In questo thriller di Barbara Taylor Sissel abbiamo la vita di Lily Isley che sembra perfetta: un marito ricco, una cerchia di amici dell’alta società e un figlio praticamente perfetto, Axel, marine pluridecorato che sta per sposare l’amore della sua vita, Shea.
Ma quando una damigella d’onore viene uccisa nell’appartamento di Axel e il ragazzo è introvabile, tutto il mondo crolla addosso a Lily. I segreti di famiglia a lungo taciuti rischiano inevitabilmente di venire rivelati.
Dru Gallagher ha avuto una vita completamente diversa. Dopo che suo marito, colpito da sindrome da stress post-traumatico, ha minacciato di uccidere lei e sua figlia Shea, Dru è stata costretta a lasciarsi alle spalle il matrimonio e a rifarsi una vita altrove, sola con le proprie forze. Soprattutto ora che la migliore amica di Shea è stata trovata morta.
Thriller a tutti i costi
Cosa detesta un lettore di thriller? Il languore di storie sentimentali dal finale perfetto e prevedibile.
La prima cosa che mi sono chiesta dopo la parola “fine” è stata: perché mettere a tutti i costi il morto dentro un romanzo dai toni rosa?
L’idea potenzialmente interessante, resta sospesa a metà senza sviluppo né profondità.
Ho portato a termine con fatica la lettura di questo libro che in copertina si auto definisce “grande thriller”, ma a parte il ritrovamento delle due ragazze morte, siamo lontani dalla suspense attesa.
I cadaveri sono, come anche gli altri personaggi, senza spessore, tutto resta in superficie, non ci affezioniamo a nessuno, non ne conosciamo passioni né manie.
Tutto si regge su luoghi comuni, lacrimuccie e pacche sulla schiena, con un padre dalla doppia vita, che continua a chiamare “stella” la figlia attempata, e a confortarla con pacchette sulla schiena, anche nei momenti in cui vorremmo pathos e conflitto.
La storia finisce per il meglio, tutti perdonano tutti, e il matrimonio stellato si compie nella gioia assoluta (alla faccia delle due ragazze ammazzate).
Ma le ragazze, perchè sono morte?
Ce lo chiediamo anche noi.
La rabbia del figlio naturale estromesso dal testamento di famiglia non convince. Sembra il gesto inconsapevole di un dissennato, e un movente forte non viene fornito.
Delle ragazze assassinate in ogni caso, non sappiamo nulla. È come leggere un trafiletto sul giornale. La vita di ogni personaggio, è raccontata sempre da qualcun altro, come chiacchiere dal parrucchiere.
Ax, il reduce di guerra in Afghanistan, all’inizio principale indiziato, assente per tre quarti del romanzo, e quando appare, non esprime alcun dramma interiore, procedendo per frasi fatte sul perché si sopravviva in guerra, tra abbracci materni e sorrisetti d’incoraggiamento.
Insomma, se sei nata per scrivere come Liala, scrivi come Liala.
Il lettore, specie in un thriller, pretende cinismo e coerenza verso i personaggi. Li vuole vedere mentre affrontano i propri mostri interiori, sotto stress e con le spalle al muro, obbligati ad affrontare le estreme conseguenze.
Ne “La finestra sul parco”, l’unica vera vittima è il lettore, deluso nella speranza di un tardivo colpo di scena che salvi questa storia dai toni confetto.