Oggi, per la rubrica Spazio ai classici, parliamo de Il visconte dimezzato, uno dei romanzi più conosciuti di Italo Calvino. Lascia però che ti racconti anche come sono arrivato alla scelta di questo titolo.
Devi sapere, caro iCrewer, che qui in redazione abbiamo un calendario ben preciso e stabilito – come è giusto e ovvio che sia – degli articoli da scrivere. La settimana scorsa, programmando i miei impegni di penna, mi sono reso conto che oggi sarebbe toccato a me il privilegiato compito di riempire questo spazio dedicato ai classici. Di che libro parlo? Mi sono chiesto all’istante.
Ci ho pensato, ripensato e poi pensato ancora.
Nel frattempo mi sono messo a fare ordine tra i vecchi scatoloni che ancora dormono in garage (storie di traslochi che durano lustri interi :-)) e la risposta è arrivata da sola. Mi è capitata tra le mani una edizione Oscar Mondadori de Il visconte dimezzato e non ho più avuto dubbi sul da farsi.
Il visconte dimezzato: l’eterna “lotta” tra il bene e il male
L’ho visto come un segno del destino, o comunque come un segnale chiaro e netto dell’energia della letteratura. Ma sì, me lo rileggo. È una lettura ideale per una calda – neanche troppo – settimana di luglio. Lo prendo come un compito delle vacanze. E così è stato. Ed è stato un grande tuffo nel passato, ai tempi della scuola, oltre che una lettura sempre più che piacevole.
Del resto Italo Calvino è stato uno dei più grandi autori del Novecento e le sue opere sono sempre di una attualità incredibile. Se si pensa, per esempio, che Il visconte dimezzato è stato scritto esattamente settanta anni fa, nell’estate del 1951 e poi pubblicato l’anno seguente, salta subito all’occhio l’abilità di scrivere romanzi senza tempo.
Nello specifico, Il visconte dimezzato, tratta l’eterna lotta tra il bene e il male ed evidenzia l’eterno conflitto dell’uomo che difficilmente riesce a sentirsi completamente realizzato.
Penso, immagino, vista la popolarità del romanzo, che non serva ricordare la trama in questo contesto, bensì mi piacerebbe focalizzare l’attenzione sull’aspetto che più mi ha colpito nella rilettura datata duemilaventuno: la fantasia dell’autore.
Il grande talento nel creare personaggi sorretti da una credibilità agghiacciante nonostante il tono grottesco del loro esistere.
Punto di vista, questo, che di sicuro non poteva diventare un faro illuminante durante la mia lettura in anni scolastici – onestamente ricordavo ben poco del romanzo -, ed è proprio per questo che è splendido e importante recuperare i classici anche ora che si è diventati adulti. (almeno secondo la carta d’identità)
E così, attorno a Medardo “il gramo” e Medardo “il buono”, le due metà del protagonista ferito da una bomba turca, si susseguono una serie di personaggi che mi hanno davvero colpito per la loro genesi, frutto dell’immaginazione dell’autore. Più della trama, più della capacità di scrivere un romanzo che diventa una metafora dell’esistenza dell’uomo, mi hanno colpito i personaggi.
L’idea che grazie alla fantasia si possa dar vita a un villaggio abitato da figure stravaganti ma allo stesso tempo comuni, mi affascina e mi fa riflettere sulla fortuna che abbiamo noi lettori, nel poter usufruire dei libri e dei romanzi che i grandi autori ci hanno lasciato in eredità.
Nel mio piccolo, anche io, quando scrivo le mie storie, cerco sempre di creare protagonisti che possano entrare nel cuore di chi legge con le loro caratteristiche di gente comune. Sottolineerei ancora una volta nel mio piccolo.
Perché alla fine di questo si tratta, anche ne Il visconte dimezzato.
Personaggi particolari, ma normali. Non c’è nessun eroe.
Pamela, l’innamorata del visconte è una pastorella, Trelawney è un dottore, che ha quasi timore di svolgere il suo lavoro per la paura delle malattie, Galateo è un mendicante lebbroso, Sebastiana – il mio personaggio preferito – è una balia che la sa molto lunga e il narratore del romanzo è un ragazzino: il nipote del visconte, di cui per giunta non si conosce neanche il nome.
E poi ancora, Pietrochiodo, che solo pensare un nome così basterebbe per un grosso applauso da parte di chi legge, gli Ugonotti, Curzio e il padre del visconte, il Conte Aiolfo.
Tutti personaggi ben caratterizzati che si mettono al servizio della narrazione cattiva o buona a seconda della metà di cui si sta parlando e di cui si vogliono evidenziare gli aspetti crudeli o buonisti.
Ma poi, è vero che ognuno di noi ha un lato splendente e un lato oscuro? Ogni riferimento alla forza e a Star Wars è puramente casuale 🙂
È una domanda che lascio in sospeso, siamo davvero tutti dimezzati?
In sostanza, come avrai capito, ci sono molti elementi per cui sono molto contento di aver riletto questo classico e di aver fatto la conoscenza dei suoi figuranti.
Io provo a buttartela lì: magari tra qualche settimana, in spiaggia, perché non provi a rileggerlo anche tu?
Alla fine un grande classico è per sempre.