Accadde che… La rubrica di iCrewplay che ci riporta indietro nel tempo a spasso per eventi storici, sociali e letterari piccoli e grandi, oggi si ferma su un anno, il 1909, che assistette all’affermazione del Movimento Operaio, con una serie di rivendicazioni per la conquista di quei diritti che, già sul finire dell’Ottocento, avevano aperto una breccia nelle coscienze dei lavoratori. Di pari passo, sul terreno strettamente letterario nasceva il Futurismo, mentre la fisica italiana riceveva, attraverso Guglielmo Marconi, il primo importante riconoscimento.
Così, oggi mi tocca parlarti del 1909. E, come se salissi su una macchina che viaggia a ritroso nel tempo, mi immergo nel contesto di inizio Novecento e ti racconto a modo mio gli avvenimenti, i fatti, i personaggi che reputo abbiano segnato la storia di quel lontanissimo anno. A distanza di oltre un secolo quell’epoca appare remota, se pensiamo che l’umanità viaggia a ritmi forsennati specie negli ultimi anni: già solo 20 o 30 anni sembrano una vita intera, pensa 111 anni!
1909, avanti popolo alla riscossa…
Ti ricordi quella vecchia canzone che inneggiava alla “bandiera rossa”, simbolo di tante battaglie operaie e contadine per ottenere quei sacrosanti diritti che dovrebbero essere alla base di ogni prestazione lavorativa? Forse non la ricordi, è passata di moda. Così come sono passate di moda le rivendicazioni, le lotte sindacali, le richieste di un trattamento equo e sostenibile sul lavoro. Cose da 1909, infatti. O al massimo da anni Sessanta/Settanta.
Quella vecchia canzone popolare, Bandiera rossa, non vide la luce nel 1909 ma l’anno prima, 1908. Nel 1909 si diffuse largamente, attraverso le voci di operai e contadini che nelle tante battaglie e manifestazioni che segnarono l’anno, la cantavano uniti anche per darsi forza e coraggio a vicenda.
Nel 1909 infatti, già a partire da Gennaio gli operai si mobilitarono con le prime manifestazioni per la rivendicazione dei propri diritti. La primissima manifestazione fu al femminile: a Faenza, le 114 operaie della Manifattura La Rondine, scioperarono per il miglioramento salariale e dopo 50 giorni di lotta ottennero quanto richiesto. 50 giorni di sciopero, impensabile ai nostri giorni! Penso davvero che i nostri antenati abbiano avuto più “palle” di noi generazione cibernetica… E perdona il francesismo.
In Aprile toccò alle mondine, le famose lavoratrici stagionali impiegate nelle risaie, rivendicare i propri diritti e ottenere finalmente condizioni di lavoro più umane: nel 1909, finalmente dopo tanti scioperi, agitazioni e tumulti riuscirono ad ottenere le famose “otto ore lavorative” a cui aspiravano.
Tutto IL 1909 fu, comunque, un susseguirsi di lotte, scioperi e manifestazioni: il progresso tecnico-scientifico di fine Ottocento aveva creato una nuova classe operaia che al soffio del vento rivoluzionario spirante da Oltralpe, rispondeva con impeto e coraggio. Le nuove idee socialiste si diffondevano anche sul suolo italico e con esse, la presa di coscienza e la rivolta della classe operaia era inevitabile.
1909, il futuro sia con noi
Il nuovo secolo, aveva portato nuove consapevolezze che interessarono la società nel suo complesso: il futuro si apriva allo sguardo umano con tutte le sue nuove conquiste, con il progresso, con le sue invenzioni, con tutte le sue modernità. Tutti i campi del sapere furono investiti dal cambiamento e di conseguenza anche la letteratura e l’arte in genere, ne furono influenzate.
Sappiamo bene come letteratura e arte procedano di pari passo con i tempi, anzi ne sono lo specchio fedele: il 1909 rifletteva il cambiamento, l’evoluzione di una società che si avviava a vivere i tempi moderni, proiettandosi nel futuro.
La letteratura del 1909 vede la nascita del Futurismo che investe tutti i campi culturali e prepara il terreno a quel “mito del superuomo” che approderà alle conseguenze nefaste di cui ancora facciamo memoria dolorosa. In quel 1909 però appariva come una vera e propria rivoluzione antropologica.
