Inaspettato. Questo è l’aggettivo che userei, in prima battuta, per descrivere La pasticceria incantata di Gu Byeong-mo, romanzo tradotto da Dalila Immacolata Bruno e pubblicato da Mondadori. Mi aspettavo qualcosa di più simile a I miei giorni alla libreria Morisaki, e invece – e probabilmente giustamente – la lettura è stata molto più simile ad Artiglio di quanto mi aspettassi.
Abbiamo già parlato dell’autrice in occasione della recensione del suo primo libro tradotto in italiano – Artiglio, per l’appunto – ma credo sia giusto presentarla nuovamente. Gu Byeong-mo è nata a Seul nel 1976, si è laureata in letteratura e, prima di diventare una scrittrice, ha lavorato come editor. La pasticceria incantata (il titolo dell’edizione coreana è 위저드 베이커리 – Wizard Bakery) è stato il suo romanzo d’esordio, pubblicato nel 2009 e vincitore di svariati premi.
Lo sapevi che esiste una pasticceria che vende dolci… magici?
I dolci possono portare allegria, possono sollevare il morale, possono essere lo spuntino perfetto per un momento di fame improvvisa, ma possono anche avere effetti… indesiderati.
Il protagonista non lo avrebbe mai ritenuto possibile, prima di diventare responsabile del sito della pasticceria a neanche duecento metri da casa sua. Le vicissitudini che l’hanno portato a ricoprire quel ruolo si scopriranno pian piano, ma ciò che subito cattura l’attenzione è il menù: biscotti che fanno peggiorare le performance, pasticcini che promettono il buon avviamento di un’attività, pretzel per far sbocciare l’amore. Sembra che il pasticcere abbia un dolce per ogni esigenza e, ancor più strano, pare proprio che i prodotti realizzino ciò che promettono. Ma com’è possibile?
La pasticceria incantata di Gu Byeong-mo: la mia recensione
Leggere La pasticceria incantata di Gu Byeong-mo è stato un po’ come andare sulle montagne russe: osservi per un attimo la vetrina imbandita della pasticceria, cercando di capire se la lista di ingredienti fornita dal pasticcere sia una burla o la realtà, e l’istante dopo vieni catapultano nel passato del protagonista.
Non nascondo che mi ci sia voluto un po’ per entrare nel romanzo (per tutte le prime trenta pagine ammetto di aver pensato almeno un paio di volte “ma cosa sto leggendo esattamente?”), ma dopo esserci finalmente riuscita, non ho potuto smettere di leggere fino a quando non ho scoperto cosa stava succedendo.
Ho trovato molto interessante l’alternanza di eventi passati e presenti all’interno della narrazione, anche se ammetto che, soprattutto inizialmente, questi passaggi mi abbiano un po’ stordito. Tuttavia, con il procedere del romanzo, mi sono resa conto di come siano proprio questi cambi temporali a mantenere alto il ritmo all’interno del libro di Gu Byeong-mo. Così facendo, ogni nuovo dettaglio viene offerto al lettore quando meno se lo aspetta, spingendo a continuare di una pagina, e poi di un’altra ancora, perchè chissà cosa accadrà adesso?
Molto particolare è anche il fatto di aver lasciato i personaggi principali senza nome proprio. Sappiamo quello della matrigna e di sua figlia, ma il protagonista – che tra l’altro è anche la voce narrante – è sempre “il ragazzo”, oppure “tu”; lo stesso vale per il pasticcere e la sua aiutante. Si tratta di una caratteristica peculiare che, per quanto riguarda le mie letture ad oggi, ho riscontrato soltanto all’interno di romanzi di autori asiatici. Tuttavia, immagino che sia stato un dettaglio molto complesso da tradurre (perchè a un certo punto i sinonimi finiscono, e se non hai un nome per i personaggi, devi per forza inventarti un’altra strada).
Mi è sembrato, però, che il fulcro di La pasticceria incantata sia stato il tema della scelta, prima ancora del racconto delle vicissitudini del protagonista. I clienti scelgono di acquistare un dolce dai poteri magici, scelgono di recitare la formula, ma spesso dimenticano che così facendo accettano anche di farsi carico delle conseguenze delle proprie azioni.
Credo che la mancanza di responsabilità sia proprio una delle piaghe della nostra società, un’abitudine odiosa che a un certo punto è dilagata e che porta a minimizzare o a pretendere di scusare comportamenti, azioni o parole che sarebbe decisamente stato meglio non venissero realizzate (“sono solo ragazzi”, “non diceva sul serio”, “era solo uno scherzo”). Invece, come il pasticcere dimostra ampiamente, ogni azione ha le sue conseguenze e se tali conseguenze non aggradano, beh, forse era il caso di pensarci prima, no? Fatto il misfatto, non rimane che accettarne il risultato.
L’unica nota dolente – ma neanche poi così tanto – del romanzo di Gu Byeong-mo è stata lo stile. Ovviamente si tratta di un’opinione completamente personale, ma a tratti mi è sembrato quasi che lo stile di scrittura avesse bisogno di essere… sbozzato? Levigato? Che fosse un attimo troppo artificioso per scorrere fluidamente.
Tuttavia, ciò non toglie che La pasticceria incantata di Gu Byeong-mo sia una lettura coinvolgente, perfetta per chi desidera qualcosa di non troppo lungo e di sorprendente. Unica attenzione: ogni tanto alcune scene contengono elementi forti o che potrebbero disturbare.
Di cosa parleremo nell’appuntamento di gennaio?
Anche nel prossimo appuntamento parleremo di letteratura coreana, con il romanzo Il grande magazzino dei sogni di Lee Mi Ye, pubblicato da Mondadori. Chissà se questo libro ci regalerà l’atmosfera calda e accogliente che promette la copertina!