Ciao iCrewer! Il mare dei generi letterari è vasto, le sue acque scure, la risacca ne lascia continuamente di nuovi sulla spiaggia della letteratura. Tuttavia, perché non tornare alle origini? Perché non trattare alcuni dei tipi di narrazione che ci accompagnano sin dai nostri primi anni di vita intellettuale? Sto parlando della fiaba e della favola.
Generi spesso confusi, frequentemente relegati al mondo dell’infanzia, riletti non così di frequente se non da coloro che si sentono un po’ come Peter Pan o che voglio far spiegare le ali della fantasia ai bambini.
Libri a cui siamo affezionati, ma che ci tornano alla mente soltanto guardando le librerie di genitori, zii e nonni, commemorando gli anni in cui le parole ci erano ancora sconosciute e a farla da padrone erano le immagini stampate sulla pagina.
Sono certa che tutti abbiamo nel cuore una fiaba o una favola che amiamo più delle altre. Tuttavia, siamo proprio sicuri che siano solamente opere per bambini?
La favola
Con questo termine si identifica un racconto non molto lungo, i cui personaggi sono quasi esclusivamente animali, che spesso possono avere significati simbolici. Peculiarità di questo genere letterario è la presenza di un insegnamento morale, spesso in rima (così è più facile da ricordare).
Una grande differenza rispetto alla fiaba? La favola è un prodotto d’autore; il nome dello scrittore che la compone è ben noto a tutti.
La prima raccolta è celeberrima e data VI-VII secolo avanti Cristo. Hai già capito qual è? Proprio così, si tratta delle Favole di Esopo. Titoli come La volpe e l’uva e La cicala e la formica, fanno baluginare scintille di ricordi nella memoria di molti di noi. Possono persino essere ricollegate a modi di dire frequenti!
La loro indole educativa è così chiara e marcata che lo zar Pietro I di Russia le scelse come motivo decorativo del Giardino d’Estate di San Pietroburgo, cosi che i suoi sudditi, passeggiando, potessero non solo godere della bellezza di sculture e fontane, ma anche acculturarsi e istruirsi.
Dopo Esopo venne lo scrittore latino Fedro (I secolo a.C.) e, molto più tardi, l’autore francese Jean de La Fontaine (1668).
Tuttavia, si trattava di racconti che, attraverso la satira, rivolgevano pungenti critiche alla società del loro tempo. Per questo per molti secoli non furono considerate materiale per bambini, quanto più per giovani e, soprattutto, per adulti.
La fiaba
Le fiabe hanno un’origine diversa. Prima di tutto, non sono d’autore, ma si tratta di racconti tramandati inizialmente oralmente e, in tempi più tardi, in forma scritta. Sono quelle storie che sono sempre state patrimonio degli anziani, narrate per secoli e secoli durante le lunghe sere rischiarate dalla luce delle fiamme.
Sono figlie dei miti e dei rituali, messaggere di tempi antichi.
Il genere che noi chiamiamo fiaba racchiude in sé elementi tipici della mitologia – l’origine del mondo, per esempio – e dei rituali – come i riti di passaggio – in un intreccio che mantiene sempre una struttura abbastanza riconoscibile.
La fiaba è un viaggio d’iniziazione: dalla paura, la miseria, la disperazione l’eroe riesce, superando svariate prove, ad approdare nella luce e nella ricchezza. Dalla fanciullezza all’età adulta.
Per questo motivo i loro protagonisti sono uomini e donne, anche se non si disdegnano aiutanti magici e nemici mostruosi.
Come accade per la favola, all’inizio anche la fiaba era narrata da adulti per adulti: il linguaggio usato era di sovente volgare e le allusioni sessuali non mancavano. I racconti orali, però, non sono stabili, fissati nella carta: a ogni nuova voce che si presta loro mutano, si adattano al pubblico che li sta ascoltando, si censurano per non urtare i tabù della cultura che gli accoglie.
E quindi, partendo da Cappuccetto Rosso che si dice facesse addirittura uno spogliarello per il Lupo, si arriva alla dolce e innocente bambina che la mamma incarica di far visita alla nonna malata.
Una domanda sorge spontanea: com’è che ora le fiabe sono scritte?
Le prime raccolte cominciarono ad apparire tra tardo ‘700 e ‘800, quando i vari popoli, sulla scia di movimenti culturali come il Romanticismo, si misero alla ricerca delle proprie origini. E così le campagne si riempirono di filologi e letterati pronti a trascrivere le parole degni anziani, per rendere di nuovo noti racconti la cui memoria, con la diffusione sempre maggiore della scrittura e dei libri, si stavano pian piano indebolendo.
Forse, uno dei titoli più noti è Fiabe del focolare di Jacob e Wilhelm Grimm, pubblicata in Germania per la prima volta nel 1812. Bada bene, per la prima volta, a cui seguirono altre sei edizioni.
I Grimm sono considerati i padri di fiabe come Biancaneve, Raperonzolo, La Bella Addormentata e molte altre, tuttavia è importante ricordare che non furono né i primi, né tanto meno gli unici a pubblicare volumi di questo tipo, anzi. In Russia ci pensò Aleksandr Nicolaevič Afanas’ev, in Italia Giambattista Basile (Pentamerone), in Francia Charles Perrault (I racconti di Mamma Oca).
Una cosa salta all’occhio, analizzando un po’ le fiabe che questi volumi contengono: non mancano le occasioni in un uno stesso racconto è presente in culture diverse!
Favola vs. fiaba
Come mai, sebbene siano generi così diversi, si fa sempre una grande confusione tra i due? Beh, una possibile risposta è che entrambi entrarono a far parte della letteratura per l’infanzia e divennero strumento pedagogico nel medesimo periodo.
Senza contare che anche noi – come d’altronde autori e studiosi di tempi più o meno recenti – ogni volta che usiamo genericamente il termine favola, anche quando ci riferiamo in realtà a una fiaba, contribuiamo a questo scambio d’identità!