Oggi, con Libri dalla Storia, ho deciso di fare un nuovo salto nella mitologia. Tuttavia, avendo già parlato di quella greca, ho pensato che potesse essere interessante cambiare continente. Per questo, voliamo alla scoperta della storia antica e dei miti del Giappone, grazie a Kojiki. Un racconto di antichi eventi.
Si tratta di un testo che non solo racchiude miti e leggende, ma narra anche le vicende dei primi imperatori dell’arcipelago, dalla nebbia del racconto orale, fino al regno della storia supportata da reperti anche archeologici.
Kojiki. Un racconto di antichi eventi
Scritto all’incirca intorno al 712 d.C. da Ō no Yasumaro, il Kojiki è il primo documento scritto in cui non solo si narrano i miti cosmogonici (della creazione) dell’arcipelago, dei fondatori della discendenza Yamato (quella da cui deriva la casata imperiale tutt’ora al potere), ma che contiene anche i primi esempi di lingua giapponese scritta.
Tutto ha inizio quando le divinità Izanami e Izanagi vengono incaricate di scendere sulla Terra e dare inizio alla vita. Diciamo che il loro primo tentativo non va esattamente a buon fine (non rispettano il corretto protocollo di comportamento), ma poi recuperano, facendo nascere il mare, le isole del Giappone, la terra, le piante e così via. Grazie a loro il mondo si popola di divinità, ognuna delle quali contribuisce alla creazione.
Tuttavia, nel dare alla luce il dio del fuoco, Izanami perisce. Izanagi, distrutto dal dolore e non intenzionato a lasciare andare la sua sposa, si reca nel regno dei morti, pronto a tutto per riportarla indietro. Quando però ci giunge, scopre che lei si è già cibata dei frutti del regno degli spiriti. Izanami potrà tornare tra i vivi solamente se, durante il cammino, Izanagi procederà davanti a lei, senza mai voltarsi indietro.
Puoi immaginare come va a finire la storia: così come Orfeo, Izanagi si volta prima che entrambi abbiano completamente lasciato il mondo dei morti, scorgendo le vere sembianze della sua sposa. Il corpo di lei si sta già disfacendo, vittima della putrefazione, banchetto degli insetti. Izanami s’infuria per essere stata vista in quelle condizioni (e chi mai non farebbe lo stesso?) e, con l’aiuto di svariate altre creature, si dà all’inseguimento del marito (anche se ormai credo sia più giusto definirlo ex-marito).
Fortunatamente, Izanagi riesce a fuggire e a mettersi in salvo nel regno dei vivi. Sentendosi sudicio e rabbrividendo ancora per ciò che ha visto, egli compie dei rituali di purificazione nelle acque gelide del fiume e, proprio da questi gesti sacri hanno origine nuove divinità. Una tra tutte spicca: Amaterasu-ō-mi-kami (per gli amici, semplicemente Amaterasu), la dea del sole la cui discendenza è scesa sulla terra e, si narra, e da essa ha acuto origine la dinastia degli Yamato (gli imperatori).
Ovviamente, tra la creazione della prima divinità e la discesa del nipote di Amaterasu sulla terra succedono molti altri fatti – offese gravissime, il mito da cui si fa discendere l’origine del teatro, ecc. – ma ti lascio il piacere di esplorarli.
La seconda parte del Kojiki è più concentrata sulla storiografia, sull’elencazione dei nomi e delle gesta degli imperatori, facendo un lungo e dettagliato (a volte mooolto dettagliato) elenco.
Qualche curiosità linguistica
Un aspetto in particolare del Kojiki mi ha davvero stupito e incuriosito. Forse fino a questo momento non te lo sei mai chiesto ma, sai in che lingua è scritto? Putroppo no, “In giapponese” non è la risposta corretta (sarebbe stato troppo facile altrimenti, non trovi?).
I reperti archeologici raccontano che nel Giappone antico vi fu un solo tentativo autoctono di inventare un sistema di scrittura, e aveva fini puramente commerciali. La scrittura vera e propria è giunta dal continente, dalla Cina e inizialmente era strettamente legata alla lingua cinese. Il processo che ha portato alla formazione del sistema di scrittura del giapponese odierno – formato da kanji, i caratteri cinesi, e dagli alfabeti sillabici hiragana e katakana – è stato un percorso praticamente millenario, che ai tempi del Kojiki era ancora agli albori.
E allora, Ō no Yasumaro come ha composto quest’opera? Adoperando tre diversi sistemi di scrittura, in due lingue distinte.
La prefazione del Kojiki, infatti, è stata composta in cinese classico puro, ossia la lingua cinese esattamente com’era giunta dal continente. Il testo in prosa, invece, è scritto nello stile che prende il nome di Hentai kanbun, e si trova a metà tra il giapponese e il cinese (utilizza quasi esclusivamente caratteri cinesi, ma è adattato a livello grammaticale al giapponese, ad esempio non rispettando l’ordine sintattico della lingua continentale).
Infine, i centododici componimenti poetici che punteggiano le pagine del Kojiki sono stati riportati facendo uso del Man’yōgana, il primo sistema di scrittura della lingua giapponese, che consisteva nell’utilizzare i caratteri cinesi non in base al loro significato, ma a seconda del loro suono. Si sceglievano, quindi, i kanji migliori per riprodurre la pronuncia di quella determinata parola della lingua giapponese, senza badare minimamente a cosa volessero dire (giusto un attimo complicato, no?).
Si può quindi dire che di tutto il Kojiki, solamente i componimenti poetici sono effettivamente scritti in giapponese.
La trama
Il Kojiki prende forma negli ambienti della corte dinastica giapponese tra il finire del VII secolo e l’inizio dell’VIII. In quei decenni fondamentali nella storia del Giappone la centralizzazione del potere politico si accompagna a cruciali cambiamenti nella cultura dominante. Il modello della civiltà cinese tende a diventare egemone in tutti i campi del sapere e a imbrigliare nei propri canoni stilistici anche la lingua scritta ufficiale.
Il Kojiki (letteralmente “vecchie cose scritte”) si discosta da questa tendenza omologatrice anche perché la sua scrittura nasce dall’oralità. L’opera dà infatti verosimilmente asilo alla recitazione, forse mnemonica, fatta da Are a Yasumaro che la redige, della revisione di documenti obsoleti “restaurati” su progetto del sovrano Tenmu.
Il risultato è un testo in cui troviamo, in germe o già in fiore, forme e contenuti che hanno ispirato molta arte, in primo luogo letteraria, dell’arcipelago. Ed è anche la più antica documentazione esistente della cultura giapponese, una miniera dalla quale hanno attinto informazioni filologi, storiografi antropologi, filosofi, teologi, politici.