L’Italia manifesta, scende in piazza, grida, protesta, spacca. La gente sta come “d’autunno sugli alberi le foglie” (Cit. Ungaretti), senza prospettiva, con un futuro incerto, in balia di decisioni che non dipendono da noi, con una vita alla giornata che mette ansia.
Ci si aspetta un lockdown da un attimo all’altro, la chiusura di tutto, un’altra segregazione, mesi di vita persi a causa di decisioni dall’alto non prese o prese male. Viviamo con la paura, esistiamo nell’angoscia, anime di morti viventi intrappolate in un presente evanescente. Uno scenario piuttosto tetro, senza via d’uscita direi, non rimane che aggrapparsi a poche, sepolcrali certezze: in autunno c’è l’olio nuovo, e questa è una sicurezza che nessuna pandemia ci può scippare.
Tempo di olio nuovo: la natura si ribella e rinasce.
Dice ma come, anche mentre la gente si ammala di COVID-19 si fa l’olio nuovo?
No, dico, soprattutto perchè la gente si ammala che si deve fare l’olio nuovo! La fatica dell’autunno riempirà le dispense per l’inverno.
La brucatura nei campi all’aria frizzante e umida di novembre, le aringhe a colazione la domenica mattina, affumicate sul fuoco acceso in mezzo alle olivete, il profumo pungente della polpa frantumata coi noccioli nelle tramogge dei frantoi, la consistenza densa dell’oro verde che esce dai bocchettoni e riempie l’aria dell’aroma tipico dell’olio nuovo. Il gusto amaro del carciofo, di terra bagnata, di erba tagliata.
La natura si ribella alle regole dell’uomo, indifferente ai guai umani, lei segue silenziosa il suo corso, rispetta i suoi ritmi e si aspetta che tutti li seguano senza nessuna protesta. Artefice e madre di ogni cosa.
Tempo di olio nuovo: la natura si ribella e rinasce
L’olio nuovo ha una simbologia antica, che deriva dalla sua pianta, l’olivo: già nella Genesi, Noè capisce dal ramo di olivo che l’acqua si è abbassata e il diluvio universale è cessato. L’olivo è utilizzato come simbolo di pace e il suo frutto, l’olio, assume il significato dell’amore, della sapienza, della fraternità.
Della rinascita, aggiungo io, soprattutto in questo 2020 che peggiore non si poteva, l’olio nuovo è la testimonianza dell’eternità del Bene, del trionfo della Natura, della sua imperturbabile solennità, contro le forze del Male che serpeggiano tra gli uomini.
E la miseria! Dirai tu, caro iCrewer, che discorsi filosofici! Anche meno! Io non sono credente, lui è panteista, quell’altro induista, un quarto materialista e poi ci sono i politeisti. E va bene, ma il bene e il male sono le due forze che albergano nei cuori ancora prima che nelle religioni e muovono i comportamenti di ognuno di noi. Dico il bene e il male, non il buonismo e il cinismo: c’è differenza!
Già anche meno filosofia, mi dirai tu, caro lettore, stavamo parlando del tempo dell’olio nuovo e divaghi! Eppure stamani, mentre scrivo questo breve articolo che sa più di riflessione che di vera notizia, ripenso alla nottata di guerriglia appena trascorsa nella mia Firenze e guardo con golosità la fetta di pane comune, quello toscano senza sale, abbrustolito e condito con l’olio nuovo che mi sto mangiando per colazione.
Io credo nell’olio nuovo, nella potenza della sua opera di rinnovamento continuo, antichissimo e attuale, credo nelle radici degli olivi, piantate in fondo alla terra che le nutre, credo nel lavoro duro di chi produce l’oro verde, che pota fresa, concima, protegge ama le piante che gli doneranno i loro frutti.
Credo nella dedizione di un agricoltore che segue la lenta marcia dei boccioli, nella redenzione del lavoro manuale che porta sempre buoni frutti. Disprezzo con tutto il cuore le cariche veloci della polizia contro vigliacchi criminali che lanciano molotov sui monumenti dei Medici.