Con l’appuntamento odierno di Spazio ai Classici voglio portarti nella Francia di fine Ottocento a conoscere uno degli autori più rappresentativi della letteratura europea: sto parlando di Guy de Maupassant!
Scrittore, drammaturgo e poeta, Maupassant si è cimentato in diversi ambiti e tra questi si è distinto particolarmente nell’arte di scrivere racconti e novelle, tanto da essere considerato uno dei padri del racconto moderno.
Mettiti comodo e preparati a scoprire la straordinaria modernità di questo scrittore francese!
Maupassant: uno scrittore…fuori dalle righe
Guy de Maupassant nasce nel 1850 nella regione francese della Normandia. Appartiene ad una famiglia agiata ma non trascorre un’infanzia facile.
Il padre si trasferisce presto a Parigi dopo aver abbandonato la madre in Normandia a prendersi cura del piccolo Guy e di suo fratello.
La madre si accorge presto delle abilità letterarie di Maupassant. Scrivere, del resto, è sempre stata la sua ambizione sin dall’adolescenza. Inizia con delle poesie per passare poi ai romanzi e ai racconti, cimentandosi però anche nella scrittura di saggi, diari ed opere teatrali.
Nel 1870 partecipa anche alla guerra franco-prussiana che segnerà notevolmente non solo la sua vita ma anche la sua carriera letteraria. L’assurdità della guerra, infatti, sarà al centro di molte delle sue opere.
Dopo la guerra tra viaggi e lunghi soggiorni nelle capitali europee si ritroverà a condividere con molti artisti famosi (scrittori, poeti, pittori) molti dei maggiori salotti letterari dell’epoca. Il benessere economico e la fama di scrittore di successo lo spingono verso uno stile di vita dissoluto e libertino.
A contribuire alla sua fama di “poeta maledetto” è anche la sifilide, malattia che gli viene diagnostica molto presto e di cui si “vanta” in numerose sue lettere. Fu proprio questa malattia, però, a causargli numerosi disturbi psichiatrici che lo porteranno all’internamento in una clinica e di lì a poco alla morte, alla giovane età di 43 anni.
Tra le molte opere, scrisse più di trecento racconti e sei romanzi tra cui il famosissimo Bel Ami, il cui protagonista, un giornalista dedito alla bella vita, è da molti considerato un alter ego dello stesso Maupassant.
I Racconti: il ritratto di una società impazzita
Tra tutti i suoi racconti ciò che colpisce è la straordinaria modernità con cui analizza la realtà del suo tempo, analisi che si potrebbe benissimo applicare anche ai giorni nostri. Non a caso molti dei suoi racconti hanno ricevuto degli adattamenti televisivi e teatrali anche di grande successo.
Tantissimi sono i temi trattati, molti anche particolarmente scabrosi per l’epoca come il suicidio, l’omosessualità e la prostituzione. Il suo primo racconto, nonché uno dei più famosi è Palla di Sego che ha per protagonista una giovane prostituta francese che viene ostinatamente disprezzata dai suoi compagni di viaggio nonostante la donna si fosse concessa ad un ufficiale nemico per salvarli tutti.
Maupassant, infatti, denunciò spesso e in maniera sempre più dura l’ipocrisia della società del suo tempo attraversata dai pregiudizi e da una follia che sembra quasi connaturata alla stessa natura umana.
La novella Un pazzo, ad esempio, racconta la storia di un anonimo magistrato famoso per la sua integrità e rispettato da tutti per il suo impegno nella lotta al crimine e nella difesa dei deboli.
La scoperta del suo diario dopo la sua morte, però, rivela una verità sconcertante! Il magistrato era in realtà un folle assassino che per tutta la vita è stato attratto dalla morte e dal desiderio di uccidere. Aveva, addirittura compiuto diversi omicidi per il solo desiderio di veder scorrere del sangue.
Con la pazzia Maupassant ha sempre avuto a che fare. Suo fratello era stato rinchiuso in una clinica psichiatrica e lui stesso, a causa della sua malattia, finì per fare i conti con la fama di folle. Tuttavia, in questo racconto, sembra suggerire che la “vera pazzia” non si trova nei manicomi ma infetta l’intera società e si cela in luoghi impensabili e imprevedibili, assai più spesso di quanto ci piacerebbe ammettere.
E la guerra è l’espressione massima della follia umana. Scrive infatti Maupassant:
Ma poiché non possiamo vivere senza abbandonarci a quest’istinto naturale e imperioso di morte, cerchiamo sfogo ogni tanto nelle guerre, in cui un popolo intero sgozza un altro popolo. Allora è un’orgia di sangue, un’orgia in cui gli eserciti si scatenano e di cui s’inebriano ancora i borghesi, le donne e i bambini che leggono, la sera, sotto la lampada, il racconto esaltato dei massacri. E si potrebbe credere che coloro che son destinati a compiere questi macelli vengano poi disprezzati! No. Li coprono di onori. Li vestono d’oro e di panni sgargianti, li caricano di pennacchi in testa, di decorazioni sul petto, li riempiono di medaglie, ricompense, titoli d’ogni genere.
E la denuncia della guerra affolla molti altri racconti del novelliere francese. Ma a differenza di molti suoi colleghi che spesso celebravano la guerra come un’occasione di gloria, onore e straordinaria dedizione patriottica, Maupassant condanna ogni aspetto della guerra che finisce inevitabilmente per pesare soprattutto sui cittadini più deboli.
Nell’emozionante racconto intitolato Due amici, ad esempio, sono rappresentati due vecchi pescatori francesi, amici da una vita che decidono, in memoria dei vecchi tempi, di sfidare la guerra imperante per poter concedersi una battuta di pesca insieme. Il loro idillio però viene spezzato dall’arrivo di un gruppo di nemici prussiani che li catturano e li interrogano per avere informazioni sui francesi.
Al coraggioso rifiuto dei due, il nemico sceglie di fucilarli entrambi. I due hanno appena il tempo di salutarsi guardandosi negli occhi e stringendosi la mano prima di crollare al suolo, insieme.
Ma Maupassant non condanna solo le barbarie dei nemici prussiani ma anche quelle dei francesi. Ne è un esempio Mamma Sauvage, la storia di una vecchia donna francese costretta ad ospitare quattro soldati prussiani dopo che questi avevano occupato la sua città mentre il figlio era al fronte.
Nonostante tutto, la donna si prende cura dei suoi ospiti come fossero figli suoi e, allo stesso modo, i giovani prussiani la trattano come una mamma premurosa e amorevole. Tutto cambia, però, quando mamma Sauvage riceve la notizia della morte del figlio, sparato da un prussiano. Con lucida follia la donna dà fuoco alla propria dimora uccidendo brutalmente i suoi ospiti.
Il messaggio non può essere più chiaro ed è di una sconcertante attualità: ogni guerra non è mai giusta, perché non ci sono mai buoni e cattivi ma solo sconfitti. A pagarne le spese sono, quasi sempre, i più deboli costretti a vivere una devastazione che non è soltanto fisica ma anche psicologica.
Ti lascio, mio caro lettore, con le parole dello stesso Maupassant che, ora più che mai, è impossibile non condividere:
Quando sento pronunciare questa parola: guerra, ho un tale sgomento come se mi parlassero di stregoneria, di inquisizione, di una cosa lontana, finita, atroce, mostruosa e contro natura.