Buongiorno amico iCrewer. Oggi voglio condividere con te l’emozione che provo ogni volta che scopro che un film che mi è piaciuto tantissimo è tratto da un romanzo. L’ultimo in ordine cronologico è Il potere del cane, pellicola che nella prossima notte degli Oscar sarà in lizza per ben dodici statuette.
Il potere del cane è un film del 2021 scritto e diretto da Jane Campion, meravigliosa regista neozelandese che con la candidatura per miglior regia diventa la prima donna nella storia a ottenere più di una candidatura in questa sezione. Film che ha vinto il Leone d’argento al Festival del Cinema di Venezia e già due Golden Globe.
È stato dunque un piacere e una gioia, per me, una volta visto questo lungometraggio su Netflix, andando a cercare informazioni e recensioni in rete, scoprire che è tratto dall’omonimo romanzo scritto nel lontano 1967 dall’autore Thomas Savage.
Il potere del cane: un successo cinematografico tratto da un romanzo
Ma andiamo con ordine e con calma. Prima di tutto devi sapere, amico lettore, che la scorsa settimana sono stato fermato da un piccolo acciacco di stagione; ragion per cui sono riuscito a dedicare del tempo alla visione di qualche film. Mi sono ritagliato due ore abbondanti di tre pomeriggi, abbandonando le letture – non dovrei mai ammetterlo – e gli impegni di stesura testi e racconti che lampeggiano sul mio scadenzario.
Dopotutto cosa c’è di meglio di un bel film in solitudine, spaparanzati sul divano con la copertina e una calda tazza di caffè fumante accompagnata da qualche biscottino? I libri, risponderai, e non posso che darti ragione. A mia parziale discolpa, quindi, arriva la gioia di scoprire che spesso i film più belli attingono il loro successo dalle pagine di un romanzo.
Così è per Il potere del cane, un western molto distante dall’idea di western che di solito identifica questo genere, un film che mi ha fatto pensare per quasi un giorno intero. Di solito è così per le pellicole che poi ottengono tantissimi riconoscimenti: non sono facili da capire e digerire. L’avrò capito? Sarò riuscito a dare un senso alla mia visione?
Sì. Dopo un masticare e rimasticare che è durato una notte intera. Per questo posso dire che Il potere del cane è un film meraviglioso e che faccio il tifo affinché abbia tutte le statuette possibili. Il protagonista Benedict Cumberbatch, già Dottor Strange nella serie Marvel, è qualcosa di incredibile. La sua interpretazione è da voto altissimo in pagella.
Non sono certo un esperto cinematografico, ma le emozioni sono vere e non mentono sul gradimento o meno di una visione. Emozioni che mi hanno sconvolto quando ho attinto alle pochissime nozioni che porto nei miei cassettini della memoria da quando, circa sei o sette anni fa, ho seguito un corso serale per imparare a leggere e capire i film. Si dice che i film importanti, quelli ben fatti che poi ricevono i premi, nascondano il loro senso e la loro poetica nelle scene iniziali.
Ci ho messo, come detto, una notte per arrivarci, ma quando ci sono arrivato è stata una gioia immensa. Non voglio fare spoiler per cui non dirò nulla che riguarda la trama o le scene a cui mi riferisco. Amico iCrewer, ti consiglio soltanto di guardare questo capolavoro che, ti avviso, a tratti è lentissimo e si trascina un pochino.
Il potere del cane: il romanzo del 1967
Per inquadrare la storia, comunque, riporto qui sotto la sinossi del romanzo che ha ispirato il film. L’autore è Thomas Savage, scrittore americano del Novecento conosciuto per i suoi libri ambientati nel mondo western del Montana – così anche Il potere del cane –
Nella sua carriera ha scritto tredici romanzi ma non ha mai ottenuto la popolarità, nel senso che nessuno di questi è diventato mai un bestsellers.
Il potere del cane è stato scritto nel 1967 e non ha ottenuto un grande successo, anzi, sono state vendute poche copie. Il mondo della scrittura e dell’editoria è però magnifico e magico: nel 2001, grazie a una seconda ristampa, le cose sono andate diversamente. Il libro ha riscontrato un buon successo di pubblico tanto da essere pubblicato in una prima edizione firmata Ponte delle grazie anche in Italia, nel 2003.
L’edizione che ti segnalo è invece del 2018 ed è uscita, con la traduzione di Luisa Corbetta, per BEAT.
Questa la sinossi:
Montana, 1924. Tra le pianure selvagge del vecchio West, a cui fa da sfondo una collina rocciosa che ha la forma di un cane in corsa, sorge il ranch più grande dell’intera valle, il ranch dei fratelli Burbank. Phil e George Burbank, pur condividendo tutto da più di quaranta anni, non potrebbero essere più diversi.
Alto e spigoloso, Phil ha la mente acuta, le mani svelte e la spietata sfrontatezza di chi può permettersi di essere se stesso. George, al contrario, è massiccio e taciturno, del tutto privo di senso dell’umorismo. Insieme si occupano di mandare avanti la tenuta, consumano i pasti nella grande sala padronale e continuano a dormire nella stanza che avevano da ragazzi, negli stessi letti di ottone, che adesso cigolano nella grande casa di tronchi.
Chi conosce bene Phil ritiene uno spreco che un uomo tanto brillante, uno che avrebbe potuto fare il medico, l’insegnante o l’artista, si accontenti di mandare avanti un ranch. Nonostante i soldi e il prestigio della famiglia, Phil veste come un qualsiasi bracciante, in salopette e camicia di cotone azzurra, usa la stessa sella da vent’anni e vive nel mito di Bronco Henry, il migliore di tutti, colui che, anni addietro, gli ha insegnato l’arte di intrecciare corde di cuoio grezzo.
George, riservato e insicuro, si accontenta di esistere all’ombra di Phil senza mai contraddirlo, senza mai mettere in dubbio la sua autorità. Ogni autunno i due fratelli conducono un migliaio di manzi per venticinque miglia, fino ai recinti del piccolo insediamento di Beech, dove si fermano a pranzare al Mulino Rosso, una modesta locanda gestita dalla vedova di un medico morto suicida anni prima.
Rose Gordon, si vocifera a Beech, ha avuto coraggio a mandare avanti l’attività dopo la tragica morte del marito. Ad aiutarla c’è il figlio adolescente Peter, un ragazzo delicato e sensibile che, con il suo atteggiamento effeminato, suscita un’immediata repulsione in Phil. George, invece, resta incantato da Rose, al punto da lasciare tutti stupefatti chiedendole di sposarlo e portandola a vivere al ranch, inconsapevole di aver appena creato i presupposti per un dramma che li coinvolgerà tutti.
Non mi resta che augurarti buona visione o come sempre… buone letture!