Infinite esistenze all’interno di una piccola, fulgida rosa.
Oppure, una sola vita.
Una rosa per una vita.
Una rosa per la mia vita.
Caro iCrewer, oggi voglio parlarti di Niente da perdonare, il primo romanzo di Livia Snow.
E’ un libro che colpisce nel profondo, che smuove qualcosa nel nostro inconscio. Che sia la paura di morire, che segue Adam, il protagonista, come un’ombra fin dall’inizio del romanzo, o la sua voglia di vivere, di salvarsi, di poter parlare di futuro, non lo so. Ma la storia mi ha catturato, coinvolto, reso partecipe di ogni singola emozione di Adam, dalla gioia al pianto, dalla rabbia al rimorso.
Adam è giovane, terribilmente giovane, e sta per morire. I dolorosi cicli di terapia a cui si è sottoposto non hanno sortito alcun effetto. Sbalzi di pressione, capogiri, emicrania, debolezza e molti altri mali non hanno fatto che aumentare. In tutta quest’agonia, però, c’è qualcosa che lo aiuta, lo sostiene. Un bisbiglio vermiglio, il bisbiglio della rosa, che lo implora, lo chiama, lo sprona. Ed è per seguire quel sussurro che il ragazzo decide di mettersi in viaggio, perché fin quando la rosa sarà in vita, per lui ci sarà una speranza.
Tuttavia, non si tratta di un viaggio che può intraprendere da solo, la rosa è chiara su questo punto, così come lo era la storia che la madre raccontava ad Adam da bambino: il ragazzo ha bisogno di una guida, ha bisogno di Amelia, suo medico curante e donna di cui è innamorato. Per questo motivo, all’inizio del racconto, il giovane si trova nascosto nella macchina della donna, per rapirla, perché sa che è l’unico modo. Amelia non può ancora capire, non sente ancora la rosa.
E così partono per un viaggio apparentemente senza meta, tra strade deserte, caldo, afa, pioggia e brividi gelati lungo la schiena, inseguendo il richiamo di un fiore.
Più i chilometri scorrono e più ci si rende conto, i protagonisti quanto noi, che è in corso qualcosa di più grande, di più potente. Un mutamento inarrestabile. Cambiano gli occhi di Amelia; cambia il cuore di Adam, fino a renderlo in grado di affrontare il passato, tanto a lungo evitato.
Un libro potente, che colpisce allo stomaco. La suspance che lo permea rende impossibile estraniarsi, non immedesimarsi in Adam. E il passo da lì è breve: in men che non si dica si finisce per essere un tutt’uno con il protagonista, gioire con lui, soffrire con lui, cambiare con lui. Durante la lettura, mi sono trovata spesso a sussurrare: <<Dai, forza, resisti!>> quando sembrava che il ragazzo stesse per abbandonare il suo viaggio. Oppure <<Fermati! Non andare!>> quando Adam decide di affrontare le tenebre che li perseguitano.
I personaggi sono ben delineati, Adam più di Amelia. Non c’è da stupirsi di ciò, visto che il racconto viene narrato da Adam stesso e noi siamo messi a parte dei suoi pensieri, dei suoi ricordi, della sua paura. Lo osserviamo affievolirsi con il rinforzarsi della malattia; ribellarsi al suo destino, in nome della rosa; trovare una guida e un sostegno in Amelia. La dottoressa stessa subisce un mutamento. Finisce per aprire cuore, mente e spirito ad Adam e alla rosa. Per confidarsi e rendere più concreto un personaggio il cui schizzo iniziale era più vicino ad un’ideale, che ad un vero compagno di viaggio.
Non ho potuto fare a meno di notare, durante la lettura, la somiglianza tra la rosa di Adam e altri due fiori famosi. In primis, la rosa de La Bella e la Bestia, il cui richiamo è lampante, sia nelle prima pagine del racconto, in cui si dice che il tempo sta per scadere, che alla rosa è rimasto un solo petalo; sia nell’omonimia tra il protagonista e la Bestia. E poi la rosa de Il Piccolo Principe di Antoine de Sanit-Exupéry. Quest’ultimo legame è più forte: entrambe le rose sono la meta del viaggio; viaggio che è più un tornare a casa, piuttosto che un partire. Le rose sono la forza del Piccolo Principe e di Adam, sono ciò che li incoraggia, che li spinge a non mollare, che promette loro accoglienza e amore.
Un libro che tiene con il fiato sospeso; che cattura e non lascia più andare, fino all’ultima parola. Un libro che parla di amore per la vita, di amore perso e ritrovato. Di redenzione, perdono e speranza.
Livia Snow, originaria di Bologna, è prima di tutto un’accanita lettrice di horror e thriller. I suoi lavori originali sono accomunati dal tema psicologico e dalla presenza di un qualche qualche disagio psichico all’interno della trama. Proprio per questo l’autrice cerca di usare un tono il più rispettoso e sensibile possibile.
Niente da perdonare era stato precedentemente pubblicato con il titolo Credi, Amami finché posso amarti.