Erica Jong, l’iconica autrice di Paura di volare, oggi vive immersa nell’oscurità della demenza, assistita a tempo pieno in una residenza per anziani a Manhattan. A raccontare questo doloroso tramonto è la figlia, la scrittrice e giornalista Molly Jong-Fast, nel memoir How to Lose Your Mother, in uscita il 3 giugno negli Stati Uniti. Il libro è un atto di rivendicazione, ma anche uno specchio crudele dei legami familiari e del peso ingombrante dell’eredità intellettuale.
Erica Jong, simbolo della letteratura femminista
Erica Jong, oggi 83 anni, ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura femminista degli anni Settanta. Coniò l’espressione “zipless fuck” – la “scopata senza cerniera” – simbolo di un desiderio sessuale femminile libero, slegato da sensi di colpa o obblighi affettivi. Con Fear of Flying, romanzo d’esordio del 1973, vendette oltre 37 milioni di copie nel mondo, raccontando il desiderio e l’identità con una franchezza che scandalizzò e liberò al tempo stesso un’intera generazione di lettrici.

Il memoir di Molly Jong-Fast
Ma la stessa franchezza che Jong ha riversato nei suoi libri, Molly Jong-Fast la restituisce ora alla madre in una sorta di “giustizia narrativa” a parti invertite. “I ruoli si sono invertiti e ora sto facendo a lei quello che lei ha sempre fatto a me”, ha dichiarato Molly al New York Times. Il memoir racconta con toni crudi la decadenza fisica e mentale della madre: giorni interi a letto, il rifiuto di lavarsi, l’odore acre di urina nell’appartamento condiviso con i cani. Una narrazione impietosa, ma anche un tentativo di riprendersi una voce che, da figlia di una celebrità, Molly sente di non aver mai avuto del tutto.
Infatti, cresciuta all’ombra di una madre che la usava come personaggio letterario, Molly descrive l’alienazione del vedersi riflessa in “versioni fittizie” di sé stessa. La sua identità – fragile, in formazione – è stata costantemente riscritta dalla penna materna, spesso ridotta ad “accessorio narrativo” utile a confessare lotte interiori, dipendenze, crisi. Ora, nel memoir, la figlia rompe il silenzio e si riprende il controllo del racconto.

C’è chi, come Susan Cheever – figlia dello scrittore John Cheever – definisce How to Lose Your Mother un gesto di emancipazione. Ma il libro solleva anche domande etiche profonde: fino a che punto si può spingere la verità di un memoir? E quando il confine tra testimonianza e tradimento diventa troppo sottile per reggere il peso della memoria familiare?
Jong, che nella sua vita ha avuto tre divorzi e una lunga carriera di successo, non ha letto il libro. Non potrebbe, d’altronde: la demenza le ha tolto la lucidità, la memoria, forse anche il senso del passato. Eppure, con l’intuito della scrittrice, ha colto l’essenza della situazione: “Quando sei uno scrittore, la tua vita è un libro aperto. E lo stesso vale anche per tua figlia”.
Nel mosaico imperfetto che compone la storia di questa famiglia – madre e figlia, entrambe scrittrici, entrambe vulnerabili – le loro opere si rincorrono, si scontrano e si completano, come frammenti di un vaso rotto. I bordi non sempre combaciano, ma la forma generale regge. Forse, proprio in queste crepe, si nasconde la verità più profonda: quella di un amore difficile, imperfetto, ma ancora capace di dire qualcosa sul mestiere di vivere – e di scrivere.
