In uscita dal 29 novembre, edito da Mondadori, il nuovo libro di Simonetta Sciandivasci intitolato I figli che non voglio. La giornalista indaga e fa luce su una delle tematiche scottanti del nostro Bel Paese: ma in Italia si vogliono fare figli oppure no? E il concetto di famiglia e di maternità può assumere altri significati dal classico contesto tradizionale?
Un’importante riflessione e un invito a interrogarsi su cosa significa e cosa implica scegliere di essere o non essere genitori. Curioso di sapere la sinossi? Andiamo a scoprirla!
La sinossi de I figli che non voglio di Simonetta Sciandivasci
Inverno demografico: e davanti a noi si stendono pianure infeconde e ghiacciate da far impallidire Il Trono di Spade, nella mente risuonano echi di tragedie shakespeariane.
In Italia non si fanno più figli, dove andrà a finire la nostra civiltà, ma soprattutto: chi pagherà le nostre pensioni? Ma che senso ha insistere a credere che l’unico modo per tenere in piedi il sistema sia procreare, anche laddove le donne – per la precisione una minoranza di donne quantificata dall’Istat nel 5 per cento – pur essendo nelle condizioni di fare figli, non li vuole?
Rispetto al tema della maternità spesso vincono gli schematismi e le donne si trovano rappresentate o come vittime di un Paese in cui fare figli è un privilegio- la precarietà del lavoro, gli stipendi bassi, gli asili inaccessibili, lo stato sociale che non provvede come dovrebbe -, o come un manipolo di ciniche, superficiali, carrieriste e future pentite destinate a una vecchiaia solitaria e amareggiata dal rimpianto di non essersi riprodotte. Tra questi due poli ci sono le persone vere, a cui danno voce gli interventi raccolti in questo libro.
Tante donne, ma anche alcuni uomini, che hanno raccolto la sfida lanciata da Simonetta Sciandivasci con lucidità e ironia sulle pagine dello “Specchio”, inserto culturale della “Stampa”, una sfida a interrogarsi sui motivi per cui si diventa genitori oppure no, a ragionare sulle diverse possibili fisionomie di una famiglia.
C’è chi si dichiara fautrice dell’agnosticismo procreativo, perché diventare genitore è qualcosa di così intimo e personale da rendere impossibili posizioni di principio, chi insiste sulla necessità di rendere più semplice l’adozione per i genitori single, chi accusa il peso dei condizionamenti del passato e chi prova a sostenere le ragioni dell’incoscienza. Chi valuta il congelamento degli ovuli prima di intraprendere un percorso di transizione da donna a uomo, chi sostiene che i padri siano ben felici di non avere la parità genitoriale e chi patisce l’onnipotenza delle madri in caso di separazione. Ci sono donne che chiedono più rispetto per la scelta di non essere madri, uomini che provano a smontare i narcisismi, le fragilità, le contraddizioni dell’essere padre.
E poi ci sono doti che attendono pazienti nei bauli, nonne e madri che attendono nipoti da figlie che con noncuranza varcano la soglia dei trentacinque anni…
Una carrellata di interventi non ortodossi, pieni di intelligenza e senso critico, un vademecum fondamentale per chiunque sia interessato all’argomento. Un dibattito che ci fornisce ottimi strumenti per “smettere di pensare che l’inverno demografico sia una questione morale o economica: è, invece, una questione di prospettiva, che impone nuove lenti; è una questione di geografia politica e riorganizzazione del mondo secondo nuovi criteri.
L’autrice e giornalista Simonetta Sciandivasci
Il Foglio, Linkiesta, Rolling Stone, La Verità e Nuovi Argomenti: sono solo alcune delle testate e riviste che ospitano gli articoli di Simonetta Sciandivasci. Nata a Tricarico nel 1985, è cresciuta tra Matera e Ferrandina e ora vive a Roma. Ha scritto un libro, La domenica lasciami sola (Baldini & Castoldi, 2014) e diversi racconti e interventi, pubblicati in Brave con la lingua (Autori riuniti, 2018), Di cosa stiamo parlando? (Enrico Damiani Editore, 2017), Parla una donna di Matilde Serao (Rina Edizioni, 2018) e Tifose. Le donne del calcio (Odoya, 2018).
Mia madre solo adesso si permette di dirmi che se non mi avesse avuto, avrebbe avuto comunque una vita felice. Non veniamo più educate in quel modo e lo puoi anche raccontare con un sorriso ma dà fastidio. Però se il mio paese mi permettesse di adottare un bambino bisognoso, da single, sicuramente lo adotterei.Fate tutti un gran parlare di libero arbitrio, ma dovete convenire che certi retaggi culturali sono dei veri e propri cappi al collo, e dunque ascoltatele queste voci fuori dal coro perché stanno raccontando la verità. Per imbarazzante e riprovevole che sia.