C’è spazio anche per la letteratura nella terza serata del Festival di Sanremo, quella dedicata alle cover e ai duetti.
Era già l’una di notte passata, quando Amadeus, il padrone di casa di questa edizione, ha voluto celebrare i duecento anni de L’infinito di Giacomo Leopardi , mandando in onda il video promosso da Rai Cultura e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in cui 22 grandi nomi della canzone italiana recitano il capolavoro senza tempo in un susseguirsi di voci che si alternano e emozioni che vibrano.
Il video era stata lanciato nel mese di dicembre direttamente dal Ministro Dario Franceschini che con un tweet aveva ringraziato tutti gli artisti che hanno aderito a questa grandiosa iniziativa culturale. Alcuni nomi? Mina, Baglioni, Ligabue, Zero, Nannini, Vecchioni, Celentano, insomma davvero l’alta elite della canzone italiana. Se le mie orecchie non fanno cilecca è Patti Pravo che chiude recitando gli indelebili versi “e il naufragar me dolce in questo mar”.
Una iniziativa davvero lodevole, e davvero di buon gusto, anche se inserita a così tarda notte, la scelta di proporla dal palco dell’Ariston con Amadeus che invita tutti a chiudere gli occhi per lasciarsi trascinare dalla poetica del Leopardi e per “giocare” a riconoscere le voci di tutti i cantanti.
In realtà non è stato questo l’unico spazio letterario della serata di ieri, anzi, l’intervento del premio Oscar Roberto Benigni ha davvero rubato la scena dedicando quasi quaranta minuti al Cantico dei Cantici, descritto dall’attore toscano come “la canzone delle canzoni”. In una serata di cover, in cui si celebra la storia delle canzoni di Sanremo, e quindi della musica italiana, Benigni ha voluto recitare questo testo contenuto nella Bibbia definendolo la canzone più bella di sempre. Si tratta di un cantico, attribuito a Re Salomone, che si fa risalire al IV sec a.C, composto da otto capitoli contenenti poemi d’amore scritti a modi di dialogo tra un uomo e una donna. Salomone si rivolge con canti d’amore a Sulammita. La curiosità è che nel tempo è diventato un canto religioso, per lo più nunziale, nonostante la parola Dio non sia mai nominata. Diverse sono le edizioni italiana, ricordo quella del 1997 di Einaudi, solo perché è l’unica che mi è capitato di prendere in mano.
Dunque una grande serata di musica e di parole, di lettere, di emozioni forti.
A vincere la gara delle cover è stata una straordinaria Tosca, che ha interpretato con la cantante spagnola Silvia Perez Cruz la bellissima Piazza Grande dell’immenso Lucio Dalla. E lasciamelo dire, se non è anche questa poesia…
Ti saluto proponendoti, se mai ce ne fosse bisogno, anche oggi le parole magiche e soavi del poema del Leopardi:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di la da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
(L’infinito, Canti, XII, Giacomo Leopardi)
E bravo Stefano, mi complimento veramente. Io non ce l’ho fatta a seguire il Festival e dopo il grande Benigni sono “crollata”. Un piccolo appunto mi permetto di farlo… chi declama l’ultimo verso dell’infinito e’ Mina 😊💋👋🏻
Concordo su quanto hai scritto Cantico dei Cantici, è alta poesia. Benigni ne ha dato una sua bella e originale interpretazione ma tutto il Cantico è pieno di significati metaforici e simbolici. Aggiungo, parlando di poesia nella Bibbia, che anche il libro dei Salmi può tranquillamente definirsi un’opera poetica.
Alle tue domande rispondo che seguo sempre il festival, è ormai una di quelle tradizioni entrate nel vissuto degli italiani anche se non sempre apprezzo la musica che passa dal palco dell’Ariston. Le voci che recitano l’infinito? Qualcuna si…
Bravo Stefano, bel pezzo.
Il tuo poetico ironismo, (come direbbe Fiorello) fa sempre riflettere… bravo Buzzi…