The Passenger – Giappone è il numero del libro-magazine firmato Iperborea, dedicato a questo affascinante e lontano Paese.
Anni fa ho avuto l’occasione di passare un mese a Tokyo. Ricordo quest’esperienza come qualcosa di onirico. Era la prima volta in un paese dove l’alfabeto, come lo conosciamo noi, non esisteva. Al suo posto caratteri incomprensibili – per me –, inchini e agitati sorrisi quando, chiesta un’informazione, non riuscivano a dartela. È stato come cadere in una dimensione parallela, fatta di estremo ordine apparente, mercatini di sushi a 100 yen la sera, case senza fondamenta e una bici con cui arrivare – contromano – alla prima fermata utile della metro.
Sono partita impreparata: c’è stata un’occasione e l’ho colta al volo. Nonostante questo, ho imparato molto sul campo, toccando con mano i diversi collegamenti sinaptici che determinano il comportamento di una società. Se dovessi, però, un giorno tornarci, vorrei portare con me questo libricino dalla copertina ruvida al tatto, in grado di emozionare anche solo tenendolo tra le mani.
The Passenger – Giappone: per esploratori del mondo
Attraverso diverse forme narrative, The Passenger – Giappone ci permette di entrare un passo alla volta nella cultura giapponese, conoscendone nuove identità, questioni e tendenze.
Si parla di tsunami, culto degli antenati e apparizioni con Richard Ljoyd Parry, corrispondente a Tokyo per il Times. La poetessa Sekiguchi Ryōko ci accompagna in una riflessione sul ruolo delle donne, tra emancipazione e quiete domestica. Jake Adelstein racconta una setta shintoistica che si muove all’ombra del governo, mentre Ian Buruma firma un pezzo dal titolo Perché il Giappone è immune al populismo. La scrittrice Banana Yoshimoto imprime nella carta la sua dichiarazione d’amore per Shimokitazawa, il quartiere di Tokyo in cui ha abitato per anni, e ci lascia così anche una riflessione sui cambiamenti del Giappone contemporaneo.
Lo scrittore Murakami Ryū parla de Il prosciugamento dei desideri, mentre Cesare Alemanni ci fa conoscere gli ainu, un antico popolo del Nord dell’Hokkaidō. Lo scrittore e giornalista Brian Phillips scrive di un viaggio iniziato per seguire il più importante torneo di sumo che poi diventa un cammino sulle tracce di un uomo ormai dimenticato. Amanda Petrusich, giornalista del New Yorker e critica musicale, si interroga sul perché i giapponesi vadano pazzi per il Blues – già, perché?. Giorgio Amitrano ci porta in un viaggio nel tempo attorno al concetto di famiglia, mentre Léna Mauger ci racconta chi sono Gli evaporati del Giappone.
Ai testi si accompagnano le foto di Laura Liverani, fotografa documentarista e docente universitaria, tra Tokyo e l’Italia. Ogni numero di The Passenger contiene infatti un progetto fotografico originale, realizzato in collaborazione con Prospekt Photographers.
Non solo testi: anche illustrazioni e una playlist musicale
Gli spunti e le curiosità, però, non finiscono qui. Si parla anche di kaijū – e ti anticipo solo che ha a che fare con Godzilla e, purtroppo, anche con la bomba atomica – e di una specie d’orso endemica dell’Hokkaidō, di alcune foreste della Corea del Nord, della Cina orientale e dell’isola russa di Sakhalin. E ancora, si sfatano miti, come quello che i giapponesi siano persone fredde.
In questo libro troverai anche un riferimento al film Lost in translation, in particolare, connesso al whisky Suntory. A proposito, lo sapevi che lo Yamazaki Sherry Cask del 2013 – prodotto proprio dalla Suntory, è diventato nel 2014 il miglior whisky del mondo secondo la Jim Murray’s whiskey bible, sbaragliando tutti i single malt scozzesi?
E ancora, si analizza l’ascesa e il declino dello sararīman, un termine giapponese nato da un finto anglicismo – salaryman, ovvero lavoratore salariato –, e che identifica il lavoratore dipendente maschio, impiegato in grandi aziende.
Per finire, c’è un consiglio musicale: la playlist curata da Furukawa Ideo e dedicata al Giappone, che puoi trovare sul canale Spotify di Iperborea Casa Editrice.