…..occhi neri e pungenti, femminili…
Non poteva essere descritto in maniera diversa lo sguardo di Natalia Ginzburg, così come nella foto, tutte le immagini che la ritraggono rimandano sempre fierezza d’intenti e riservatezza d’animo nello stesso tempo. Sarà che, nella generalità dei casi, le personalità più ermetiche attirano, involontariamente, l’interesse, tanto da sollecitare una sana curiosità nel rivelarne i lati meno conosciuti, ma fondamentali, per comprenderne la complessità.
Natalia Levi Ginzburg, non era una personalità facile anzi, era una donna dalla struttura complessa, poco socievole ma dalla forte sensibilità, osservava la realtà con occhi personali, autonomi, senza lasciarsi influenzare e Sandra Petrignani, nel libro “[amazon_textlink asin=’B078HVLVYZ’ text=’La Corsara’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’ecba5516-88e6-11e8-97e9-a341a199e222′]“ a lei dedicato, pur riconoscendone le superlative qualità narrative, disegna molto bene questo lato prettamente umano. L’incontro con la Ginzburg, nella metà degli anni ’80, seppur caratterizzato da un giudizio, non proprio positivo su una bozza a lei sottoposta, è un incontro che la Petrignani custodirà gelosamente nel cassetto dei ricordi speciali, lo riaprirà dopo 30 anni, forgiata da 3 manoscritti personali, prima di presentarci il suo personalissimo ma commovente ritratto di una delle più grandi scrittrici del ‘900.
Il suo racconto, preciso e circostanziato, è un lungo viaggio attraverso i ricordi d’infanzia della scrittrice, dalla dimora siciliana condivisa con la famiglia, dove Natalia fa i primi passi nella scrittura narrativa (I bambini), a quella torinese, con il primo marito, più volte citata nel suo [amazon_textlink asin=’8858316207′ text=’Lessico Famigliare’ template=’ProductLink’ store=’game0ec3-21′ marketplace=’IT’ link_id=’2e4be9c0-88e7-11e8-8e61-63cc72856de8′], romanzo che le permise di vincere il Premio Strega nel 63, e la romana di Campo Marzio, dalla cui finestra si poteva intravedere quella dell’amico Calvino.
Ma per comprendere fino in fondo questa personalità cosi controversa, la Patrignani, sente la necessità di andare oltre, ritornando indietro nel tempo rivelandoci una Natalia cosi affettuosamente chiamata, ultima di quattro fratelli, all’ombra di un padre famoso, Giuseppe Levi, scienziato e docente universitario, circondata, fin da piccola da un’atmosfera di forte contestazione antifascista che continuerà a condividere con il primo marito, Leone Ginzburg, docente universitario e fermo attivista, che sposerà nel ’38 ma che morirà, tra atroci sofferenze, per mano dei fascisti, lasciandola sola con tre figli.
Per Natalia non sarà facile andare avanti, ma il trasferimento a Torino e la sua collaborazione con Giulio Enaudi, cofondatore con il marito delle omonime edizioni, dai più considerati come “la confraternita di monaci letterati intellettuali”, la porterà a maturare la sua vocazione letteraria e ad essere, finalmente, “voce pubblica”. Intorno a lei gli amici di sempre, da Elsa Morante a Moravia, Carlo Levi, Lalla Romano, Cesare Pavese con il quale stringe un fortissimo legame; da ognuno apprende senza temerne il confronto, anche il nuovo matrimonio con Gabriele Baldini nel 47 le apre un mondo nuovo fino ad allora evitato. Scrive commedie e si occupa di politica pur confidando “di non capirci nulla” ma di sentire di “esserne parte, di avere il diritto di replica qualunque esso sia senza pregiudizi.”
Nello straordinario e accurato ritratto della Petrignani, la Ginzburg, da sempre immersa in un universo culturale prettamente maschile, si rivela “Scrittrice Scrittore, capace di raccontare la vita”, cita la Petrignani “di parlare di sè rimanendo misteriosa”. Il suo sarà, per tutta la vita, un continuo, strenuo, desiderio di scrivere, sempre con magistrale discrezione, dei suoi segreti, dei dolori che non si riescono a dire e delle gioie degli altri da vivere, in qualunque posto vissuti, e con chiunque condivisi, senza mai mostrarsi, esprimendosi con la libertà coraggiosa di un capitano, vigile ma tra le quinte, sempre sul filo del rasoio, con gli stessi abiti e le scarpe rotte da portare con fierezza, senza pregiudizi ma liberi… come una Corsara!