Cari iCrewers è un piacere presentarvi il nostro ospite di oggi, Andrea Giostra scrittore di “Novelle Brevi di Sicilia” premiate con la “Targa Milano International”, ma andiamo a scoprirne di più.
Di recente è stato premiato con la “Targa Milano International” per le sue “Novelle Brevi di Sicilia”, cosa rappresenta per lei questo premio?
Buongiorno vorrei iniziare ringraziando iCrewplay per l’ospitalità e per questa intervista.
Per quel che riguarda il Premio Letterario che ho ricevuto, la “Targa Milano International”, è stato un premio fuori concorso, un concorso al quale non ho neanche partecipato.
Questa piccola premessa è importante per capire realmente quanto è accaduto.
Quando i primi di settembre del 2017 mi chiamò il Presidente della Giuria del “Premio Letterario Milano International”, il Dott. Roberto Sarra, pensavo fosse uno scherzo.
Ho ascoltato la sua telefonata con attenzione, con il sorriso sulle labbra per capire questa voce dove volesse arrivare, poi gli ho chiesto come avesse avuto e letto questo libricino, visto che non lo avevo mai inviato alla Giuria del concorso milanese.
In effetti, le Novelle si leggono da sempre gratuitamente online dal mio Blog. Non è un libricino che ho pensato di vendere. Il Dott.Sarra mi disse che lo aveva letto un membro della Giuria, al quale le Novelle erano piaciute, e che questa persona aveva chiesto a lui, in qualità di Presidente, e agli altri membri della Giuria, di leggerlo perché risultava una raccolta per certi versi destrutturante il modo ortodosso di scrivere novelle.
A quel punto capii che non si trattava di uno scherzo, lo ringraziai molto e il 25 novembre scorso mi recai a Milano per ritirare il premio nella bellissima cornice della splendida sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi.
Oggi posso dire che sono piacevolmente sorpreso di questo riconoscimento inaspettato.
Il mio piacere è però legato al riconoscimento andato alle “Novelle brevi di Sicilia”, non tanto a chi le ha scritte.
Penso che nel momento in cui un libro è stato pubblicato, questo appartenga a tutti i lettori che ne avranno condiviso le emozioni. Da questo mio punto di vista, il premio appartiene a tutti coloro che hanno letto questa raccolta e avranno provato piacere letterario.
Il significato del premio, lo proietto pertanto in una prospettiva di condivisione empatica con tutti i lettori del libricino, i migliaia di lettori delle “Novelle brevi di Sicilia”, che con mia grande sorpresa, con il passaparola virtuale, dai circa 5 mila del 25 novembre 2017, oggi sono poco meno di 10 mila persone. Un numero per me davvero impressionante.
Qual è la sua opera a cui si sente più legato?
Scrivo da sempre, e non tutto quello che ho scritto l’ho pubblicato.
Se devo immaginare un libro, allora dico “Mastr’Antria e altri racconti”. L’ho terminato qualche settimana fa e ancora non è stato pubblicato. Lo sento particolarmente mio perché gli otto corposi racconti che fanno parte della raccolta, hanno tutti a che fare con mie dirette esperienze, a partire dall’infanzia.
Un paio sono racconti che vedono protagonisti i miei nonni paterni, Mastr’Antria, mio nonno, e nonna Vita. Racconti legati ad un periodo felice e spensierato, quello di me bambino, ma anche di educazione e apprendimento che mi veniva trasmesso con le loro narrazioni e soprattutto con l’esempio di vita quotidiana.
Per questo amo molto questo libro che spero esca a breve. Non so se piacerà a chi li leggerà. Ma questa è un’altra storia. Io scrivo sempre e solo per me. Non ho mai scritto immaginando un potenziale lettore.
Ma veramente ha scritto “Novelle Brevi di Sicilia” di getto e con il suo Nokia E90?
Certo che sì!
Le Novelle, come le ho chiamate solo dopo averle ritrovate poco più di un anno fa, sono dei piccoli appunti che ho scritto dai 10 ai 7 anni fa.
Solo lo scorso anno, casualmente, le ho ritrovate, ed essendomi imbattuto in un portale online di autopubblicazione, li ho caricati e poi li ho resi pubblici per farli leggere ai miei amici.
Quando le ho scritte, mi ricordo che si usava questo cellulare, il Nokia E90, che allora fu una sorta di rivoluzione. Si poteva scrivere con una vera e propria tastiera da pc, anche se in miniatura, usando i pollici. Io lo utilizzavo per prendere appunti durante le mie riunioni o i miei incontri di lavoro. Ogni tanto, quando ero in pausa, in attesa che iniziasse un meeting, scrivevo queste piccole immagini letterarie. Ecco come è nata quella che poi è diventata una raccolta.
