Il grido del falco: ecco l’intervista a Renata Bovara
Diamo il benvenuto, quest’oggi, all’autrice de Il Grido del falco, Renata Bovara, libro interessante e profondo e che abbiamo letto e recensito. Siamo onorati di avere con noi, nel nostro salotto virtuale, l’autrice e siamo entusiasti di poterle porgerle delle domande.
Ciao Renata, innanzitutto come stai? Considerato anche il periodo che il nostro Paese sta vivendo.
Ciao Alessandra, è una situazione veramente difficile ovunque. Non credo che si risolverà in breve tempo, perlomeno non a New York, dove vivo da quasi 26 anni. La città ha subito un grave colpo e in molti hanno perso il lavoro.
La lotta è dura, specialmente per chi non ha più trent’anni e si ritrova a fare i conti con una società che predilige i sempre-più-giovani, poiché dotati di grande dimestichezza con la tecnologia.
Non so bene come sia la situazione in Italia a questo riguardo. È chiaro però che il mondo, in generale, si sta “squamando”. Questo, oltre alla paura di ammalarsi, ha creato disincanto e nervosismo.
Da quanto tempo scrivi? E qual è la primissima cosa che hai buttato su carta? Dedichi molto tempo alla scrittura?
Il primo racconto l’ho scritto a otto anni, s’intitolava Il conte e il diamante nero. Dopo il caos dell’adolescenza, ho cominciato a scrivere recensioni musicali su Il Gazzettino Padano. Il primo romanzo pubblicato è stato *La notte prima* (*Il Filo Edizioni, *2005). Poi sono arrivati *Il grido del falco* (*Elison Publishing, *2015) e *Spiagge sospese (Mursia, *2019*) *finalista della seconda edizione del concorso letterario Radio RTL e Mursia, Romanzo italiano.
Nel mezzo ci sono anche le sceneggiature, una delle quali completata sul finire degli anni novanta, *If I Had to be Me (Se dovessi essere me stesso), *scritta pensando ad Alan Rickman, allora ancora ignaro di diventare, col tempo, il Professore Snape della saga di Harry Potter.
Diciamo che mi ero presa una specie di “cotta”.
Ero riuscita a farglielo recapitare e lui mi aveva risposto tramite il suo agente, dicendomi che era interessato ma informandosi, nel contempo, anche sul budget a mia disposizione. Il discorso finì così.
Quali sono i tuoi generi letterali preferiti?
Posso dirti i libri che ho riletto, qualcuno più di una volta: *L’amante di Marguerite Duras, Il tempo degli assassini di Henry Miller, L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, Il tè nel deserto di Paul Bowles, Castelli di Rabbia di Alessandro Baricco, Tutti i nomi di José Saramago, Il castello dei destini incrociati di Italo Calvino, La noia di Alberto Moravia, Taccuino di un vecchio sporcaccione di Charles Bukowski, La grammatica di Dio di Sefano Benni, I centodelitti di Giorgio Scerbanenco, Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci, Jane Eyre di Emily Brontë e il racconto La marchesa di George Sand.*
Renata Bovara e Il grido del falco
Hai ambientato Il grido del falco a New – York: questa città in che modo ti è stata fonte di ispirazione?
Mi sono trasferita a New York nel 1995, quando Wall Street e NYU (l’università di New York) non avevano ancora iniziato a occupare la città.
Da lì a pochi anni, cominciarono gli sfratti per far posto agli operatori finanziari, il cui numero andava sempre più crescendo. La ciliegina sulla torta la mise il sindaco Bloomberg, quando decise di trasformare Manhattan
in una specie di Boston, e l’isola fu invasa da studenti benestanti.
I prezzi degli affitti e del vivere quotidiano andarono alle stelle, e in tanti dovettero lasciare la città.
Nel tuo libro parli di una pandemia, uno scenario apocalittico, eventi che se guardati adesso ci fanno molto riflettere. Da cosa nasce questa storia? Devo essere sincera: se avessi letto questo libro in un altro momento storico, sarei rimasta sì impressionata, ma lo avrei guardato in un’altra ottica, leggerlo adesso, in questa particolare circostanza, mi ha fatto davvero uno strano effetto.
Un giorno, durante una passeggiata nel Washington Square Park, stavo pensando a come le grandi città stessero spudoratamente cercando di liberarsi dalle persone meno agiate o “preparate” al nuovo sistema, quando mi accorsi di essere osservata. Mi voltai e vidi un falco appoggiato su una transenna. In quel momento eravamo solo noi due, e ci stavamo guardando.
Lo interpretai come un segnale dall’Universo, o qualcosa del genere. Rientrata a casa, mi attaccai al computer e appresi che, sotto i viali del Washington Square Park, c’erano ancora i resti dei morti dei secoli scorsi (il cimitero fu chiuso nel 1825), tra i quali le vittime della febbre gialla.
Nel tuo libro, però, parli anche di scenari politici, di un vaccino che è solo per pochi eletti, della Società divisa in tre classi sociali: gli autorizzati, gli invitati e gli illegali, insomma, gli argomenti trattati non sono poi così lontani dalla realtà, non credi?
Esattamente. Infatti, tra le persone che hanno letto il libro, c’è anche chi mi ha mandato un messaggio tipo, “Il tuo Il grido del falco…”.
Alcuni segnali c’erano già, oltre ai fatti: il sovrappopolamento, il declino della mortalità nei paesi sviluppati, lo scarseggiare delle risorse idriche e del lavoro, la politica degli ultimi anni studiata per arricchire i ricchi. Non mi stupirei se qualcuno avesse già comprato un pezzo di “suolo” sulla Luna.
Le tre categorie sociali si rifanno anche alla mia (e non solo) esperienza con il servizio e gli agenti di immigrazione, qui negli Stati Uniti d’America. Ci ho messo dieci anni per avere la carta verde e altri cinque per fare la cittadinanza.
Ti interessi di politica?
Mi interessa quello che succede nel mondo. Inizio le giornate leggendo i giornali online. La politica è sicuramente importante, ma attualmente mi lascia un po’ di amaro in bocca. Secondo me, non bisognerebbe confondere la
politica di tipo organizzativo e strategico con l’ideologia.
Trovo che oggi ci sia una forte esasperazione, come se avessimo perso l’equilibrio. C’è poi una sorta di involuzione, vale a dire il continuare a rifarsi al passato, quando invece siamo arrivati a un punto di non ritorno.
Nel libro troviamo Cora, una donna che vive una lotta interiore per questo amore che sente lontano, come se le sfuggisse di mano, come se lei sapesse già che questa sua storia non potrà mai avere un futuro. Ti sei ispirata a qualcuno per il suo personaggio?
Sì, ad alcune mie esperienze personali e ai racconti delle amiche.
Hai in mente un prossimo romanzo?
Ho completato dei racconti brevi e firmato un contratto di opzione per una sceneggiatura originale, *Sands (Sabbie)* con la casa di produzioni cinematografiche londinese *Latitude Media. *Attualmente, sto anche lavorando con un editore del suono e un animatore di Los Angeles, al *teaser trailer *di un altro scritto, questa volta per un film animato dedicato ai *Ramones* e *Joe Strummer.*
Cara Renata, siamo giunti al termine di questa nostra chiacchierata, ti siamo grati per averci dedicato un po’ del tuo tempo, ed è stato piacevole poterti porre delle domande e ascoltare le risposte relative a questo tuo ultimo romanzo. Grazie di cuore e a prestissimo!