfizio e la curiosità di fare diverse domande a Chiara riguardo la sua opera “Legata alla terra”.
Cari fan di Icrewplay, mettetevi comodi nel nostro salottino di Sogni di Carta e cominciamo con le domande.
Chiara Kiki Effe parlaci un po’ di te. Cosa fai nella vita?
Ho poco più di quarant’anni, vivo a Genova da tredici ma la mia terra rimarrà sempre la Toscana. Faccio la mamma! Ho lavorato in svariati campi, in passato, sono passata da essere una cameriera in hotel a occuparmi della clientela a Gardaland, per poi andare a fare la cassiera nei supermercati e tante altre cosette… Al momento seguo i miei due figli e sono una casalinga scrittrice.
Com’è nato “Legata alla Terra”?
Da una idea che mi è balenata in mente una sera. Avevo appena pubblicato il mio primo libro in maniera amatoriale (ebbene sì, rilegato e disegnato a mano, ogni singola copia) ma non ne ero troppo soddisfatta, mi sono seduta davanti al PC e ho detto: «Cosa posso scrivere?» Ed è nato l’incipit di Legata alla Terra.
Quanto c’è di te nella protagonista?
Quasi nulla. Anche se molti nomi dei protagonisti sono presi dalla mia famiglia. Alba era una mia prozia, Maria era mia nonna, Luigi mio padre e così via. Ma Alba non mi somiglia, vorrei avere la metà del suo coraggio nell’affrontare la vita.
Se tu avessi la possibilità di cambiare la storia di Alba, cosa vorresti modificare o lasceresti tutto così com’è?
Niente. La storia è nata dalle mie dita senza quasi che lo volessi, nel senso che ho seguito l’istinto. Quando ho cominciato a scrivere Legata alla Terra avevo solo in mente una cosa: un – mio malgrado – evento catastrofico in Italia. Avendo visitato Castelluccio di Norcia prima del terremoto, mi era rimasto nel cuore, e con il mio libro volevo in qualche modo esaltare la bellezza che era, e anche quella che tornerà.
Quanto è importante per te la scrittura?
Molto. Ho sempre scritto. Lo so, è una frase fatta e ricorrente, ma è così. Dalle medie ho sempre buttato giù versi e versetti e piccole storie che scrivevo con una vecchia macchina da scrivere degli anni ’70, correggevo con il bianchetto e fotocopiavo per le amiche. Una di quelle storie spero diventerà un libro, in futuro.
In “Legata alla Terra” parli molto di fede, di vita dopo la morte e dell’aldilà come una Luce amorevole che aspetta di riabbracciarci, è ciò che credi davvero? Parlaci di questo aspetto.
Non sono praticante. Non prego. Nei miei personali studi, mi sono imbattuta in teorie e contro/teorie, in religioni simili o totalmente differenti, in persone che credono in Dio, in Buddha, in Allah e molti altri, ma non ho mai voluto approfondire perché qualcosa mi dice che noi non siamo solo materia, ma energia, e questa energia è comandata da qualcosa, l’anima, penso io. E quest’anima, dove andrà? Da dove è venuta? Quindi immagino un qualcosa dopo la morte, una pace, un limbo, un posto dove andare a riposarsi e da cui si può ritornare.
Cosa ti ha spinto a buttarti nel Self?
La scarsissima pazienza! Non potrei mai aspettare due o tre anni una CE.
Hai un motto?
Non so se è un motto, ma sono testarda, molto. E se voglio fare una cosa mi impegno per riuscirci. In poche parole: se vuoi, puoi.
Hai altri progetti per il futuro?
Nel campo della scrittura sì, non credo smetterò.
Cosa diresti per convincere a leggere “Legata alla terra”?
Fino a questo momento non ho mai «spinto» nessuno verso l’acquisto dei miei libri, e non credo lo farò mai. Curo molto i miei post di FB, cerco di invogliare, e la sorpresa più bella è quando da chi meno te lo aspetti ricevi una recensione oppure un messaggio che dice «Ho preso il tuo libro.»
Ma se proprio dovessi dire qualcosa, sarebbe: « Nessuna lettura è una perdita di tempo. Dedicami un po’ del tuo, e credo non rimarrai deluso.»