Nello spazio riservato ai classici, una siciliana come me non può farsi mancare un romanzo che ha assunto un ruolo iconografico nella letteratura italiana e straniera: sto parlando de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nobile plurititolato con una sfilza di titoli considerati minori (!) che necessiterebbero di mezza pagina per essere elencati tutti, uomo di cultura e scrittore per hobby, Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrisse il romanzo senza nessuna aspettativa e nel bel mezzo diuna periodo di profonda crisi depressiva. Scrivere, forse, gli servì per raccontarsi e raccontandosi aggrapparsi alla vita.
I controversi inizi de Il Gattopardo
In un primo momento il libro fu clamorosamente cestinato dalle Edizioni Mondadori, dalle Einaudi e in seguito anche da Elio Vittorini che allora, siamo nel 1956, rivestiva la carica di consulente letterario per la Mondadori. Errore clamoroso, come ebbe a dire qualche anno dopo lo stesso Vittorini: Il Gattopardo infatti fu pubblicato grazie all’interessamento di Giorgio Bassani nel 1958 e l’anno dopo, nel 1959, vinse il Premio Strega.
Una vittoria amara, dal momento che Giuseppe Tomasi di Lampedusa non potè assistervi, né goderne, morto due anni prima, nel 1957, non vide neanche la pubblicazione del suo romanzo, avvenuta post-mortem. Così gira il mondo, a volte ci si accorge del valore di uno scrittore e si consacra a fama imperitura quando lo stesso non può gioire per il riconoscimento delle sue fatiche. Succede e quando succede, immagino l’amarezza dei familiari o delle persone a lui vicine. Probabilmente sarà stato così per la famiglia del nostro scrittore.
La trama de Il Gattopardo descrive la decadenza della nobiltà siciliana. Mentre una nuova classe sociale, rappresentata dal mondo borghese, si fa spazio negli affari e scompare il Regno delle Due Sicilie in seguito alla nascita del Regno d’Italia, il protagonista, il famoso principe di Salina, osserva fatti, eventi e personaggi quasi con cinico distacco e rassegnazione.
Il Gattopardo: un romanzo tante interpretazioni
Classificato in un primo momento come romanzo storico, Il Gattopardo ha valicato i confini isolani e nazionali ed è assurto ad un ruolo quasi iconografico, creando una categoria, i gattopardi appunto, facilmente individuabili. La nobiltà blasonata, quella con il sangue più blù dell’inchiostro, da Il Gattopardo in poi ha avuto il suo posto standard nell’immaginario collettivo… Chissà se il buon Tomasi di Lampedusa sapeva di aver creato un’icona cristallizzata nel tempo, quando scriveva il suo romanzo!
Il Gattopardo considerato per lungo tempo un romanzo storico, in quanto racconta il passaggio di un’epoca, in realtà ha avuto da parte della critica letteraria un’altra etichettatura: è stato definito anche un romanzo intimista che racconta una saga familiare e da qualcuno persino “leopardiano”.
… Da sempre Il Gattopardo è un libro che offre spunti di riflessione. Nelle varie meditazioni che animano e spesso affollano la critica riservata a tale opera, si può con audace convinzione annoverare la certezza del voluto richiamo di Tomasi al pensiero e alla penna di Giacomo Leopardi e non solo. Sembra quasi che, in questa magnifica opera, gli argomenti leopardiani, acquisiscano maggiore magnificenza e spessore… […]
Gli accadinenti storici sono sicuramente presenti, non rappresentando però il filo conduttore del racconto. Gli eventi storici fanno da sfondo alla narrazione e quanto accade si percepisce solo attraverso la vita dei personaggi, attraverso i loro dialoghi e le loro vicissitudini. Sarebbe quindi più giusto definirlo un romanzo di vita, considerando che il protagonista fa della propria esistenza un intreccio di pensieri, domande, dandosi a volte delle risposte, su ciò che gli succede… [..]
Il protagonista si ritrova a vivere a cavallo tra due tempi, uno vecchio e malandato, quello a cui geneticamente e biograficamente appartiene e l’altro nuovo, che deve accettare, ma nel quale non si riconosce. Don Fabrizio si ritrova a vivere tra due generazioni, una che muore e l’altra che nasce, ma sente di non appartenere né a una né all’altra.
L’uomo non riesce a trovare la sua giusta collocazione, pur acquisendo la consapevolezza della decadenza della classe nobiliare… […]
Don Fabrizio si sente proprio così, come il suo ceto, profondamente apatico, senza più alcuna voglia di reagire. L’artefice della sua infelicità, della sua mancanza di reattività, non si identifica negli avvenimenti storici che accadono in quel periodo, bensì nel suo disagio come persona, nel suo animo travagliato, da cui nasce il pessimismo profondo che è tutto dell’autore e che parte della critica definisce appunto pessimismo leopardiano.
La visione della vita, in tutta la sua negatività e la consapevolezza dell’immensa sproporzione, tra il desiderio di felicità e la difficoltà legata alla realtà e alla possibilità di poterlo realizzare, accomuna Leopardi e Tomasi.
Sono svariati gli esempi che si possono fare e che riportano a questo concetto: uno su tutti è la modalità che è propria sia di Leopardi che di Tomasi, di cercare le risposte all’ inquietudine dell’animo interrogando il creato.
La perenne attualità de Il Gattopardo
Modestamente ritengo che dare etichette ad un’opera come Il Gattopardo è riduttivo: un romanzo che valica i confini nazionali e ancora affascina e coinvolge chi si trova a leggerlo e/o rileggerlo non ha bisogno di categorie. Semplicemente è. Per quanto racconta, per quanta verità contiene e per quanto abbia fotografato non solo un’epoca ma tutte le epoche a venire.
Affermazioni come: “Tutto cambia per restare uguale” o “Noi fummo i Gattopardi, i Leoni, quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti o le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”, erano prima e sono oggi, ancora valide.
Il titolo del romanzo fu scelto da Tomasi di Lampedusa in quanto lo stemma nobiliare della sua famiglia è rappresentato dal Felis Leptailurus Serval, un felino diffuso nelle coste settentrionali dell’Africa, proprio di fronte a Lampedusa. Nelle parole dell’autore l’animale ha un’accezione positiva. Tuttavia, proprio sull’onda del successo planetario del romanzo, sarebbe invalso invece un significato negativo, facendo dell’aggettivo “gattopardesco” l’emblema del trasformismo delle classi dirigenti italiane.
Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un romanzo con infinite varianti
Nel 1967 da Il Gattopardo fu tratta un’opera musicale e qualche anno prima, nel 1963, Il Gattopardo divenne l’indimenticabile film con la regia di Luchino Visconti e le straordinarie interpretazioni di Claudia Cardinale, Alain Delon, Burt Lancaster e altri indimenticabili attori.
Le immagini di quelle scene sono impresse nella memoria di chiunque abbia visionato il film e letto e riletto il libro, giustamente considerato un classico della letteratura mondiale.
… E ribadisco, da siciliana fiera di esserlo, non potevo non parlartene caro iCrewer.