Nel panorama della lingua italiana, il linguaggio inclusivo emerge come un terreno di dibattito e innovazione, riflettendo le mutevoli dinamiche della società contemporanea. Questo approccio mira a superare le barriere di genere, orientamento sessuale, identità di genere, etnia e altre forme di discriminazione attraverso l’adozione di una comunicazione che rispecchi la diversità e promuova l’inclusione.
Il dibattito sul linguaggio inclusivo
Le origini del movimento
Le radici del linguaggio inclusivo affondano nelle rivendicazioni del femminismo, che ha evidenziato le disuguaglianze linguistiche presenti nella lingua italiana, dove il maschile spesso assumeva una valenza universale, mentre il femminile veniva relegato in una posizione subordinata. Nel corso del tempo, questo ha portato alla formulazione di proposte rendere il linguaggio più equo e rispettoso della diversità di genere.
Le principali proposte linguistiche
La maggiore iniziativa riguarda l’abolizione del maschile sovraesteso (quando, per capirci, si dice “gli studenti” per indicare studenti e studentesse, o – in un caso estremo ma non infrequente – “gli uomini” per indicare uomini e donne). A questo proposito sono state proposte varie soluzioni, ciascuna con i suoi pro e contro.
Al posto della i finale nella parola attori, ad esempio, è stato suggerito che si potrebbe utilizzare:
- L’asterisco * come in student*
- Lo schwa ə come in studentə
- L’assenza di desinenza come in student
- La lettera U come in studentu
Tutte queste soluzioni manifestano varie problematiche. L’asterisco e lo schwa sono simboli che non appartengono al nostro alfabeto e che (soprattutto per quanto riguarda il primo) non sapremmo come pronunciare; ma anche le altre due forme sono, al momento, sentite dai parlanti italofoni come irricevibili, e soprattutto non risolvono altre questioni come ad esempio quella dei nomi con radice diversa al maschile e al femminile (quale sarebbe il plurale con -u della parola attore/attrice?) o di nomi troppo brevi (quale sarebbe il plurale senza desinenza di zio?).
Altra problematica, infine, è quella degli articoli e dei pronomi: come gestire un plurale inclusivo di una frase come “i miei maestri incontrano i tuoi studenti?” è evidente che né una formulazione del tipo: “* mi* maestr* incontrano * tu* student*” sarebbe difficilmente ammissibile all’orale.
Al momento dunque l’opzione che sembra prevalere (benché con molte difficoltà) è quella che prevede il raddoppiamento dei nomi, sulla falsariga di: “Care tutte, cari tutti” (a inizio di una e-mail), oppure “gli studenti e le studentesse”. Le difficoltà però, in questo caso, sono di altro tipo: in primo luogo si potrebbe obiettare che questa soluzione non è pienamente inclusiva, perché lascia da parte coloro che non si sentono rappresentati né dal genere femminile né da quello maschile. E inoltre, pur se pienamente ammessa dalle regole dell’italiano, alla lunga potrebbe dare ai testi un’eccessiva pesantezza.
Un breve paragrafo di questo tipo: “I maestri dissero ai loro alunni che i più irrequieti sarebbero stati puniti” diventerebbe infatti: “I maestri e le maestre dissero ai loro alunni e alle loro alunne che i più irrequieti e irrequiete sarebbero stati puniti e punite”. Molto, molto laborioso.
I maggiori esponenti del movimento
Tra le principali esponenti del movimento per il linguaggio inclusivo in italiano, spiccano le figure dell’attivista Maria Beatrice Giovanardi, che ha contribuito in modo significativo alla diffusione di questa pratica attraverso il progetto “Non una di meno”; della sociolinguista Vera Gheno, esperta di comunicazione digitale che vanta una ventennale collaborazione con l’Accademia della Crusca e che ha scritto di questi argomenti anche nel bel volume del Post “Questioni di un certo genere“; e di Giulia Blasi, scrittrice e giornalista ampiamente implicata in questioni di questo tipo.
Oltre ai contributi individuali, il linguaggio inclusivo ha trovato sostegno anche in istituzioni accademiche e organizzazioni non governative, che hanno promosso studi e campagne per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di un linguaggio rispettoso della diversità.
Contro l’adozione di un linguaggio inclusivo
Tuttavia, il percorso verso l’adozione diffusa del linguaggio inclusivo non è stato privo di criticità. Alcuni hanno sollevato dubbi riguardo alla praticità e alla coerenza linguistica delle proposte inclusive, sostenendo che queste potrebbero compromettere la chiarezza e l’efficacia della comunicazione. Altri hanno evidenziato il rischio di cadere in eccessi che potrebbero escludere involontariamente alcune comunità o rinforzare stereotipi.
La petizione lanciata nel 2022 su change.org dal linguista Massimo Arcangeli, “Lo schwa (ə)? No, grazie. Pro lingua nostra” ha superato le 23.000 firme, tra cui quelle di Luca Serianni, Claudio Marazzini, Francesco Sabatini, Alessandro Barbero e Ascanio Celestini, per citare solo alcuni nomi.
Conclusioni
Nel contesto italiano, dunque, il dibattito sul linguaggio inclusivo è tuttora in corso, con diverse proposte e approcci che coesistono e si confrontano. Se l’adozione di un linguaggio rispettoso della diversità rappresenta un passo significativo verso la costruzione di una società più tollerante, la storia ha anche ampiamente dimostrato che, per essere accolta dai parlanti, una proposta linguistica deve poggiare su solide basi. E finora nessuna di quelle sul tavolo si è dimostrata abbastanza forte da poter vincere la partita.