Sappiamo che si interessa anche di cinema, da dove nasce questa passione?
Non lo so da dove sia nata. Ricordo che fin da bambino, dalle elementari, ero attratto dai film che mandavano in TV.
Scendevo al piano terra dai miei nonni, dall’appartamento dei miei genitori, in una palazzina nel centro storico del mio paese, e insieme a mia nonna, vedevo tutti i film che mandavano in televisione, film americani o italiani del cosiddetto neorealismo.
Nel mio paesino, Montelepre, non c’era un cinema, c’era però un’arena all’aperto che funzionava solo d’estate, l’Arena Belvedere. Tutti noi ragazzini aspettavamo che arrivasse l’estate per andare a vedere i film sul grande schermo.
La cosa divertente era che io e i miei compagnetti di classe, eravamo alle elementari, avevamo trovato il modo di vedere i film senza pagare, arrampicandoci su un lato del muro di cinta dell’arena, che si trova un po’ fuori dal paese, ricoperto da una folta rampicante sempreverde e resistentissima, l’edera.
Per noi bambini era facile arrampicarci e metterci accovacciati sul muretto, alto poco più di due metri, e guardare al buio i film senza farci scoprire dal proprietario.
La distrazione era però continua perché ad ogni piccolo rumore che sentivamo dal rampicante, ci mettevamo in allerta perché temevamo i topolini e le bisce nere di campagna, che a quei tempi popolavano le campagne.
Erano emozioni adrenaliniche bellissime.
Da lì ho sempre amato il cinema del grande schermo. Iniziata l’università a Palermo, ho preso l’abitudine di frequentare le sale cinematografiche con assiduità, anche perché disponevo di una tessera particolare, che mi consentiva di entrare in qualsiasi cinema di Palermo senza pagare, e di vedere anche tre film durante la stessa giornata, organizzandomi i tempi per spostarmi velocemente da un cinema all’altro della città.
Allora non c’erano le multisale come oggi. Da allora è diventato un alimento quasi quotidiano, anche perché oggi con alcuni portali online, quali Netflix per esempio, è molto più facile vedere ottimi film.
Un libro che le piacerebbe trasformare in un film?
Un eccellente film sarebbe quello che si ricaverebbe da un bellissimo romanzo di Andrea Camilleri, “La rivoluzione della luna” pubblicato nel 2013.
È un libro intrigante e vero, che parla della mia citta al tempo dei viceré.
Ma è anche una bellissima metafora dei giorni nostri, del Ventesimo e Ventunesimo secolo, per tutte le dinamiche che in modo brillante vengono raccontate. È un libro che secondo me dovrebbero leggere tutti gli italiani, non solo i siciliani come me.
Qual è per lei (del presente o del passato) uno dei più grandi libri che sono diventati film?
Senza ombra di dubbio “Il Nome della Rosa”, il primo vero romanzo di Umberto Eco, pubblicato nel 1980. Libro straordinario, bellissimo, unico.
Anche questo una formidabile metafora dei giorni nostri, dove l’accesso all’informazione e alla conoscenza è un po’ compromesso, almeno in Italia. Dovrebbe essere un romanzo da leggere obbligatoriamente nelle scuole italiane insieme ai “Promessi Sposi” di Manzoni.
Se domani vincesse alla lotteria e avesse a disposizione un budget grandioso, cosa vorrebbe realizzare: ha un sogno nel cassetto?
La metà la donerei ad una grande associazione della mia città, che vive solo con le donazioni dei privati e non accetta, né ha mai accettato, fondi e finanziamenti pubblici.
È un’associazione che fa vera solidarietà, vera accoglienza, vera assistenza alle persone più sfortunate di noi, che altrimenti rimarrebbero sotto i portici, per strada, senza cibo, senza un tetto sotto il quale dormire nelle notti più fredde.
Essendo un’associazione che non fa business, che non dà posti di lavoro, pochi ne parlano, e quasi mai viene elogiata dai mezzi di comunicazione di massa nazionali.
Ma a Palermo sanno tutti qual è e come lavora con i centinaia di volontari veri di cui dispone, che non prendono neanche un euro per quello che fanno quotidianamente.
L’atra metà la terrei per viverci e per potermi dedicare solo alla scrittura, cosa che non posso fare adesso perché prima viene il lavoro e poi, quando ho tempo libero e voglia di farlo, scrivere.
L’8 aprile 2017, il Circolo Letterario I.P.L.A.C. le ha assegnato il Premio Letterario Nazionale “L’Anfora di Calliope”, come si è sentito?
È stata una bella emozione, anche se non potei andare a ritirare il premio ad Erice perché ero ricoverato in ospedale per un grave problema di salute, adesso superato brillantemente.
