Caro amore mio, sei stata taggato/a! Instagram, Facebook, Twitter, impazzano oggi più di ieri, considerati vitali quasi quanto l’aria che respiriamo, non solo dai giovanissimi ma anche dai più maturi, diciamo così; nell’era moderna tali social rappresentano parte integrante della vita di ciascuno di noi tanto che si pensa bene di esternare ogni pensiero, dal più blando a quello più importante, attraverso gli stessi: una sintomatologia talmente diffusa che coinvolge gran parte del popolo dei social che ne fa un uso smodato. Oggigiorno non ci si cura più di afferrare una penna in mano e riportare per iscritto i propri pensieri: verosimilmente la penna diventa la tastiera del nostro smartphone – o del nostro pc -, e il foglio di carta assume le sembianze dell’icona simbolo dei social su citati: la nota f impressa nel classico riquadro blu, o il simpatico uccellino di Twitter – che quasi potresti sentire cinguettare – o, infine, quel tripudio di colori che è Instagram. Tutto ciò vale anche per le classiche, quasi vetuste, ma affascinanti lettere d’amore? Mi chiedo, e ti chiedo caro amico lettore, tu oggi come esprimi i tuoi sentimenti nei confronti della persona che ami? Come descrivi la sensazione di farfalle nello stomaco, gli occhi da pesce lesso, e quell’espressione da Love is in the air che sembra aleggiare costantemente?
Appartieni a quella schiera che Facebook, Instagram e Twitter tutta la vita oppure senti ancora la necessità – e quindi l’ebbrezza – di mettere su carta quelli che sono i tuoi sentimenti?
Eppure una volta si usava tanto scrivere delle lunghe lettere d’amore, così contrite e accorate, dove chi le scriveva metteva a nudo il proprio cuore e la propria anima all’amato/a, senza pudore e senza vergogna, anzi, di giubilo ne era piena l’anima nello scrivere quelle frasi che permeavano di sentimento: altro che Instagram, Facebook o simili!
Scommetto che anche tu, almeno una volta nella tua vita, ti sia reso artefice e autore di lettere d’amore scritte a quella fidanzatina delle scuole elementari, oppure all’amore estivo che ti aveva allietato le vacanze e turbato l’anima, o anche al fidanzato/a che vedevi tutti i giorni perché, si sa, ricevere dichiarazioni d’amore su carta non ha prezzo.
Nostro malgrado, però, tutto questo oggi non è più in voga, oggi si preferisce esprimere ciò che si prova su Facebook o sugli altri social, in gesti plateali e quindi, in realtà, poco intimi, quando invece l’amore vuole proprio il contrario: gesti piccoli che vanno condivisi solo con la persona amata, un qualcosa da custodire quasi fosse una gemma preziosa.
Nei tempi passati, dicevamo poc’anzi, quando tutti questi mezzi super tecnologi non esistevano, si scriveva tutti i dì, si intingeva la penna nel calamaio, e si lasciava che quella scia di eleganti caratteri facesse sì che il foglio bianco prendesse vita. Tutti hanno scritto delle lettere d’amore. Tutti. Persino personaggi di una certa importanza e di evidente notorietà; e, difatti, è proprio di due personalità di tal guisa che qui ti voglio riferire, così come ti citerò stralci di lettere d’amore delle quali gli stessi se ne sono resi autori.
Il primo è uno dei maggiori scrittori, nonché più conosciuti, del secondo Novecento, ti sto parlando di Italo Calvino, che rappresenta lo scrittore italiano per antonomasia; anche Calvino in quanto uomo, durante la propria vita, è stato innamorato, si è lasciato pervadere da questo sentimento che lo ha reso scrittore di numerose lettere d’amore… ma a chi sarà stata destinata questa preziosa corrispondenza?
