Ciao iCrewer! Oggi sono qui per recensire la mia ultima lettura. Si tratta di un libro affascinante, coinvolgente, magico. Sto parlando di Gli occhi di Alice Gray, di Stacey Halls, pubblicato da Giunti Editore.
Ti dico la verità, mi sono molto arrabbiata mentre leggevo e, a discapito dell’apparenza, è una reazione molto positiva. Ora cercherò di spiegarti il perché.
Siamo in Inghilterra, nel Lanchashire del 1612, più precisamente a Gawthorpe. È qui che vive Fleetwood, nobildonna di diciassette anni, da quattro sposa di Richard Shuttleworth.
Quando la narrazione inizia, la giovane sta fuggendo, in lacrime, dal castello in cui vive: ha appena scoperto una lettera in cui il medico diagnostica la sua morte, in caso di gravidanza. Missiva di cui il marito era sicuramente a conoscenza, essendone il destinatario, ma di cui non ha mai fatto parola. E ora Fleetwood aspetta un bambino. Aspetta di nuovo un bambino.
Si, perché durante i pochi anni del matrimonio, la fanciulla ha già sopportato diversi aborti spontanei, ognuno più doloroso e atroce del precedente. Tuttavia, la necessità di Richard di avere un erede è addirittura più forte dell’amore per la propria moglie? La vita della ragazza conta davvero così poco?
Mentre tutte queste domande le affollano la mente, Fleetwood fa un incontro, nel folto del bosco: s’imbatte in una giovane dai capelli d’oro e gli occhi d’ambra.
Inutile dire che sarà la prima volta che i loro sguardi si incroceranno, ma non l’ultima, perché la sconosciuta si dimostrerà indispensabile per la giovane signora: si tratta di Alice Gray, levatrice che porta con sé le antiche tecniche di guarigione mediante le erbe, che si tramandano di madre in figlia.
Ben prendo, però, su Gawthorpe cala una nube oscura. In paese è stato denunciato un episodio di stregoneria. Il primo focolaio di un incendio che presto si propagherà, portando distruzione nelle vite di coloro che ancora custodiscono gli antichi insegnamenti della natura.
E Flettwood cosa farà? Quando le sembrerà di essere sola, ad un passo dalla morte, cosa sceglierà?
Nelle prime righe dicevo che questo libro mi ha fatto positivamente arrabbiare; ora sono pronta a spiegartene il motivo. Trattandosi di un racconto ambientato nel XVII secolo, è del tutto normale che le donne vengano considerate poco più di soprammobili, fattrici o, al primo cenno di originalità, streghe. Solo questa premessa basta a farmi vedere rosso, ti lascio immaginare com’è andata nel proseguo della storia. Ed è un fatto estremamente positivo e degno di nota, perché implica che l’autrice non è caduta nel facile tranello di rendere Fleetwood eroina indiscussa e senza macchia del romanzo. Per una donna, in quel periodo, sarebbe stato disdicevole parlare se non prima interpellata, figuriamoci prendere in mano le redini della vicenda e condurla con mano sicura nella direzione desiderata.
Stacey Halls è rimasta completamente coerente al contesto storico della narrazione, dando allo stesso tempo vita a un lavoro che riesce a dimostrare l’assurdità dei pregiudizi e la pericolosità dell’ignoranza e della sete di potere.
Uno stile scorrevole, fluido. Una narrazione realistica, che riesce a rendere partecipe delle vicende, quasi come se anche noi stessimo cavalcando nel bosco con Fleetwood, o fossimo anche noi incatenati dai suoi stessi incubi e dalle sue paure.
I personaggi principali, secondo me, sono Fleetwood e Alice. La giovane nobildonna è senza dubbio la personalità che più si evolve. Durante il racconto, passa dall’essere una spettatrice abbastanza passiva, a ribellarsi alle angherie che subisce, trovando la forza per portare avanti ciò in cui crede, anche quando la voce le trema e tutto, in lei, le urla di tornare indietro, a casa, di lasciar perdere. Delicata e gentile, dolce e determinata, riesce a farsi ascoltare, a convincere chi le sta vicino che lasciarsi accecare dalla paura è sbagliato.
Alice, invece, è una scoperta. Pian piano che la storia prosegue, sboccia, si dimostra essere uno spirito curioso, per quanto le ingiustizie della vita e la cattiveria degli uomini l’abbiano resa diffidente. Prende confidenza, si racconta e lascia intravvedere la parte di sé che ha bisogno di affetto e dolcezza, di un’amica.
Richard, a mio parere ha più il compito di mettere in moto gli eventi. È la variabile impazzita che rimescolare le carte in tavola.
Ho apprezzato davvero molto che, sebbene si tratti di un’opera d’invenzione, l’autrice si sia passata su fatti storici autentici, facendo rivivere personaggi che già una vita, in qualche misura, avevano probabilmente avuto un ruolo in queste vicende.
La cover, beh, è stata lei ad attirare, a invogliarmi a leggere questo romanzo, prima ancora di conoscere la trama. Meravigliosa.
In conclusione, proprio un bel romanzo storico.
Si, un bel romanzo, avvincente, scorrevole. Un piccolo commento sulla traduzione: non credo che nel 1612 si usasse il termine “stronza” , citato più volte nel romanzo.