Ciao iCrewer! Oggi, per il nostro consueto appuntamento di Spazio ai Classici, voglio presentarti un libro, precisamente un’opera teatrale, alla quale tengo molto. Si intitola Casa di bambola scritta dalla penna di Henrik Ibsen.
Sento parlare spesso di letteratura russa, di elogi a Dostoevskij e Tolstoj per quanto riguarda l’Ottocento, trascurando altre letterature altrettanto valide, ad esempio quella norvegese con Henrik Hibsen.
Chi è Henrik Hibsen?
Henrik Ibsen ( (Skien, 20 marzo 1828 – Oslo, 23 maggio 1906) è il massimo autore teatrale norvegese ma è anche decisamente uno dei padri fondatori della drammaturgia europea del secondo Ottocento. Sarebbe un errore infatti, considerarlo come espressione della società norvegese.
La Norvegia è un paese marginale nel quadro europeo, tanto più alla fine dell’Ottocento. Dall’altra parte anche biograficamente Ibsen vive gran parte della sua vita nell’Europa centro – meridionale (fra Germania e Italia); si può considerarlo a tutti gli effetti come un intellettuale europeo.
Henrik Ibsen indirizzava le sue opere alla grande borghesia. I protagonisti sono tutti maschi. Il prototipo è sempre lo stesso: uomo di umili origini, un self-made man, che riesce a farsi largo, sino alla gloria, ai soldi, al prestigio sociale. In tutti c’è l’ideologia del lavoro, un tema centrale. Ciò che conta è il lavoro, la carriera. I soldi non sono decisivi in sè per sè, anzi servono unicamente per sottolineare la raggiunta condizione di potere. Inoltre, bisogna ricordarsi che il maschio ibseniano sposa sempre senza amore; si sposa per interesse materiale; sposa il denaro della donna di cui ha bisogno per aprirsi la strada del successo. Lo sfruttamento della donna è evidente: la donna è la moglie. Il maschio paga un prezzo, le offre il suo nome, le garantisce un minimo di prestazioni sessuali il quanto basta per generare figli. La donna non trova amore ma trova almeno una funzione; è la madre.
L’opera più famosa di Henrik Ibsen è Casa di bambola (1879).
Casa di bambola, Henrik Ibsen
Senza falsi pudori, l’autore, svela le ipocrisie del perbenismo borghese. Ne mette in luce i turbamenti e le crisi individuali che si nascondono dietro la facciata di rispettabilità.
In quest’opera teatrale, Henrik Ibsen, non si ferma solo a citare i personaggi, bensì scava dentro di loro, nell’intimo; ne mette in evidenza anche i comportamenti più negativi, dettati sempre dall’egoismo e dalla difesa degli interessi personali, familiari e sociali.
La famiglia non viene rappresentata come sede di tranquillità e luogo di riparo, bensì come un luogo dove nascono i conflitti interpersonali più aspri e distruttivi.
La prima rappresentazione di Casa di bambola di Ibsen, che avvenne il 21 dicembre 1879, suscitò molto scalpore nella borghesia norvegese; lo scandalo si dilagò fino a tutta l’Europa, questo perché un’opera teatrale, con tema cardine la condizione femminile e il ruolo che la donna deve avere nella famiglia e nella società, non si era mai vista.
‘La nostra casa non è stata altro che una stanza dei giochi. Qui io sono stata la tua moglie-bambola. Questo è stato il nostro matrimonio, Torvald.’
L’opera Casa di bambola di Henrik Ibsen, è divisa in tre atti e descrive il volto dell’istituzione matrimoniale. La coppia è composta da Nora, donna solare, allegra, apparentemente senza problemi e dedita alla crescita dei figli, e Torvald Helmer, il marito avvocato il quale si offre al pubblico esterno quale modello da seguire.
Ciò che fa crollare la “finta” serenità della coppia è il rischio di uno scandalo: Nora, che sin dall’inizio ha rinunciato a far valere i suoi diritti, è sempre stata passiva nei confronti del marito (ha accettato di essere trattata come una bambola giocattolo, vive in un castello costruito sulle basi di finzioni), per aiutare il coniuge nel momento di difficoltà ricorre ad un prestito, denaro che le arriva da un uomo malvisto, il signor Krogstad, il quale la minaccia di dichiarare pubblicamente quanto accaduto. Nora non sa come comportarsi e cerca di assecondare quell’unica richiesta del creditore; mantenere il posto di lavoro. Torvald si rifiuta di aiutarla, soprattutto ora che riveste una carica importante, poiché lavora come capo della Banca.
Capito l’errore di Nora, Torvald non solo non la consola bensì la colpevolizza e la ritiene talmente inaffidabile che le leva la possibilità di continuare ad educare i figli. L’unico pensiero di Torvald è rivolto all’immagine pubblica; cosa ne sarà della sua promozione, cosa ne sarà della sua brillante carriera se quelle voci inizieranno a circolare?
Casa di bambola è un’opera breve, ma racchiude in sé molte questioni che fanno fermare e riflettere spesso il lettore. Henrik Ibsen riesce a creare una perfetta fotografia della società del tempo, una realtà in cui la donna veniva considerata poco o forse zero poiché la società le aveva cucito addosso valori e doveri imprescindibili (accudire la famiglia ed essere una buona/brava moglie).
Vi consiglio vivamente di leggere quest’opera; la lettura è molto scorrevole e il linguaggio semplice (nonostante l’opera sia stata scritta nell’800), in nemmeno metà giornata avrete finito di leggere il libro però poi starete giorni e giorni a pensare al ruolo della femmina, su quanto la società del tempo era chiusa (cosa che purtroppo, ancora non è cambiata ai tempi d’oggi).
Ancora vige nella nostra società il pensiero del ruolo della donna come solo madre dei figli. Abbiamo fatto tante scoperte, siamo arrivati anche sulla Luna, ma viviamo ancora in una società che rimane sempre ottusa, con menti ristrette e tanti pregiudizi; più che avanti stiamo tornando indietro.
Vi lascio una frase presa dall’opera che mi è piaciuta molto, dalla quale sono partire molte delle mie riflessioni:
La vita di famiglia perde ogni libertà e bellezza quando si fonda sul principio dell’io ti do e tu mi dai.