Il Futurismo fu il primo movimento d’avanguardia a porre al centro del suo programma il nuovo uomo animato da violenti istinti di dominio e fortificato dalla straordinaria potenza delle macchine. L’uomo visto come dominatore, come padrone assoluto del futuro e della natura, sperimentatore di forme di progresso e d’arte sempre più moderne, un uomo che vuole tagliare i ponti con tutto il passato, definito oscurantista.
Da un punto di vista politico, tutto questo portò, in particolare dopo l’esplosione della Grande Guerra, all’esaltazione del nazionalismo, alla celebrazione della guerra (definita «sola igiene del mondo») e, successivamente, all’adesione al fascismo. Benché sia probabile che molte delle scelte politiche abbracciate dai futuristi fossero dettate da semplice opportunismo, esse furono tuttavia innegabilmente coerenti con le premesse artistico-filosofiche del suo fondatore, Filippo Tommaso Marinetti.
Filippo Tommaso Marinetti e il Manifesto Futurista del 1909
Filippo Tommaso Marinetti, nato ad Alessandria d’Egitto, fu il fondatore del Manifesto del Futurismo la cui prima edizione in italiano, fu pubblicata anche in francese nel Febbraio del 1909. La pubblicazione francese sulle pagine di Le Figaro, ne decretò la consacrazione ufficiale e il successo.
Costituito da undici punti programmatici, il Manifesto del Futurismo, delinea un Movimento nuovo, vivace e poliedrico che investe tutti i campi, dal sociale al politico, dall’artistico al letterario. I suoi temi specifici quali l’attivismo, l’insofferenza verso la tradizione e l’ordine costituito, l’esaltazione della civiltà industriale e della velocità, il militarismo, il nazionalismo, sono espressi da Marinetti con con dovizia di immagini suggestive, alternate ad efficaci passaggi teorici.
Sempre nel 1909 Marinetti pubblicò anche Uccidiamo il chiaro di luna!, il secondo di una lunga serie di testi programmatici, in cui, con grande intuizione precorritrice, egli seppe sfruttare i metodi pubblicitari dell’industria per promuovere e diffondere le proprie idee. Negli anni seguenti aderirono al movimento poeti, scrittori, pittori e musicisti come A. Palazzeschi, C. Govoni, U. Boccioni, C. Carrà, G. Balla e F.B. Pratella.
E non ti sembri azzardato, caro lettore, se affermo che qualche rigurgito futurista, tutto sommato lo conserviamo ancora, basta dare un’occhiata, se vuoi, a qualche mio articolo della rubrica Poesia e vita, vita e poesia per rendertene conto. A conferma del fatto che anche in letteratura nulla si crea e nulla si distrugge.
1909, la fisica italiana vince il Nobel
Un successo importante il 1909 lo fece registrare in campo scientifico: Guglielmo Marconi fu il primo italiano a vincere il Premio Nobel per la Fisica.
Guglielmo Marconi aveva solo 35 anni nel 1909 quando fu insignito del Premio Nobel per la Fisica, il primo premio in assoluto per la Fisica italiana: frutto di un intenso lavoro durato circa 15 anni, dai primi esperimenti di telegrafia senza fili, approdati poi nel vasto campo delle radiocomunicazioni. Il futuro era già a portata di etere, e quel 1909 decretò il successo di un Marconi pioniere che aprì al mondo le vie delle comunicazioni telematiche.
…e inoltre nel 1909
Una piccola ma importante chicca sportiva: Nella notte del 13 maggio 1909 prese il via, da Piazzale Loreto a Milano, la prima edizione del Giro d’Italia: la Corsa Rosa si sviluppò attraverso 8 tappe estenuanti che scesero verso sud fino a Napoli e fu vinta da Luigi Ganna, della squadra Atala.
Ci sono anni che scorrono senza particolari eventi, il 1909 invece fu uno di quegli anni che di eventi e fatti ne vide in quantità industriali. Chissà cosa passava per la mente dell’uomo della strada di allora: forse relegava una fiducia smisurata nel futuro, forse ne era impaurito o molto più probabilmente, alle prese con gli affanni quotidiani, viveva il suo tempo inconsapevole di quanto gli accadeva intorno.
Io che oggi ho ricordato una piccola parte di quanto è stato documentato, lo osservo da lontano e alla luce di ciò che è stata la storia successiva, penso: “Beata ignoranza, nel senso letterale dell’ignorare, che ti fa sperare in un mondo migliore. Non sapevano gli uomini e le donne del 1909, cosa avrebbe loro riservato l’avvenire.”