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Recensione: Corpi di passaggio di Andrea Cedrola

Anna Francesca Perrone 6 anni fa Commenta! 3
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Corpi di passaggio di Andrea Cedrola è un romanzo ispirato ad un caso di cronaca realmente accaduto: il caso Montesi.

A metà tra giallo e cronaca, in questo romanzo finzione e realtà si rincorrono e si intrecciano, senza fondersi mai del tutto, rendendo, a mio parere, a tratti poco fluida la lettura.

Il caso Montesi si aprì nel 1953 dopo il ritrovamento del corpo esanime, sulla spiaggia di Torvaianica, della giovane e bella figlia di un falegname del Salario. Il mistero intorno alla morte di questa ragazza, appena ventunenne, divenne sempre più fitto, fino a divenire un vero e proprio caso. E si ingigantì talmente tanto da travolgere addirittura la vita politica italiana, nella persona del figlio di Attilio Piccioni, allora vicepresidente del Consiglio che, se nulla fosse accaduto, avrebbe dovuto succedere a Alcide De Gasperi.

Ma torniamo al romanzo, non ci sono protagonisti ma, appunto, corpi di passaggio: persone coinvolte più o meno da vicino dalla morte della ragazza, che nella finzione si chiama Ines: come Mariano Palumbo il suo fidanzato che da Potenza arriva alla stazione di Roma per riconoscere il suo corpo. Lui è convinto che sia stata ammazzata. La pensa come lui anche Gerardo Conforti, autista di un principe, che si improvvisa detective per provare che l’assassino è colui che ha ucciso suo padre anni prima. C’è poi la nipote di Conforti, Katia alla quale lui racconta, in un caldissimo giorno di luglio di diversi anni dopo, i risultati delle sue indagini.

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La tecnica narrativa utilizzata è il flash-back per raccontare la vita privata del protagonista e le sue ipotesi sul caso, intervallato dal dialogo e da parti degli atti giudiziari originali, riportati per supportare le tesi del protagonista. La trama è un susseguirsi di avvenimenti e di personaggi che passano e non lasciano alcun segno. Alcuni ambigui, altri potenti e senza scrupoli, tutti interessati solo al denaro e al successo. L’intento è quello di raccontare, utilizzando il genere giallo, l’Italia del dopoguerra, con le sue contraddizioni, i suoi vizi e i suoi sotterfugi per raggiungere il potere. In questo contesto Conforti narra la storia quasi come fosse una confessione, perché in fondo anche la sua vita non è stata priva di ombre.

Premetto che il giallo non è il genere che prediligo, ma il doppio piano narrativo che caratterizza questo romanzo non mi ha convinto. Una lettura in definitiva complessa, contorta.

In questo romanzo, comunque particolare, e non perfettamente rispondente ai canoni del genere giallo, il colpevole non è uno solo e quello che poteva essere lo “sfondo” della storia è invece protagonista: la società italiana degli anni Cinquanta.

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