Tuttavia il Premio fu ritirato mia sorella Ida.
Colgo l’occasione per ringraziare la Professoressa Caterina Guttadauro La Brasca che allora, in qualità di presidente della giuria, pensò di assegnare a me questo premio, per le “Novelle brevi di Sicilia” e per alcuni lavori nel mondo dell’arte e della tutela del patrimonio culturale e artistico della Sicilia, che avevo realizzato con il mio gruppo societario e con i miei tanti colleghi di lavoro.
Lei ha un altro grande talento e che poi è il suo lavoro nella vita reale di tutti i giorni. Cosa significa essere un Project Manager e Planner nei tempi odierni in Italia?
È un lavoro che amo tantissimo e che faccio da oltre vent’anni, da quando lasciai l’università dopo cinque anni di lavoro postlaurea quale assistente, come si chiamava ai tempi, del mio professore di allora, il Prof. Lucio Sarno.
Il project manager è un lavoro complesso e articolato al contempo che, secondo la mia esperienza, richiede innanzitutto abilità relazionali, organizzative e di mediazione, poi delle competenze tecniche rispetto alle procedure per accedere e gestire fondi pubblici o privati, ed infine, la cosa più importante in assoluto secondo me, il project manager deve vedersi riconosciute le sue qualità di leader di un gruppo di lavoro.
Gruppo di lavoro che spesso è numeroso e composto da professionalità di altissimo livello. Nel mio caso sono sempre docenti universitari e professionisti senior di lunga esperienza, oltre a giovani laureati e giovani ricercatori, che spesso inseriamo nei nostri gruppi per accrescere l’entusiasmo e per condividere con loro le esperienze progettuali da realizzare.
Nel documentario di ricostruzione virtuale di Noto Antica, EFIAN, alcuni di questi giovani ricercatori sono protagonisti dei lavori, sono stati intervistati, e raccontano dell’opera realizzata.
Se non hai riconosciuta la leadership dal tuo gruppo di lavoro, soprattutto quando hai a che fare con persone di levatura professionale nazionale o internazionale, allora è meglio che cambi lavoro. Non puoi farlo. Non è come fare il capo, o il comandante in una istituzione totale quale può per esempio essere l’esercito, se non sai mediare e se non sai condurre il gruppo verso gli obiettivi da raggiungere, dopo un attimo tutti ti mandano a quel paese e non hai più alcuna possibilità di ottenere i risultati attesi. Nel privato, nei paesi anglosassoni e nordeuropei, funziona così.
Nel pubblico italiano, ovviamente no. Basta un semplice ordine di servizio, e sei il capo, il Project Manager. Se poi i tuoi collaboratori non riconoscono il tuo ruolo, non importa, se poi non raggiungi gli obiettivi previsti, non importa a nessuno.
Si sta occupando di ricostruire opere di un immenso valore artistico come ad esempio sappiamo che si è occupato del sito archeologico di Noto Antica (SR), oggi Patrimonio dell’UNESCO, rasa al suolo dal terremoto del 1693; quali sono le difficoltà e le gioie che si incontrano lungo questo percorso?
È un lavoro che abbiamo finito nel novembre del 2016, e che abbiamo presentato pubblicamente a Noto nel mese di gennaio del 2017. Un lavoro davvero affascinante e molto interessante, dove abbiamo lavorato oltre 50 persone tra docenti universitari, ricercatori, ingegneri, architetti, informatici, esperti di comunicazione, fotoreporter, etc…
Un gruppo molto articolato che ha fatto un lavoro eccellente. D’altra parte, se non fosse stato un ottimo progetto, non saremmo mai arrivati primi nella graduatoria nazionale stilata dal MIUR che ha co-finanziato il progetto con il bando pubblico Start Up Cultura ad Impatto Aumentato del 2013.
Primi su oltre duemila progetti presentati a livello nazionale e su 42 progetti co-finanziati dal MIUR nella nostra misura. Quindi una bellissima soddisfazione per tutto il gruppo di lavoro, università-privato.
Le emozioni sono state tantissime e dirompenti. Quando per la prima volta andai a visitare il sito archeologico, nell’estate del 2013, ne rimasi rapito e affascinato.
È una città ridotta ad un cumulo di pietre, una città che fu potentissima e grandissima, abbandonata a sé stessa, ma con una storia e una vita che trasuda da quelle pietre che mi hanno messo i brividi. Ma tutto questo, i lettori che fossero curiosi, potranno in parte vederlo dal documentario che abbiamo realizzato, e che racconta i due anni di lavoro del mio gruppo.
Ringrazio Andrea Giostra per l’Intervista che ci ha concesso, vi saluto cari iCrewers e come dico sempre…