Ognuno di noi, nelle più recondite profondità dell’animo, nasconde una paura. Piccola o grande che sia, le nostre fobie ci condizionano l’esistenza
Fobie, manie e tic – Agorafobia – Non è la paura degli aghi!
La parola Agorafobia deriva dal greco antico Agorà che significa piazza – per i greci la piazza era il luogo di incontro dei cittadini liberi – e phobos, che significa paura. Ne consegue che, presa alla lettera, la definizione identifica l’agorafobia come la paura di affrontare gli spazi aperti e quindi, la paura di essere o divenire liberi.
All’ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni da dove sia difficile, o imbarazzante, allontanarsi, oppure, dove sia difficile o impossibile ricevere aiuto nel caso in cui si verifichino sintomi quali attacchi di panico.
Generalmente, le persone con agorafobia, hanno la tendenza ad evitare e temere molte situazioni come:
- essere fuori casa da soli, essere da soli in casa, la folla (al cinema o al teatro dove potrebbe essere imbarazzante uscire in caso di bisogno);
- camminare sui ponti, essere in ascensore;
- il viaggiare in macchina (viaggiare in autostrada oppure essere bloccati nel traffico), autobus (soprattutto se affollato), treno o aereo (dove è impossibile uscire o scendere prima di una fermata in caso di un attacco di ansia) ecc.
Però dobbiamo distinguere tra attacco di panico e paura dal disturbo di chi soffre di agorafobia.
Il panico consiste in uno stato di intensa paura che raggiunge il suo picco nel giro di dieci minuti. Viene detto anche attacco di panico poiché è caratterizzato da una comparsa improvvisa, spesso inaspettata ma è mancante di un pericolo reale, sebbene i sintomi fisici quali palpitazioni, sudorazione, tremori, dispnea, dolori al petto ecc. facciano pensare al contrario.
Se questi sintomi degenerano però si associa una condizione psicopatologica, appunto l’agorafobia: quando i comportamenti iniziano a compromettere le attività di vita quotidiana e il funzionamento socio-lavorativo della persona.
Talvolta, il problema è più difficile da individuare perché il soggetto non sempre, evita certe situazioni temute, ma diviene incapace di affrontarle senza l’assistenza di una persona di fiducia. Addirittura vi sono soggetti che lo adottano come stile di pensiero, per esempio il rimuginare, ossia il continuo pensare e ripensare agli eventi negativi che potrebbero capitare, con l’obiettivo di prevederli, prevenirli e prepararsi a affrontarli.
Sebbene risulti spesso incontrollabile e correlato a un aumento del disagio, il rimuginio viene visto dalla persona ansiosa come una valida arma contro i suoi sintomi.
Di fatto per ogni persona con questo problema, è possibile tracciare una linea di demarcazione tra “zone sicure” e “zone pericolose”; le zone sicure sono definite dalla vicinanza alla propria casa o ad una persona significativa.
Pescando nella memoria mi sovviene un frammento del famoso film Papillon, quando il protagonista si trova a scontare una ulteriore pena e viene rinchiuso in una cella dove l’unica luce proviene dall’alto (quando non viene coperta la grata) e le dimensioni sono tali che con cinque passi la percorre tutta. Il lungo tempo trascorso in questa maniera lo porterà, una volta uscito, ad aver paura di affrontare il sesto passo!
E che dire della nevrotica scrittrice, estremamente ansiosa ed agorafobica, del film per ragazzi Alla ricerca dell’isola di Nim.
Fobie, manie e tic – Agorafobia – Non è la paura degli aghi!
Anche la letteratura non è avara di testi in cui l’agorafobia non abbia il suo posto d’onore.
È il caso di Agorafobia di Ivo Gazzarrini dove la suspence Horror è l’anticamera che ti conduce a provare tutti i sintomi di panico.
“Sul banco abbiamo: forbici, coltello, mazza, schermo del pc, cavalletto di un faro. Cosa userò contro il nominato?”
Mister Reality si porta due dita al mento e alza lo sguardo al soffitto. Finge di pensarci poi torna a sorridere con quel suo ghigno folle.
“Lo saprete domani, alla prossima puntata!”
“Click. Effetto sabbia…”
Chi ne soffre vive, in modo inconscio, problematiche di ordine morale circa il significato da dare alla libertà personale, e mentre il mondo corre in ogni direzione, indifferente a cinismi e trasgressioni, gli agorafobici si fermano atterriti dalla prospettiva della libertà, in un contromovimento che ha del paradossale.
L’arcobaleno. Un lungo viaggio attraverso l’agorafobia e gli attacchi di panico
Di Pierluigi Bertini
“Due articoli scientifici e una testimonianza di vita. Agorafobia e attacchi di panico, una malattia poco conosciuta. I sintomi, il disagio, le cure sbagliate e quella risolutiva, la terapia comportamentale nelle linee guida dell’approccio psicologico e farmacologico.
Pierluigi per 40 anni, non esce di casa neppure per accompagnare le figlie a scuola, non fa un passo senza sua moglie e tuttavia dal suo ponte di comando in casa, porta al successo un’azienda e trova l’avanguardia medico-psicologica che gli restituirà una vita.
Lo smarrimento, la frustrazione e gli autogol di un agorafobico in cerca di cura non gli impediranno di giungere alla guarigione.”
E per concludere c’è chi, a seguito del Covid, ha sviluppato una nuova forma di angoscia.
La condizione di angoscia e di panico agorafobici si realizza non solo in senso generico, cioè approssimandosi a spazi aperti, ma anche in senso specifico, cioè allontanandosi da quei luoghi o quelle persone che integrano l’identità del soggetto.
Infatti, si può avere una sensazione agorafobica anche da soli in casa, nel momento in cui si percepisce la propria radicale solitudine e l’assenza degli abituali rumori di riferimento.
Questa esperienza sta al cuore della agorafobia: indica che l’oggetto dell’angoscia non è la libertà intesa in senso generico; l’oggetto dell’angoscia agorafobica è la libertà intesa come isolamento dal proprio contesto umano di riferimento: la libertà, dunque, intesa come perdita, provocata o subita, del bene supremo costituito dalla socialità.
Alla prossima.