Ho come la sensazione, carissimo iCrewer, che la parola più inflazionata dell’ultima settima sia stata libertà. Una parola bellissima, a mio avviso la più bella dell’intero vocabolario, se non altro una di quelle che insieme ad amore e poche altre si contengono il primato.
Libertà e amore: un connubio che sarebbe in grado di far ruotare il mondo senza farlo mai inceppare; la miscela perfetta per ottenere una terza parola che solo a pronunciarla fa stare bene: felicità. Perché nel mio immaginario funziona proprio come per i colori: come mescoliamo il giallo con il blu per fare il verde, così si uniscono la libertà e l’amore per dar vita alla felicità.
Questa miscela, poi, usata come polverina magica da distribuire sopra le nostre giornate, fa che si che la vita che viviamo sia appagante, serena e con un senso capace di riempire la nostra indole più remota.
Libertà e amore: la ricetta per la felicità?
Non voglio fare lo psicologo, sia chiaro. L’incipit così diretto di questo articolo in realtà non ha fondamenta così solide che lo sostengono. Tutto andrebbe rivisto con un grosso punto di domanda alla fine, e, come sempre, condiviso con te lettore che grazie al tuo contributo ci aiuti a cercar risposte su questi grandi temi che ogni tanto mi affliggono le giornate.
A questo punto qualcuno potrebbe chiedermi ma perché non ti leggi un libro divertente e basta? Gli risponderei che ha ragione.
E invece è da qualche giorno che penso alla parola libertà. L’abbiamo sentita ripetere a tutta forza domenica, in occasione delle celebrazioni per il 25 Aprile, insieme alla parola memoria, e l’abbiamo sentita gridare al cielo lunedì, come reazione alle prime riaperture in tutte le zone gialle del paese, insieme alla parola ripartenza.
Apro una piccola parentesi. Quanto mi fa impressione parlare di zone colorate come un dato di fatto ormai insito nelle nostre vite, senza dover argomentare per spiegare di cosa si tratta. Chiudo la piccola parentesi.
La prima domanda che mi pongo, dunque, è se la libertà si debba sempre affiancare a un’altra parola? Che significa essere libero?
Di sicuro ci sono tanti punti di osservazione della libertà: liberarsi di una dittatura, liberarsi delle restrizioni necessarie al contenimento del Covid, sentirsi libero di fare questo o quello, liberarsi di un peso morale, liberarsi dalla catene e via dicendo. Quel che salta all’occhio è che sempre, e sottolineo sempre, la parola libertà spinge verso un miglioramento rispetto alla situazione di partenza.
Ecco perché ritengo la libertà la più nobile delle condizioni umane. Mi rendo conto che sono soltanto considerazioni strampalate e superficiali, scritte di getto e in piena libertà, che necessiterebbero adeguati approfondimenti, che forse non sarei nemmeno in grado di fare, però, mi piace sottolineare che ogni volta che sentiamo venir meno questa sensazione di essere liberi da vincoli o da obblighi, avvertiamo nascere dentro di noi una fiammella malsana che sfocia in frustrazione e altre sensazioni poco piacevoli.
Credo sia semplice da capire. Provo a spiegarmi con un esempio semplice e banale: pensa caro iCrewer a come ti senti quando sei in vacanza rispetto a quando passi la tua giornata al lavoro. È tutta in quella differenza secondo me, l’anima della libertà. Fermo restando che si tratta davvero di un esempio terra terra, visto che ci sono situazioni e criticità nella storia del mondo che vanno ben oltre al capriccio e richiamano alla libertà con la L maiuscola.
Libertà e amore: l’isola delle Rose
Mi rendo conto di essere partito per la tangente e di aver accantonato per qualche periodo il tema della libertà che mischiata con l’amore crea la felicità. È un pensiero, o meglio un interrogativo, a cui ho iniziato a pensare la scorsa sera dopo aver visto il film L’incredibile storia dell’isola delle rose su Netflix. Un film che mi è piaciuto tantissimo e che ha ottenuto voti altissimi anche dai ragazzi della nostra redazione di cinema.iCrewplay.
La pellicola, diretta da Sydney Sibilia, narra la vicenda della isola/piattaforma creata dall’ingegnere Giorgio Rosa appena fuori dalle acque italiane in linea d’aria davanti a Rimini. Si tratta di fatti realmente accaduti nel 1968, anche se il film – che ha fatto incetta di candidatura ai prossimi David di Donatello – si è preso qualche licenza rispetto alla vera cronologia dei fatti.
Giorgio Rosa decide di costruire una piattaforma appena fuori dalle acque italiane, e di farla diventare un microstato. Un piccolo stato indipendente dove la parola d’ordine è libertà. Seppur regolato da un governo e abitata da pochissimi cittadini, l’isola delle Rose diventa un’attrazione turistica visitata da centinaia di ragazzi ogni giorno.
Presto la politica internazionale si interessa a questa idea stravagante e inevitabilmente questo elogio della libertà inizia a diventare un problema. Lo sviluppo della trama te lo lascio immaginare…
Ma perché fa così tanta paura la libertà? Mi viene in mente un bellissimo dialogo all’interno del film Easy Rider, forse uno dei più clamorosi manifesti cinematografici dell’essere liberi e del non omologarsi agli altri. Ti consiglio di fare una ricerca on line per ascoltare il dialogo, lo trovi facilmente.
Tornando all’isola e al progetto durato solo qualche mese dell’ingegnere Rosa, nel film è evidente che la spinta più importante che lo induce a realizzare la piattaforma è l’amore. Il voler stupire la ragazza che ama dimostrandole che lui è destinato a grandi cose che vanno in un altra direzione rispetto ai soliti stereotipi della vita.
Ecco dunque tornare il binomio libertà e amore che in questa vicenda contribuisce davvero a creare la felicità.
Ho fatto qualche ricerca e ho scoperto che c’è anche un libro che racconta le vicende de L’isola delle Rose, uscito per Persiani Editore lo scorso mese di dicembre. Una sorta di memoriale che raccoglie la testimonianza di Giorgio Rosa, scomparso nel 2017, in merito a questa curiosa e affascinante vicenda accaduta ormai più di cinquanta anni fa.
Una vicenda, a dire il vero un film, che come detto mi ha fatto sorgere queste domande e queste riflessioni.
E tu, amico lettore, cosa ne pensi?
Sono davvero l’amore e la libertà gli ingredienti della felicità?