Essere come Gianni Minà? Uno dei miei più grandi sogni!
L’ho sempre saputo. Un’attitudine che riconosco a prescindere. Perfino al di là dalle normali aspettative che ognuno di noi ha nei confronti della vita. Nulla da recriminarmi ma è indubbio che una volta messi davanti alla scelta non siamo sempre capaci di rispondere a noi stessi con determinazione. A prevalere sono spesso le incertezze e l’incognita dei risultati, la paura di non farcela.
D’altra parte avere le idee chiare non è certo cosa facile. La scelta della facoltà, la speranza di mettere a frutto le conoscenze acquisite, la ricerca di un lavoro stabile, insomma l’agognata serenità sembra essere il conguaglio di tutti i nostri sogni. Ma è ciò che desideriamo davvero? O metabolizziamo i sogni degli altri? Ci chiediamo davvero cosa e chi avremmo voluto essere?
La percentuale di chi ha raggiunto l’obiettivo è da sempre ridotta rispetto a chi, per altre esigenze, deve ripiegare su altri fronti ma una volta raggiunto vale la pena mettersi in gioco? La mia risposta è sempre sì!
Se penso alla figura del giornalista, non c’è nulla di più gratificante che trasmettere qualcosa di noi agli altri, non fosse altro per la condivisione di un pensiero. Se poi a questo si aggiungono caparbietà, personalità, etica e riconosciute competenze nello scrivere direi che è fatta. Un buon giornalista, a mio avviso, non ha bisogno di altro.
Probabilmente ho semplificato troppo. Nella realtà potrebbe non essere così facile, me ne rendo conto. Riconosco che è indispensabile accostarsi alla professione con un atteggiamento eticamente adeguato, rispettare precise regole didattiche, comprendere i meccanismi della comunicazione. Un mix di contenuti che vanno ben oltre l’oggettiva propensione allo studio ma la passione, è fuori di dubbio, è il motore di tutto soprattutto nello sport.
In una parola sono racchiusi i significati più vari. Al di là della mera necessità di mantenersi in forma, significa fare una scelta personale importante, porsi degli obiettivi e per questo dedicare buona parte della propria vita ad apprendere tecniche e strategie, accettarne i sacrifici, mantenere alta la concentrazione, spesso scegliere di vivere una vita diversa dagli altri. Sono concetti che se hai la passione ti rimangono dentro, idee da cui non puoi prescindere.
Cosa c’entra tutto questo con il giornalismo? C’entra eccome! Di giornalisti che riempiono le cronache dei giornali e della TV possiamo fare una lista infinita, non è scontato invece saper parlare di sport. Non è una comunicazione facile; è necessaria una informazione costante, competenze, avere metabolizzato i concetti tecnici, conoscere le regole, calamitare l’attenzione, mantenere, nonostante tutto, quella distanza etica che consente di non scivolare in giudizi personali. In poche parole, per parlare di sport è necessario competenza, obiettività e una passione smodata.
Gianni Minà, la figura del giornalista
Ho sempre ritenuto il giornalista sportivo più versatile rispetto a chi invece ha limitato a disquisire magari solo di politica. Chiaramente è il mio pensiero ma se rifletti non sono lontana dalla realtà. Anche in questo caso, lo spunto per parlarti di questi aspetti me lo ha dato un personaggio a cui sono legata da profonda stima. È da tempo lontano dal palcoscenico mediatico delle TV ma citare il suo nome sollecita un immediato sorriso di approvazione. Per te, giovane sportivo legato ai soliti nomi non avrà significato ma per chi ha vissuto il giornalismo a 360° Gianni Minà è l’esempio più significativo.
“Il giornalismo ha significato per me la vita stessa, la passione che ho vissuto fino in fondo”
Te lo presento in poche note biografiche anche perché per parlarti della sua carriera ci vorrebbe ben più di un articolo. Te lo riporto fedelmente…
Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E uno dei giornalisti italiani più conosciuti all’estero per i suoi reportages e documentari spesso realizzati in collaborazione con network internazionali.
La sua carriera inizia come giornalista sportivo nel 1959 a Tuttosport che Minà ha poi diretto dal ’96 al ’98. Nel 1960 ha esordito alla Rai come collaboratore dei servizi sportivi per le Olimpiadi di Roma.
Nel 1965, dopo aver esordito al rotocalco sportivo Sprint diretto da Maurizio Barendson, ha incominciato a realizzare reportages e documentari per tutte le rubriche che hanno evoluto il linguaggio giornalistico della televisione, Tv7, AZ, i Servizi speciali del TG e poi Dribbling, Odeon, Gulliver.
