Buongiorno iCrewer! In questo tardo pomeriggio di sabato, è arrivato di nuovo il momento della rubrica Libri, vip e non solo. Oggi, a occupare la scena è Carlo Verdone, con il suo ultimo libro, pubblicato da Bompiani: La carezza della memoria.
Per prima cosa, però, conosciamo meglio questo autore, che è anche un notissimo attore, regista, sceneggiatore e comico.
Carlo Verdone
Figlio del grande storico del cinema Mario Verdone, Carlo Verdone nasce a Roma nel 1950. Per tutta la prima parte della sua vita, il pensiero di fare l’attore non lo sfiora neanche lontanamente, tanto che, dopo il liceo, si laurea all’Università degli Studi di Roma La Sapienza in Lettere Moderne.
Intanto, però, si diploma anche in regia al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove ha avuto la possibilità di incontrare Roberto Rossellini. Si diletta nelle riprese di qualche cortometraggio, ma approda davvero su un palco con il cabaret. Da lì, il passo al piccolo schermo è breve.
A trascinarlo nell’ambiente del cinema è Sergio Leone, che rimane affascinato dalle sue performance e lo introduce al lavoro del regista. Pian piano, con il tempo, dalla scena prettamente comica, Carlo Verdone vira verso la più classica commedia all’italiana, fino a spostarsi, negli ultimi tempi, ai temi della modernità, del cinismo, degli eccessi della società e del disagio dell’individuo.
Con la carta stampata, le sue esperienze non si limitano al nuovo La carezza della memoria, visto che Carlo Verdone ha pubblicato anche La casa sopra i portici.
La carezza della memoria: trama
La famiglia, gli affetti, le passioni, gli amici, la gente strana che s’incontra per caso: un grande autore e regista condivide momenti del suo mondo e della sua memoria affidandoli alla parola scritta. Un memoriale cordiale e affettuoso, arguto e melanconico.
Fotografie. Nascoste dentro cassetti, infilate nelle pagine di vecchi libri, ammucchiate alla rinfusa in uno scatolone. La memoria è una scatola. Aprirla, guardare, ricordare, raccontare sono atti naturalmente concatenati in questa raccolta di storie e racconti di Carlo Verdone.
L’attore e regista aveva già lavorato sulla memoria ne La casa sopra i portici, pubblicato da Bompiani nel 2012, ritornando nelle stanze della casa di famiglia e ascoltando le vicende evocate da quel luogo. Nel suo nuovo libro è il disordine delle immagini in cui si imbatte, immagini dal passato, ad accendere la narrazione.
Ogni racconto è un momento di vita vissuta rivisitato dopo tanto tempo: dal legame col padre ai momenti preziosi condivisi con i figli, dai primi viaggi alla scoperta del mondo alle trasferte di lavoro, dalle amicizie romane a un delicato amore di gioventù. Ovunque, sempre, il gusto per l’osservazione della commedia umana, l’attenzione agli altri – come sono, come parlano, come si muovono – che nutre la creazione dei personaggi cinematografici, e uno sguardo acuto, partecipe, a tratti impietoso a tratti melanconico su Roma, sulla sua gente, sul mondo.
Leggendo queste pagine si ride, si sorride, ci si commuove, si riflette; si torna indietro nel tempo, si viaggia su treni lentissimi con compagni di viaggio sorprendenti, si incontrano celebrità e persone comuni, ugualmente illuminate dallo sguardo di un artista e di un uomo da sempre attento, per indole, vocazione e professione, all’altro da sé.
Un estratto
Il vagone era quasi vuoto, la condizione ideale per affrontare un viaggio lunghissimo, di sette ore e per riflettere sulle mie effettive ambizioni. Avrei percorso la tratta tirrenica passando per Civitavecchia, Grosseto, Livorno, Genova, poi Alessandria, e infine Torino. La sera prima, papà mi aveva raccomandato di osservare bene il paesaggio tra Grosseto e Livorno, che era stato più volte il soggetto di alcuni grandi macchiaioli come Fattori, Abbati e Borrani.
Sarebbe stato un buon diversivo, la ragione per concentrarmi su qualcosa di piacevole, ma disgraziatamente alla stazione di Civitavecchia salì un gruppo di parà della Folgore. Erano una trentina. Riempirono tutto il vagone e fecero un casino pazzesco. Altro che contemplazione del paesaggio… fu tutto un susseguirsi di urla, scherzi, inni alla fica, canti militari, birre, gazzose e panini con la mortadella. Me li sorbii fino a Pisa, dove finalmente scesero, lasciando il vagone invaso dal fumo delle centinaia di sigarette che avevano consumato.
Grazie a Dio (è il caso di dirlo) l’atmosfera cambiò, perché salirono una decina di suore Carmelitane che con compostezza presero posto sui sedili. Dal baccano si era passati al silenzio mistico.