È chiaro che il sottotitolo che ho deciso di assegnare a questo articolo è scherzoso, un gioco. Mai e poi mai mancherei di rispetto a un autore del calibro di Dostoevskji, sebbene la lettura de Le notti bianche mi ha fatto tornare alla mente situazioni vissute in giovane età che ben si sposano con il concetto descritto dalla famosa regola dell’amico: “se sei amico di una donna non ci combinerai mai niente, non vorrai rovinare un così bel rapporto”.
Se fai parte della mia generazione, quella che gravita intorno ai quaranta, avrai riconosciuto le parole di una famosa canzone di Max Pezzali, ai tempi ancora 883, che parla proprio del rapporto di amicizia tra uomo e donna. Rapporto vissuto in maniera differente dai due protagonisti: lei fidata alleata e lui innamorato con la speranza di trasformare l’amicizia in qualcosa di più fisico e sentimentale.
E tutto questo cosa ha a che fare con Dostoevskji? Sono diventato totalmente folle nell’accomunare uno dei più grandi autori della storia della letteratura con un cantante pop giunto al successo negli anni ’90?
Le notti bianche: il sognatore di Dostoevskji
Probabilmente sì. Ma come ti dicevo, carissimo iCrewer, la lettura de Le notti bianche, ha risvegliato in me ricordi della mia adolescenza – e anche qualche anno in più – che hanno fatto partire il meccanismo del puzzle con pezzi sparsi tra libri, canzoni e scampoli di vita vissuta.
Diciamoci la verità, cari lettori maschietti, chi di noi non è stato innamorato della migliore amica? E ancora, meglio, chi di noi non si è tenuto stretto un’amicizia nonostante il desiderio perché piuttosto che niente andava bene averla vicina come amica? Che tanto col passare del tempo riuscirò anche a conquistarla?
Ci siamo passati tutti. Inutile negarlo.
Nello specifico, arrivando al contenuto del lungo racconto di Dostoevskji, quante volte ci è capitato di porgere la guancia all’amica di cui siamo stati innamorati al fine di apparire come amici fidati. Persone su cui contare, persone disposte ad ascoltare le loro pene d’amore.
E dunque fiumi di parole riferite al fidanzato di turno che si comportava male assorbite col sorriso sulle labbra e con la morte nel cuore.
È quello che succede al protagonista de Le notti bianche: improvvisato confessore della ragazza di cui si invaghisce.
In una tarda serata di San Pietroburgo, un sognatore – aprirò dopo la parentesi sul protagonista – si imbatte in una giovane donna: Nasten’ka, diciassettenne alle prese con una convivenza forzata insieme alla nonna e con un amore promesso che tarda a materializzarsi. Durante questo loro primo incontro i due instaurano un buon rapporto che si protrarrà per le quattro notti successive.
Notti dunque trascorse in bianco a scambiarsi emozioni, parole e confessioni. Risulta inevitabile che lui si innamori e che lei invece gli parli continuamente del promesso fidanzato che con qualche giorno di ritardo si presenta al loro appuntamento dopo un anno di attesa.
Dostoevskji è maestro nel descrivere le pene del protagonista. Del resto per noi che abbiamo provato queste situazioni, risulta facile riconoscere nelle parole dell’autore russo le sensazioni che, seppur negative e dolorose, ci hanno fatto sentire vivi nella nostra giovinezza.
Senza entrare nei particolari, non mi basterebbero due mani per elencare le volte in cui ho offerto la spalla su cui piangere alla ragazza che mi interessava. Quante volte ho raccolto dal suo viso lacrime che portavano un nome diverso dal mio. Lacrime che andavano a collocarsi nel mio stomaco, ricche di gelosia e sconforto.
Mi viene in mente, per chiudere il cerchio rispetto al modo in cui ho iniziato questo articolo, una delle scene della prima stagione della serie TV Generazione 56K, in onda in questi mesi su Netflix. Serie con un doppio filone narrativo: uno ambientato nei giorni nostri e uno fatto di flashback risalenti agli anni ’90.
Proprio in uno di quei ricordi si vede il protagonista regalare alla ragazzina che gli piace due biglietti per il concerto degli 883. Questa, dopo averlo ringraziato con un bacio sulla guancia, sale sul motorino del fidanzatino e lascia intendere che andrà a godersi Hanno ucciso l’uomo ragno dal vivo insieme a lui.
Che sentimento strano l’amore. Anche dopo aver sbattuto più volte la testa – e qui parlo con l’esperienza di adulto – continuiamo imperterriti a perderla e a esporci a situazioni che possono farci male.
Sarà che l’amore resta il più bello dei sentimenti, quello insito a chi sa emozionarsi e a chi sa sognare.
Il protagonista de Le notti bianche è proprio un sognatore. Uno di quelli che non ama mischiarsi con la gente e che predilige lunghe passeggiate serali e notturne in solitaria. Attimi che gli permettono di godere a pieno della città – descritta molto bene all’inizio del breve romanzo – e che gli consentono di vagare con la mente nel mondo che si crea su misura col taglio della sua fantasia.
Mi riconosco molto in questo tipo di persona. Sono uno che sogna a occhi aperti. Sono uno che si fa i film, anzi, i colossal. Creo con la mente pellicole da sei o sette ore. Veri e propri mattoni polacchi da far cascare le… Eppure questo stare sulle nuvole e questo creare la realtà che vorrei mi aiutano parecchio. Ma aiutano a star comodo nei vestiti della mia realtà.
Lo chiamo il meccanismo della siringa. Tiro indietro verso i sogni per riempirmi di vita reale e poi spingo questa vita con la forza onirica del pollice per spurgarne fuori un po’.
Mi rendo conto che è un ragionamento un po’ difficile da digerire, ma da uno che legge Dostoevskji nel 2021 e poi lo chiude in una scatola – questo articolo – insieme a Max Pezzali, cosa potresti mai aspettarti?
Le notti bianche è un classico che consiglio di leggere a tutti. Breve ed emozionante. Anche perché sarebbe bello sapere quali meccanismi strani potrebbe innescare anche nella mente di voi lettori e amici iCrewer.