Presente in otto mondiali di calcio e sette olimpiadi oltre a decine di campionati mondiali di pugilato. Fra i documentari di maggior successo, di carattere sportivo su Nereo Rocco, Diego Maradona e Michel Platini, Carlos Monzon, Edwin Moses, Pietro Mennea e Cassius Clay-Muhammad Alì, che Minà ha seguito in tutta la sua carriera e al quale ha dedicato un lungometraggio intitolato Una storia americana. Nel 1976, dopo 17 anni di precariato, Minà, finalmente assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato, comincia a raccontare la grande boxe e l’America dello show-business, ma anche dei conflitti sociali delle minoranze. Sono iniziati in quegli anni anche i reportage dall’America Latina che hanno caratterizzato la sua carriera.
Nel 1981 il Presidente Pertini gli consegna il Premio Saint Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Nel suo programma Storie ha avuto come protagonisti Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Alì, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel Garcia Marquez, Enzo Ferrari, Pietro Mennea.
Nel 2001, in particolare, Minà ha realizzato Maradona: non sarò mai un uomo comune un reportage-confessione con Diego Maradona alla fine dell’anno più sofferto per la vita dell’ex calciatore. Per 70 minuti il campione argentino racconta il suo controverso rapporto con l’Argentina e la politica del suo paese, il suo soggiorno a Cuba, la sua ammirazione per Che Guevara e infine come e perché ha deciso di lasciare il calcio.
È stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Nel 2007 ha ricevuto il Premio Kamera della Berlinale per la carriera, il più prestigioso premio al mondo per documentaristi.
Gianni Minà, i momenti più importanti della sua carriera
Forse ti ho riempito di notizie sconosciute ma Gianni Minà è stato tanto altro. Un uomo capace di miscelare professionalità e sentimenti, di entrare in connessione con il suo ospite, rendendolo protagonista della sua storia. Il suo segreto? Comunicare attraverso le esperienze vissute sul campo, qualunque fosse, dallo sport alla musica alla politica, senza tralasciare nessun particolare. Un approccio con il personaggio unico, mai invasivo ma rispettoso, capace con garbo di scardinare le resistenze.
Chi mai avrebbe potuto intervistare per sedici ore consecutive un personaggio come Fidel Castro, o seguire centinai di incontri di Mohamed Alì per avere una sua intervista, o ripercorrere in sella ad una moto tutta l’America latina per raccontare la vita di Che Guevara. Solo una grande, smisurata passione di raccontare la vita, di chiunque, senza distinzioni. Dietro ad ogni atleta, artista o politico che fosse era l’uomo e la sua umanità a prevalere.
Ti presento un suo racconto autobiografico molto interessante edito da MinimunFax, Storia di un boxeur latino un libro che parla delle sue esperienze meravigliose
La vita è una milonga, bisogna saperla ballare”. In questi due versi di un tango argentino si potrebbe riassumere l’umana vicenda di Gianni Minà. Perché forse non c’è stata, nella storia del giornalismo italiano, vita più smisurata e temeraria della sua, e nessuno che l’abbia saputa ballare con maggiore esuberanza, empatia e curiosità. Minà la racconta in prima persona, con tutti i suoi stupori, le sue risate, le sue amarezze. Come un capitano in esilio che ha magicamente conservato il sorriso leale e disarmante di un funambolo.
Sfila in queste pagine l’abbecedario di una generazione e di un secolo: Muhammad Ali, Jorge Amado, i Beatles, Fidel Castro, Adriano Celentano, Robert De Niro, Gabriel García Márquez, Dizzy Gillespie, Sergio Leone, Diego Armando Maradona, Rigoberta Menchú, Pietro Mennea, Mina, Gianni Morandi, David Alfaro Siqueiros, Tommie Smith, Massimo Troisi, Emil Zátopek. Di nome in nome prendono forma di romanzo le avventure di un ragazzo partito da un quartiere di Torino, in calzoncini corti, da una famiglia di origine siciliana, da un maestro in sedia a rotelle.
Storia di un boxeur latino non è un’autobiografia. È una dichiarazione d’amore alla vita, alla musica, allo sport e agli ideali d’altri tempi. È la storia di quando ci si batteva contro le ingiustizie perché l’ingiustizia contro cui battersi, in ogni tempo e luogo, è sempre la stessa. La storia di quando si poteva giocarsela finché si aveva fiato.
E i desideri, quelli veri, erano il tema della vita.