Una notte ho sognato New York è un bellissimo libro, e da questa affermazione voglio partire.
Hai mai sentito parlare, caro iCrewer, di Piero Armenti? Hai mai seguito suoi social il profilo de Il mio viaggio a New York? Certo che sì, ne sono più che sicuro, anche perché, sul finire dello scorso anno, ne abbiamo già parlato qui in libri.iCrewplay in occasione dell’uscita dell’omonima guida turistica con una intervista che ci aveva permesso di conoscere meglio il personaggio. Come ci aveva anticipato Piero, in quella piacevole conversazione, il 2020 ha visto l’uscita del suo primo romanzo: Una notte ho sognato a New York, edito da Mondadori e subito posizionatosi nei posti alti delle classifiche di vendita delle librerie italiane.
Un libro che ho letteralmente divorato, apprezzato e in qualche modo assimilato, vuoi per il fascino che esercita ancora dentro di me la Grande Mela, dopo la mia vacanza della scorsa estate, vuoi per la capacità di scrittura dell’autore e vuoi per la bella storia raccontata, che in un certo senso, funge al lettore da spinta per una vita che sia il più possibile simile a quella che vive nei suoi sogni.
UNA NOTTE HO SOGNATO NEW YORK: RECENSIONE
Una notte ho sognato New York è un libro che potrebbe essere classificato nel genere “voglia di vivere”, uno di quei romanzi che ti danno la carica e che ti fanno riflettere sulla vita e sul tuo modo di affrontarla. Un testo che va oltre il racconto avvincente della scelta di mollare tutto e andare a vivere a New York, con tutte le spettacolari vicende che ne derivano, un testo che arriva dentro l’anima e che ci sbatte in faccia la realtà: siamo davvero felici della vita che facciamo?
Ma andiamo con ordine e lasciami dire, caro iCrewer, che questo libro è stato il primo di una serie di libri che ho comprato in libreria non appena è finito il lockdown. Uno dei primi frutti del mio shopping sfrenato, che per noi lettori, non verte quasi mai su abiti e accessori, ma finisce sempre con l’essere un incredibile giro tra copertine colorate e buoni consigli da parte dei librai.
Piero Armenti, o meglio il suo blog Il mio viaggio a New York, è uno di quei profili social che seguo quotidianamente perché mi permette di essere lì, essere idealmente a Manhattan, nei luoghi più influenti del mondo. La sua intuizione, come raccontato nella intervista che gentilmente mi ha rilasciato lo scorso anno, è stata quella di inventarsi il mestiere dell’urban explorer, ovvero colui che va alla scoperta di tutti gli angoli e di tutti i posti di una città documentando tali scoperte attraverso un blog. E in questo senso New York è la città che più si presta a regalare centimetri su centimetri da scoprire ogni giorno.
A chi guarda, a chi segue il blog, non arriva un documentario, non arrivano immagini selezionate da catalogo vacanze, ma arrivano situazioni di vita vera. Il bello e il brutto di andare a cena in un ristorante, il bello e il brutto di una serata su un esclusivo rooftop, oppure il bello e il brutto di una passeggiata a Central park.
L’intuizione si è poi trasformata in lavoro, in un tour operator, in una guida turistica scritta secondo l’esperienza personale e ora in un romanzo.
Una notte ho sognato New York inizia con il protagonista che prende coscienza della sua voglia di provare a cambiare aria e di conseguenza vita. Cresciuto in un piccolo paese in provincia di Salerno, poco più che ventenne, si decide a fare un biglietto di sola andata per NY, nonostante le difficoltà della separazione dai genitori, del chiudere una relazione con la fidanzata, della poco dimestichezza con l’inglese e del visto valido soltanto per sei mesi.
Un viaggio fatto con lo scopo di trovare lavoro e vivere la vita fuori dai canoni imposti dalla normalità di un piccolo paese di provincia.
Il lettore viene letteralmente infilato nella valigia e portato attraverso tutte le avventure e tutte le peripezie che presto metteranno il protagonista al cospetto del cosiddetto sogno americano: a New York devi pensare in grande. Non puoi accontentarti di una vita vissuta senza lasciar traccia.
Tra personaggi incredibilmente curiosi e ben caratterizzati dall’autore, luoghi famosi della grande mela, ma anche angoli dimenticati dal cielo di Brooklyn, del Queens e del Bronxs, e il fascino dei soldi facili, si sviluppa una trama che non dorme mai, citando la celebre canzone di Frank Sinatra proprio dedicata alla città delle città.
Mi piacerebbe raccontarti di più, mi piacerebbe condividere l’entusiasmo con cui leggendo mi sono sentito al fianco del protagonista nei suoi momenti di euforia, ma anche in quelli di sconforto, ma come sai, caro iCrewer, c’è un filo sottilissimo oltre il quale non si può andare per non farti perdere il piacere della lettura.
Credo, immagino, che il protagonista de Una notte ho sognato New York sia proprio l’autore, anzi, non ci sono dubbi su questo, il dubbio che mi resta, invece, è quello di sapere quanto ci sia di vero in tutto quello che ha scritto, e quanto invece di romanzato. Dovrei contattarlo per una nuova intervista.
Il libro è ben scritto. Avvincente al punto giusto. Piero Armenti dimostra anche di saperci fare con la penna, alcuni passaggi mettono davvero i brividi, in particolar modo quelli in cui si ferma a riflettere sulle cose, sugli eventi e sulla vita. Mi auguro di cuore che durante la quarantena, che ahimè ha colpito duramente anche gli Stati Uniti, non avendo la possibilità di uscire a fare video e testimonianze, l’autore ne abbia approfittato per scrivere nuovi progetti e per perfezionare il suo già ottimo livello di scrittura.
UNA NOTTE HO SOGNATO NEW YORK: RIFLESSIONI
Come già detto, Una notte ho sognato New York, è un libro che va ben oltre l’aspetto “souvenir” in cui si rischia di incappare quando si parla di questa città. Il messaggio di fondo, almeno secondo la mia percezione, è quello per cui nella vita bisogna il più possibile avvicinarsi alla felicità e alla realizzazione dei nostri sogni.
Quanti di noi possono ritenersi davvero soddisfatti della vita che fanno?
Quante volte ci siamo trovati a pensare di essere inseriti in un ingranaggio dal quale è difficilissimo uscire? Un cartellino da timbrare, le ore di ferie, il pranzo alla domenica con la famiglia, la conta dei giorni che mancano alle vacanze sul calendario, le rate della macchina e del mutuo, e così via… vite e giornate che si fotocopiano nel comfort di una esistenza senza ambizione e senza coraggio.
Perché è di questo che si tratta: del coraggio. E avere coraggio non vuol per forza dire mollare tutto e andare a vivere oltreoceano, come succede in Una notte ho sognato New York, ma semplicemente fare delle scelte che vanno un passo oltre il nostro orticello. Pensare alla vita come possibilità e non sempre come timore di quello che potrebbe succedere.
Io in questo libro ho trovato una enorme spinta emozionale e motivazionale, forse perché già da tempo ho affrontato il mio viso riflesso nello specchio, prendendolo sulle spalle a volte per esultare e altre volte per offrirgli un sostegno. Ma anche se non sempre è tutto oro quello che luccica ho guardato oltre e mi sono sentito vivo.
Nessuno ha mai detto che sia facile, non lo è e non lo sarà nemmeno per il protagonista del romanzo.
Ma è incredibilmente vita!