Caro iCrewer, oggi sono qui per parlarti della mia ultima lettura: Il vichingo nero, di Bergsveinn Birgisson, pubblicato dalla casa editrice Iperborea.
Voglio iniziare dicendoti che si tratta di un libro difficile da definire, sfuggente: non è un romanzo, non è un saggio, non è il resoconto di uno studio. È tutto ciò e, insieme, molto, molto altro. Ti va di scoprire perché?
Il vichingo nero: la recensione
Questa volta non iniziamo con la trama, perchè, come dicevo prima, si tratta di un’opera composita che non narra una vicenda unica.
Certo, potremmo semplificarci la vita e affermare, semplicemente, che si tratta del resoconto dei lunghi – lunghissimi – studi che il professor Bergsveinn Birgisson ha compiuto riguardo il suo parente di trentesima generazione, Geirmund Pelle Scura, il vichingo nero, uno dei primi colonizzatori d’Islanda.
Tuttavia, le pagine narrano molto di più. Ci raccontano della fatica di trovare fonti attendibili o, in alcuni casi, anche un qualsiasi tipo di reperti. Ci aiutano a capire quanto le tracce lasciate dagli uomini possano essere come impronte sulla battigia: pronte a essere cancellate dalla prossima onda.
Sono la prova inconfutabile di come la passione, la dedizione e – mi sento di aggiungere – una buona dose di testardaggine possano portare a raggiungere ciò che tutti avevano etichettato come impossibile: scrivere un libro su qualcuno vissuto più di 1100 anni fa e di cui non rimane che qualche riga scritta su pergamena.
Il vichingo nero ci aiuta a riflettere. Ci mostra in modo inconfutabile quanto sia manipolabile il nostro passato. Come sia sufficiente che chi si sta occupando di scrivere una cronaca voglia far passare una determinata idea, perchè i fatti vengano fuorviati.
E così si finisce per esaltare un’era arcaica egualitaria, insabbiando il fatto che una mutazione genetica tipica islandese, trasmessa per via materna, sia riconducibile agli abitanti di Irlanda e Scozia. E non so voi, ma non credo che nel X secolo un numero così elevato di donne abbia liberamente deciso di salire a bordo di navi vichinghe.
Mette nero su bianco come la nostra civiltà, il nostro modo di vivere, quello che poi è stato denominato “occidentale”, siano sempre stati distruttivi e irrispettosi degli atri esseri viventi. Il paragone è ancor più lampante quando si viene a conoscenza dei moltissimi altri popoli con cui Geirmund e i suoi sono entrati in contatto: oggi li definiremmo “eco-sostenibili” quando, in realtà, a me sono sembrati semplicemente più consapevoli della necessità di portare un immenso rispetto verso l’ecosistema che ci sfama. Non trovi anche tu che portare una specie animale quasi all’estinzione solamente per fare un maggior guadagno sia molto più da selvaggi che vivere a contatto con la natura?
La cosa che ho trovato davvero fantastica è che tutte queste riflessioni, così come molte altre, su vari argomenti – mitologia, toponomastica, letteratura, poesia, genealogia, archeologia, geografia, solo per citarne alcuni – siano sempre accompagnate da precise spiegazioni del modo in cui Bergsveinn Birgisson è arrivato a tali conclusioni.
Nulla è una supposizione fine a se stessa (come dimostra la vastissima bibliografia in conclusione).
In uno stile davvero magistrale, scorrevole, interessante e raramente pesante, l’autore ci illustra il suoi percorso di ricerca, lungo quasi vent’anni, spiegando chiaramente i dati alla base di ogni sua deduzione, di ogni tassello usato per costruire la storia del vichingo nero.
Per questo insisto sul fatto che il volume non sia semplicemente un racconto d’avventure e commerci, ma quasi la narrazione dei retroscena, dei passaggi necessari perchè noi potessimo arrivare a conoscere Geirmund.
Tutto ciò è stato possibile, a mio avviso, anche grazie alla splendida traduzione di Silvia Cosimini, in collaborazione con l’ISLIT (Icelandic Literature Center): se il libro è così scorrevole, e il linguaggio così pregante e stimolante (mi elettrizza sempre trovare parole che prima non conoscevo), è anche merito suo.
La cover è molto carina, in perfetta armonia con lo stile. Anche l‘impostazione grafia del volume in sé mi è piaciuta moltissimo.
Per concludere, mi sento di dire che Il vichingo nero mi è piaciuto come pochi altri libri. Credo sia già papabile per essere inserito tra le opere da rileggere – anche se, magari, non prima di andare a letto – in modo da poterlo comprendere ancora meglio, e scoprire ciò che a prima vista può essere sfuggito.
Bergsveinn Birgisson
Bergsveinn Birgisson è nato a Reykjavík, anche se ora vive a Bergen, in Norvegia. Dopo essere diventato dottore in filologia norrena all’Università di Oslo, ha diretto la sua carriera verso le strade dell’insegnamento e della scrittura, soprattutto di romanzi, poesie e racconti.
Oltre a Il vichingo nero, caso editoriale in Norvegia, in traduzione in dodici Paesi e possibile nuova serie televisiva, edito in Italia da Iperborea, Bergsveinn Birgisson ha pubblicato Risposta a una lettera di Helga con Bompiani.