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Lettura: La scrittura in corsivo, ricordi evanescenti del 1900
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La scrittura in corsivo, ricordi evanescenti del 1900

Francesca Del Campo 4 anni fa Commenta! 4
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Era il 1985, avevo quattro anni e il mio nonno lavorava nell’ufficio anagrafe di un piccolo comune della provincia di Firenze.  Sono ricordi evanescenti dal 1900 i miei, suscitati da una paginata di manuali per la scrittura in corsivo apparsa per via di una ricerca sui portali di acquisto libri didattici per il mio bimbo settenne.

All’epoca dei miei ricordi evanescenti del 1900, era tutto formato famiglia, anche gli impiegati comunali si trovavano a essere parte di uno stesso nucleo identitario e io, che quando andavo dai nonni era festa grande, mi trovavo a trascorrere i pomeriggi nell’ufficio del nonno, che ritornava in Municipio di pomeriggio se non aveva finito qualche lavoro la mattina.

C’era odore di carta e infiniti archivi pieni di registri compilati con cura maniacale. Non c’erano file digitali, che lo dico a fare? e neanche le macchine da scrivere, che non erano adatte ai documenti ufficiali visto che questi dovevano essere scritti in corsivo. Sì, questa cosa ce la siamo dimenticata come ci siamo dimenticati questa modalità di scrittura.

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La scrittura in corsivo, ricordi evanescenti del 1900

la scrittura in corsivo

I documenti ufficiali, atti di nascita, di matrimonio, di morte, registrazioni notarili, erano scritti in corsivo, una scrittura che dava solennità al contenuto, che lo rendeva unico perchè la grafia di chi scriveva era parte integrante della sua identità. Il corsivo era una scrittura bella, studiata, lenta, importante. Alle elementari le maestre costringevano gli alunni mesi interi a fare esercizi di precisione sulla scrittura in corsivo.

Doveva apparire come scritta a china, con pennino e calamaio e quei registri anagrafici, che riportavano stati di famiglia e certificati di nascita, erano vere e proprie opere d’arte. La scrittura in corsivo è precisione, è organizzazione degli spazi, geometria della riga e della pagina, ordine mentale e formale quando la forma è una parte essenziale della sostanza.

Prova, caro iCrewer, a scrivere una mail d’amore, e poi riscrivila in corsivo, con penna e carta (meglio se penna stilografica e carta spessa). Quanta intensità acquistano le dichiarazioni fatte con la scrittura in corsivo?

Pensa ancora, caro iCrewer, alla poesia. Quanto sono potenti i versi messi su pagina con la scrittura in corsivo, intima e identificativa del poeta rispetto allo sbiadito Time new roman? Ecco allora che è necessario fermarci un attimo e riflettere: c’era un motivo per cui le maestre elementari costringevano i piccoli studenti a ore e ore di esercizi di calligrafia (dal greco kalòs, bello e graphè, scrittura) e adesso vedo che tutti quanti ne abbiamo un disperato bisogno.

Dall’avvento degli sms la lingua italiana è stata distorta, accorciata, elisa, ha subito storture e torture, ha visto la costante sostituzione del ghruppo che con la più semplice k, fino ad arrivare alle emoj, le faccine che non necessitano di parole ma descrivono le emozioni con le immagini. Anche queste semplici, immediate, prive di forza.

Auspico per i miei figli, che ritrovino la forza delle parole, che non abbiano bisogno di continue semplificazioni ma riescano a capire e metabolizzare la complessità grandiosa della nostra lingua, le sfumature di significato, le elasticità grammaticali, le strutture ortografiche. La complessità de la scrittura in corsivo è così splendida che ho voglia di ricominciare ad avere un amico di penna!

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