Caro Icrewer,
nell’appuntamento odierno con Libri dalla Storia voglio raccontarti di una donna che, a suo modo, la Storia l’ha davvero scritta.
Per farlo ci sposteremo oltre le terre europee per addentrarci nel Lontano Oriente e nei suoi mari pieni di pericoli e soprattutto di…pirati!
Ebbene sì, quella di oggi è la storia di una piratessa nota come Ching Shih. Non si tratta di un pirata qualunque ma una delle poche donne a poter concorrere per il titolo di Regina dei Pirati!
Se ti ho incuriosito allora mettiti comodo e preparati a scoprire di più su questa donna dalla vita assai avventurosa!
Donne e pirateria
Se ti affascina il mondo dei pirati e sei desideroso di andare oltre gli stereotipi letterari e soprattutto cinematografici e scoprire chi erano davvero i pirati, ti segnalo la lettura di Storia della Pirateria di David Cordingly ed edito da Mondadori.
Prima di scoprire di più sulla piratessa Ching Shih è doveroso fare alcune precisazioni riguardo le donne e la pirateria.
A dispetto dell’Occidente, la presenza di donne sulle navi che solcavano i mari cinesi non era cosa rara. Molti pirati, infatti, portavano con sé le proprie mogli (spesso prigioniere di guerre) e affidavano loro ruoli anche piuttosto importanti sul proprio veliero.
Molte di loro, come raccontano diversi storici cinesi, governavano navi e imbarcazioni di vario e partecipavano attivamente agli scontri navali dove sfoggiavano un impareggiabile spirito combattivo.
In una cronaca di inizio Ottocento, ad esempio, lo storico cinese Yuan Yung-Lu racconta:
Su una barca vi era la moglie di un pirata, che teneva il timone tanto stretto da non poter essere staccata. Avendo due coltellacci, si difese disperatamente, e ferì alcuni soldati; ma dopo esser stata colpita da un proiettile di moschetto, cadde nell’imbarcazione e fu fatta prigioniera.
Di piratesse, insomma, i mari della Cina erano pieni. Ma nessuna di loro raggiunse mai il successo e la fama che Ching Shih riuscì a conquistare.
Ching Shih, l’ascesa al potere
Ching Shih nacque nel 1775 in un paesino sconosciuto nel sud della Cina. La sua famiglia era poverissima e apparteneva ad una casta sociale talmente bassa e considerata così impura che non era loro permesso neanche toccare terra.
Per questo Ching Shih ha vissuto, sin dall’infanzia, a contatto con l’acqua in case galleggianti o su giunche (piccole navi tipiche dell’Estremo Oriente) improvvisate.
A soli tredici anni è costretta a lavorare su bordelli galleggianti dove può sfoggiare non solo la sua straordinaria bellezza fisica ma anche molte altre abilità.
Dotata di carisma e “senso degli affari” riuscì a fare ben presto “carriera” all’interno di quei bordelli e cominciò ad incontrare personalità di spicco e di grande influenza sui mari cinesi.
Tra questi c’era Ching Yi, uno dei pirati più potenti dell’epoca, il quale si invaghì della donna a tal punto che nel 1801 la rapì e la condusse a bordo della sua nave per sposarla.
Ma la giovane Ching Shih non sarà soltanto la brava e sottomessa moglie che tutti si aspettano. Il nome Ching Shih, infatti, in cinese significa semplicemente “moglie di Ching”.
La “signora Ching” affiancò per alcuni anni il marito nelle sue scorribande lungo le coste cinesi dando sin da subito prova di grande acume ed intelletto così che, quando nel 1807 il marito morì, per lei fu relativamente facile prendere il controllo della sua flotta.
Nel resoconto di uno dei prigionieri dei pirati si racconta di come la vedova Ching, dopo la morte del marito, salì sul ponte della sua nave proclamandosi nuovo capitano con queste parole:
Guardatemi, capitani, il vostro comandante era d’accordo con me. L’equipaggio più forte è quello che obbedisce ai miei ordini. È quello che ha conquistato più bottini. Credete forse che mi arrenderò davanti a un capo uomo? Mai!
Ching Shih, la regina dei pirati
Ching Shih riesci, grazie al suo carisma e ad un matrimonio strategico con il figlio adottivo del precedente marito, ad imporre la sua autorità su tutti i componenti della sua flotta.
Grazie alla sua gestione illuminata e particolarmente oculata riuscì a costruirsi un vero e proprio impero marittimo che si fondava non più soltanto su razzie e saccheggi (temutissime da tutte le città costiere) ma anche su un complesso sistema di pedaggi e mazzette.
La flotta del marito crebbe a dismisura e arrivò a contare più di 15 000 navi e circa 80 000 pirati! Si tratta di cifre davvero esorbitanti che nessun altro pirata riuscì mai ad eguagliare.
A titolo d’esempio, il pirata Barbanera, il più famoso tra i pirati occidentali aveva una flotta di soli quattro navi e poco più di 300 uomini.
Ma la piratessa non usava il “pugno di ferro” solo con i suoi nemici ma anche con i suoi alleati. Tutti gli storici cinesi riportano che il suo Codice della Pirateria (una sorta di costituzione dei pirati) era particolarmente efficiente.
Il Codice puniva severamente i pirati che trasgredivano le sue leggi ma si dimostrava particolarmente clemente e protettivo verso i prigionieri, soprattutto i più deboli. Ecco alcune delle sue regole:
- A chiunque lasci la nave senza permesso saranno tagliate le orecchie pubblicamente. I disertori e i recidivi puniti con la morte
- Il bottino viene accuratamente registrato e il venti percento distribuito tra i pirati mentre il restante conservato nei magazzini della flotta. Il furto del più piccolo oggetto era punito con la morte
- I pirati che violentano le prigioniere sono condannati a morte. Se il rapporto è consenziente entrambi venivano messi a morte.
- Durante i saccheggi era proibito infierire su donne e bambini che venivano fatti prigionieri e condotti sulle navi in attesa dei riscatti.
L’imperatore cinese non riuscì a fronteggiare l’enorme esercito pirata della vedeva Ching neanche col sostegno delle navi europee i cui traffici europei erano ugualmente danneggiati.
Le autorità cominciarono allora a corrompere i pirati di Ching offrendo loro ricchezze per indurli a disertare. Soltanto allora la piratessa decise di scendere a patti con il governo cinese.
Al primo incontro fu chiesto a Ching Shih di smantellare la sua flotta e di cedere tutte le sue richieste. La piratessa non solo rifiutò ma diede alle fiamme un villaggio vicino costringendo il governo cinese ad accettare le sue richieste:
La maggior parte della sua flotta viene graziata e arruolata nell’esercito imperiale potendo conservare le proprie ricchezze a patto che consegnasse armi e navi.
La stessa Ching Shih si stabilì a Macao nel 1810 dove diresse un bordello e diversi altri locali mentre gestiva segretamente anche i traffici illegali di oppio e sale.
La piratessa morì serenamente a 69 anni. Sebbene del suo impero pirata rimaneva ben poco, Ching Shih è una delle poche a vantare una fine simile: estremamente ricca, serena e soprattutto…libera.
E questo basta, certamente, per farla entrare nella leggenda.