È passata poco meno di una settimana e l’entusiasmo per la vittoria degli azzurri a Euro 2020 è ancora vivo. Campioni d’Europa! Un risultato che nessuno poteva pronosticare ma in cui tutti, sotto sotto, speravamo. Lo sentivamo possibile in segreto, senza dirlo, senza sbandierarlo, per il cambio di marcia che ha dato alla nazionale il ct Roberto Mancini.
Arrivato dopo la grande delusione della non qualificazione ai mondiali del 2018 e autore di un percorso straordinario, caratterizzato dalla valorizzazione dei giovani, dal bel gioco sempre propositivo e da una capacità incredibile di fare gruppo.
Roberto Mancini ha messo insieme una squadra che piace, una squadra che ha riconquistato l’amore degli italiani e che dopo ben quindici anni dall’ultima gioia, quella dei mondiali di Germania, è riuscita a vincere.
Euro 2020: l’abbraccio collettivo di tutta l’Italia
“Siamo fuori di testa” cantano i Maneskin, anche loro dal tetto d’Europa dell’Eurovision, e lo siamo ancora a distanza di qualche giorno. Siamo euforici, contenti, gioiosi e, in poche parole, campioni d’Europa.
Una sensazione che gli italiani non provavano dal 1968, anno dell’unico trofeo europeo della nazionale di calcio. Sono passati molti anni. Troppi. Anche per questo ci voleva questa vittoria a Euro 2020, in questo anno, il 2021, che si sta rivelando incredibile per i colori azzurri.
Detto del gruppo rock trionfante all’Eurovision, detto degli azzurri del pallone, ricordiamo anche la storica impresa di Matteo Berrettini che ci ha regalato una domenica pomeriggio indimenticabile e dei ragazzi dell’atletica leggera under 23, anche loro in grande spolvero ai campionati europei di categoria, senza dimenticare i campioni del basket che contro la Serbia, in Serbia, hanno ottenuto la qualificazione olimpica.
Già, le Olimpiadi. Ancora pochi giorni e ci siamo… per non far smettere questa estate piena di gioia e di abbracci. Perché è così, l’ho scritto in un articolo solo qualche giorno fa, lo sport sa regalare gioie incredibili. Quando un atleta vince, il tifoso vince con lui. E la felicità è il più bel sentimento da condividere. Ecco il perché dei caroselli per le strade della città di domenica sera e di quell’abbraccio collettivo che idealmente ci ha unito e ci ha fatto sentire fratelli d’Italia.
Durante i calci di rigore, io, dal mio salotto (anche se in realtà era quello di mia sorella), mi sentivo nel campo di Wembley unito con i giocatori. Ero anche io in mezzo al campo a soffrire per il rigore sbagliato da Jorginho e a gioire per l’ultima parata di Donnarumma. Vallo a spiegare a chi dice che sono solo quattro uomini che corrono dietro a un pallone cosa vuol dire essere tifosi e amare il calcio.
Giusto. A Wembley. In casa dell’Inghilterra. Con i tifosi inglesi che l’hanno reso una bolgia. Come il 12 luglio del 1986, data della registrazione del famoso concerto Live at Wembley ’86 dei Queen. Una coincidenza che mi ha molto divertito.
Perché è vero che la finale si è giocata il giorno undici, proprio come in occasione del trionfo mondiale di Spagna ’82, ma è anche vero che la premiazione, visto il prolungamento fino ai rigori, è avvenuta che erano già le dodici.
E allora è stato bello immaginarsi in quello stadio, trentacinque anni dopo, a cantare We are the champions con un inglese maccheronico di forte inflessione italiana, guidati dallo spirito di Freddie Mercury. È un immagine che mi piace tantissimo.
Euro 2020: l’abbraccio più bello
E a proposito di immagini, quella più bella di Euro 2020, quella che più mi ha colpito, è senza dubbio quella dell’abbraccio tra Roberto Mancini e Gianluca Vialli. Due colleghi, ma soprattutto amici, che proprio a Wembley, all’inizio degli anni novanta, hanno visto svanire per mano del Barcellona, il sogno più grande della loro carriera da calciatori.
In quell’abbraccio, idealmente, è come se si fosse chiuso un cerchio. È come se ci fosse stata tutta la Sampdoria che ha giocato quella finale di Coppa dei Campioni persa ai supplementari. Ma anche di più. Un abbraccio forte, commosso, vero. Un abbraccio di soddisfazione, di amicizia e di libertà. Libertà di lasciare andare i sentimenti e di sentirsi arrivati alla meta dopo tutto il grande e ottimo lavoro svolto.
Una vita passata insieme, anche da avversari, ma sempre da grandi amici.
Ed è proprio questo lo spunto di lettura che ti offro, amico iCrewer, prima di chiudere questo doveroso omaggio alla nazionale. La bella stagione, edito da Mondadori e in libreria da qualche mese.
Il libro scritto dalla coppia del gol Vialli-Mancini insieme a tutti i compagni di quella Sampdoria che fece davvero sognare tutti i tifosi blucerchiati e non solo. Io avevo solo dodici anni, ma mi ricordo bene che guardavo tutte le partite il mercoledì sera, facendo un tifo sfrenato.
I proventi di questo libro, a cura di Domenico Baccalario e con il supporto giornalistico di Massimo Prosperi andranno a sostenere la Gaslini Onlus.
C’è qualcosa di speciale e unico nella vittoria dello scudetto della Sampdoria del 1991, qualcosa che non si è spento e che continua ad ardere di fiamma viva: l’amicizia. A distanza di trent’anni dalla Samp campione d’Italia, quei ragazzi talentuosi ma diversi sono ancora lì che si ritrovano a cena, si scambiano via chat informazioni e stupidaggini, alcuni lavorano insieme.
Perché è stata quella meravigliosa stagione 1990-1991 a unirli per non dividerli più, quella con Paolo Mantovani alla presidenza e con Vujadin Boškov alla guida tecnica. Non è un caso che questo sia un libro collettivo. Tutti i calciatori di quella eroica rosa hanno scritto la loro parte, svuotando con entusiasmo ognuno il proprio cassetto dei ricordi e mettendo a disposizione della storia gioie e dolori, infortuni e colpi di classe, imprese in campo e vita privata.
Chi ci ha messo il talento, chi l’allegria, chi la forza fisica, chi le proprie debolezze, chi la passione. E straordinario è, ancora una volta, il risultato. L’eccellenza sportiva fa da cornice meravigliosa a un quadro di relazioni fra calciatori amici, sottoposte agli alti e bassi delle loro variegate personalità, ma sempre leali, franche e profonde.
Pagine di grande epica si affiancano ad altre di scherzi e avventure spassose. Un libro che sa rendere, forse come mai finora, lo spirito profondo del calcio, l’emozione del campo, il clima dello spogliatoio, l’anima di una squadra, di uomini che trasformano il 4-4-2 da schema a somma. È questa la vittoria eterna della “bella stagione”.
“Siamo giovani compagni di squadra, siamo amici. E non abbiamo paura di questa parola. Non credete a chi vi dice che il calcio è una guerra. È uno sport, un gioco, e ai giochi si gioca con gli amici. È un valore, e quello che vale si vede in momenti come questo, quando lo puoi scambiare con gli altri”.