Si tratta di Elsa De’ Giorgi, un’attrice di cinema prima, di teatro successivamente, moglie del conte Sandrino Contini Bonacossi. Verso la metà degli anni Cinquanta, però, la donna intraprese una relazione sentimentale con Italo Calvino, i quali mantennero vivo questo loro rapporto dagli anni che andarono dal 1955 al 1958. Si pensi che i due si scrissero ben quattrocentosette lettere custodite nel Fondo Manoscritti di Pavia. Solo nel 1990 la stessa Elsa De’ Giorgi decise di farne pubblicare qualcuna sulla rivista Epoca.
La storia tra Calvino e la De’ Giorgi fu descritta nel libro Ho visto partire il tuo treno, edito da Feltrinelli.
Per farti comprendere la profondità di questo amore, te ne riporto un breve stralcio: «…Se mi mancasse il tuo amore tutta la mia vita mi si sgomitolerebbe addosso. Tu sei un’eroina di Ibsen, io mi credevo un uomo di Cechov. Ma non è vero, non è vero. Gli eroi di Cechov hanno la pateticità e la nobiltà degli sconfitti. Io no: o vinco o mi annullo nel vuoto incolore. E vinco, vinco, sotto le tue frustate. No, cara, non hai nulla dell’eroina dannunziana, sei una grande donna pratica e coraggiosa, che si muove da regina e da amazzone e trasforma la vita più accidentata e difficile in una meravigliosa cavalcata d’amore. Ho la tua lettera dal treno […] Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro.». Non so tu, caro amico mio che stai leggendo, ma io solo a leggere questi versi ho sentito una intensa emozione pervadermi: e non conta il fatto che i due siano stati solo amanti, conta l’amore che si sono manifestati, contano i fiumi di inchiostro che hanno consumato e le pagine bianche che hanno riempito, hanno affidato i loro sentimenti a quella fedele amica che è la penna mentre il foglio bianco è divenuto custode fedele del loro amore.
Espressione di un amore intenso e profondo è altresì il carteggio di lettere intercorso tra una delle donne italiane maggiormente apprezzate: la scrittrice, giornalista nonché attivista italiana Oriana Fallaci – che, forse ricorderai, per essere stata la prima donna italiana a recarsi al fronte in qualità di inviata speciale – e uno dei maggiori leader della resistenza greca Alekos Panagulis. Oriana, in qualità di reporter della guerra vietnamita, nel 1973, decise di non lasciarsi sfuggire l’occasione di intervistare Alekos: galeotto fu quindi quell’incontro che regalò ad entrambi un amore tanto immenso quanto devastante e complice.
Eccoti, quindi, qualche frase di una delle lettere scritte da Oriana a Alekos Panagulis: «Ti ringrazio per la risposta alla mia domanda su «cosa significa essere un uomo». […] È una splendida risposta, migliore della poesia di Kipling. Forse la userò aggiungendo alle tue parole questa domanda per me: «E per te, cos’ è un uomo?». Così io potrò replicare così: «Un uomo è… una creatura come te. È te»; ma la frase che veramente mi ha regalato quei brividi che solo quei sentimenti veri ti sanno regalare è stata «Aspettami. Io ti ho aspettato tanto.», sono solo sei parole. Sei parole che, però, rappresentano un’esplosione di sentimenti silenziosi come la notte ma chiari come il sole.
Difatti, Oriana scrive il suo romanzo Un uomo, edito da Bur, nel quale parla proprio di Alekos Panagulis.
Ancora oggi, e nonostante tutta questa modernità che ci travolge, io preferisco esprimere i miei sentimenti alla vecchia maniera, che siano d’amore o d’amicizia, provando ancora quella inebriante sensazione di tenere in mano una penna e lasciare che i miei pensieri vengano riflessi su quel foglio bianco che mi aspetta e che mi rispecchia, pronto ad ascoltare, raccogliere e racchiudere quelli che sono i miei pensieri più profondi, perché ricorda, caro amico mio, non c’è niente di più bello che immaginare l’espressione del tuo amato/a mentre legge il tuo amore, tenendo in mano quel foglio non più bianco bensì portatore sano dei tuoi più reconditi sentimenti.