Per questo venerdì in poesia che coincide con la festa più pazza dell’anno, “catartizziamoci” con allegria
Un altro venerdì ed eccoci qui… e mi è uscita anche la seconda rima baciata che in una rubrica di poesia ci può stare. Rima scontata e pure leggermente deficiente, dici tu? Come non darti ragione! Ma se ti sei accorto, se il tuo rapporto con il calendario è normale e non leggermente sfasato come il mio, oggi è venerdì grasso e quindi, il tono che vorrei dare a questo nostro appuntamento è scherzoso, ironico e forse anche burlone, almeno ci provo, non so se mi riesce, mi dirai tu poi, se ti va.
No, non meravigliarti anche la poesia può avere toni scherzosi, giocosi o burleschi, senza per questo perdere in valore o in profondità: diciamo che nasconde il suo messaggio sotto l’ironia, lo trasforma in burla. E non è scritto da nessuna parte che i poeti siano soltanto persone tristi, malinconiche, ripiegate sulle loro elucubrazioni mentali e che non amino divertire e divertirsi. Sensibilità fa rima anche con giocosità o con ilarità (e niente, abbi pazienza, oggi le rime escono così… sarà il carnevale…). Fra le pieghe dell’ironia, si celano delle verità che possono, sì, suscitare il sorriso o il riso ma che sanno comunque cogliere l’aspetto grottesco della realtà.
Senza volere andare troppo a ritroso nella storia della poesia, dalle ballate dei cantori medievali, alla poesia burlesca moderna, di acqua ne è passata sotto i ponti e il poetare si è adattato ai tempi, pur restando un moto dell’anima, un momento catartico, sublimato.
E a proposito di catarsi, proprio ieri, dando uno sguardo alla libreria di casa, ho ri-scoperto un titolo che effettivamente non avevo mai dimenticato per quello che mi era rimasto, qualche anno fa, leggendo il libro, si tratta di Poesie catartiche di Flavio Oreglio edizioni Mondadori: il titolo e il suo autore, sono tutto un programma, nel senso letterale del termine.
Flavio Oreglio, infatti, è uno che di programmi se ne intende perchè è il suo mestiere: chi non lo ha mai visto in quella trasmissione di pura comicità che rispondeva al nome di Zelig?
Nato a Peschiera Borromeo, Milano, nel 1958, laureato in biologia è stato insegnante di matematica e scienze. Pianista, chitarrista e cantautore per passione dal 1985, si è completamente dedicato allo spettacolo. Numerose le sue collaborazioni con altre personalità del teatro comico italiano e numerosissima la sua produzione letteraria: Scritti giovanili, Il momento è catartico, Poesie catartiche, Storia curiosa della scienza: la rivoluzione degli Arabi, Storia curiosa della scienza: dal tribunale dell’Inquisizione al tribunale della Ragione.
Poesie catartiche, con la prefazione di Alda Merini (tutta da meditare) nella bella edizione del 2003, cui ne sono seguite altre negli anni successivi, è racchiuso in un elegante cofanetto che include oltre al libro il CD, con lettura delle poesie dello stesso Oreglio.
Il libro è una miniera di comicità, poesia, aforismi, battute: tutta la vena comico-artistica di Oreglio si esprime senza lasciare nulla al caso: ed è veramente catarsi. Una catarsi che libera dall’ovvietà del quotidiano, cogliendone gli aspetti più grotteschi. Una vena ironica che sdrammatizza, alleggerisce, ridicolizza il precostituito con forza dissacrante.
Nei miei momenti di angoscia, lei è lì al mio fianco,
quando sono disperato, depresso, deluso, lei è lì al mio fianco,
quando sto male e piango, lei è li, al mio fianco…
Certo che questa qui porta una sfiga…
Le poesie di Flavio Oreglio sono brevi, sorprendenti, ironiche e dissacranti, la battuta finale arriva quasi tra capo e collo e suscita la risata improvvisa, liberatoria e catartica, appunto.
Tu non ti fermi alle apparenze,
tu non ti fermi davanti alle difficoltà,
tu non ti fermi davanti a niente
e io sono preoccupato
perchè in fondo alla via c’è lo stop.
… e a questa bella bella ironia dissacrante si può perdonare l’uso di qualche vocabolo non propriamente elegante nel contesto, (metto “qualche” in corsivo perchè in realtà sono poche le poesie in cui non è inserita una parolaccia). Nessuno, penso, si scandalizzi più: le parolacce sono, a pieno titolo, inserite nel contesto quotidiano della lingua parlata e anche scritta, ormai. Flavio Oreglio ne fa largo uso nel suo Poesie catartiche: la parolaccia che diventa traslazione, liberazione, catarsi, appunto.
“Il suo è il Vangelo del risibile, un aiuto per tutte quelle persone che ogni giorno muoiono sulla croce del vivere quotidiano senza neppure sapere perchè.”
Così si conclude la bella prefazione curata da Alda Merini, nel libro.
… e così concludo io, oggi, il nostro appuntamento settimanale, con un misto di risate, pianto e grottesco che ogni Carnevale quotidiano porta con se.
Mi ispira molto 🙂
Ne sono contenta… Grazie.
Eh si….devo dire che per la recensione di oggi , venerdi grasso, hai scelto una bella e divertente raccolta di poesie.. Hai ragione, perché credere che i poeti siano sempre seri tristi e malinconici?! Volevi dare un tono divertente a questo tuo comnento…e ci sei riuscita, scaturendo sorrisi, nel citare alcune delle poesie di Flavio Oreglio
Grazie Susi.
…anzi, grazie doppie per il tuo commento e per essere una affezionata lettrice delle nostre rubriche.