Caro lettore è un’analisi abbastanza complessa quella che mi sono posta di affrontare a riguardo del testo “Mia figlia è un’astronave” di Francesco Mandelli.
Questo libro mi ha fatto nascere tante emozioni tutte contrastanti tra loro e questa è certamente una grande dote, tuttavia custodisce degli elementi che mi hanno portato a un giudizio non proprio positivo.
Partiamo da una premessa, sinceramente sono molto restia a leggere i libri di persone famose in altri contesti, perché da scrittrice ho sempre pensato che questo genere di romanzi servisse solo a portare un po’ di guadagni alle case editrici.
Tuttavia il mio primo pensiero, appena iniziata questa lettura, è che il mio pregiudizio, come la maggior parte dei pregiudizi per altro, sia errato. Una cosa la voglio dire: questo romanzo è scritto bene. È ironico, pungente, scorre, veloce e ti invita alla lettura. Un’ottima opera curata nei dettagli.
Ma qual è il problema di questo romanzo?
Il suo problema è che ha un inizio fantastico. Il lettore si ritrova in sala parto, anzi il tutto parte dalle ore che precedono la sala parto, la protagonista Viola sta affrontando il travaglio che dura ormai da dodici ore, un travaglio molto innovativo per altro, perché si svolge in acqua e noi affrontiamo la sua esperienza dal punto di vista del suo compagno, Jacopo, che in questi momenti la sostiene come solo un vero uomo farebbe, ascoltandola, prendendosi insulti e cercando di far tacere le proprie paure per confortare la sua Viola.
Sono delle pagine scritte benissimo, con umorismo e che mi hanno portato alla memoria ricordi che da donna avevo soppresso, come la bandana che indossa l’anestesista durante il colloquio che avviene durante la preparazione al parto, questo tratto di storia ti fa pensare che quello che verrà dopo sarà bellissimo e tu amerai leggerlo. Invece non è così.
Perché la storia di Jacopo e Viola si sovrappone alla storia di Napo che, per carità, è importante per la narrazione, anche se devo dire che anche questo, ovvero che è importante per la narrazione, lo capisci solo verso la fine. Comunque, importante o no, il lettore passa dal parto di questa coppia che diventa un trio e si aspetta di leggere la loro storia, alla vita di Napo.
Napo è un personaggio che, preso di per sé e inserito in un altro romanzo, magari di genere rosa adolescenziale farebbe impazzire il mondo delle lettrici, perché?
È presto detto è il classico protagonista tutto fascino e sregolatezza, ha un ciuffo sul rosso, fa la rock star, soffre perché è appena stato mollato dal suo grande amore Elettra. Litiga con i genitori, è in guerra con il suo agente e il lettore entra in tutta una serie di situazioni che siamo soliti leggere nei romanzi adolescenti per l’appunto: droga, sesso, incomprensione, ecc…
Ora, la storia di Napo è anche interessante, come dicevo serve per la narrazione, ma non è quello che qui avrei voluto leggere. Qui avrei preferito trovare più capitoli dedicati a Viola e alla sua lotta per la propria emancipazione femminile.
Viola è un personaggio fantastico, anzi FANTASTICO! Lei è mamma, è donna, ma è anche chi porta lo stipendio a casa, è colei che deve inventare di essere diventata sterile, perché lotta per avere un contratto a tempo indeterminato, ecco ho usato il verbo giusto, Viola lotta! Anche Jacopo lotta, perché diventa un vero e proprio mammo, con tutte le fobie di noi mamme. Da mamma io avrei voluto sapere di più di questa Viola, perché sarebbero state le sue parole la giusta testimonianza, quel sassolino che smuove l’acqua.
Il capitolo finale è sublime, ma è troppo poco. Il tema finale è veramente carinissimo, ma anche qui la sensazione che mi lascia è che vorrei saperne di più e per questo dico è un romanzo con grandi potenzialità, ma che andavano sviluppate.
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