Oggi, iCrewer, ho in serbo per te un nuovo viaggio letterario. La nostra piccola incursione a Cecil Court, la via delle librerie di Londra, mi è piaciuta così tanto, che ho pensato di riproporti qualcosa di simile. Questa volta, però, andiamo direttamente dall’altra parte del mondo, fino a Tokyo, nel quartiere di Jinbocho (o Jinbōchō, se vogliamo scriverlo con i corretti allungamenti vocalici).
Si, hai capito bene, si tratta di un intero quartiere interamente dedicato ai libri. D’altronde, al città di Tokyo è così grande, che non c’è da stupirsi che siano nate zone in cui si sono radunate attività simili tra loro. Basti pensare al quartiere di Akihabara, il Paese delle Meraviglie per gli amanti di manga e tecnologia.
Ecco, Jinbocho è il suo corrispettivo per chi adora la carta stampata, il paradiso dei bibliofili. Tra le sue strade, infatti, possiamo trovare più di centosettanta librerie, oltre che a sedi di case editrici, bar, ristoranti, caffetterie e una cinquantina di negozi di articoli sportivi (sì, hai capito bene. Connubio interessante, non trovi?).
Jinbocho: il regno dei libri usati nel cuore di Tokyo
Parlando della capitale giapponese, è probabile che visualizziamo nella mente questa grande metropoli, piena di luci, sempre in movimento. Il regno degli amanti dei manga, degli anime, della tecnologia e della frenesia. C’è anche, però, una sua versione più lenta, più retrò, che trova in Jinbocho un esempio perfetto.
Il quartiere deve il suo nome a Nagaharu Jinbōm – un samurai risiedeva in questa zona durante il periodo Edo (1600-1867) – e ha iniziato a svilupparsi all’incirca a partire dal periodo Meiji (1868-1912). Durante questi anni di intensa e rapida modernizzazione, in questa zona hanno trovato la loro sede importanti università come la Meiji, la Nihon e la Chūō. Ciò ha fatto sì che si sviluppasse un florido commercio non solo di libri freschi di stampa, ma anche di seconda mano.
Purtroppo, nel 1913 la vi fu un incendio devastante ma, come una fenice, anche Jinbocho è rinato dalle sue ceneri. Ciò è avvenuto anche grazie al lavoro di Shigeo Iwanami, professore universitario che decise di aprire una libreria per cercare di ridare vita alla zona. È proprio a partire da questo negozio che si è sviluppata la Iwanami Shoten, ancora oggi una delle case editrici più importanti di tutto il Giappone.
Che librerie possiamo trovare?
Come ti accennavo, a Jinbocho ci sono quasi centottanta attività commerciali che trattano libri, tutte con l’ingresso scrupolosamente rivolto verso Nord, in modo che la luce del sole non rovini le preziose pagine. Ovviamente, gran parte degli articoli è in giapponese, ma ci sono anche librerie che ospitano una sezione di volumi in lingue straniere.
Italia Shobo, ad esempio, come possiamo intuire dal nome, vende anche opere in lingua italiana, mentre Kitazawa shoten e Books Sanseido hanno in catalogo molti titoli della letteratura inglese. E poi librerie specializzate in volumi e album di fotografia, o di argomento musicale. In opere antiche o appena pubblicate. In edizioni rare o economiche. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti.
Senza contare le caffetterie, i piccoli ristoranti, i negozi di cartoleria o di colori e forniture d’arte.
Il momento migliore per fare una passeggiata a Jinbocho? Il tardo pomeriggio o la prima serata. Meglio ancora se puoi andarci in ottobre, quando si svolge il mercato del libro e le strade si riempiono di bancarelle di volumi!
[Una piccola annotazione sul nome Jinbocho. Spesso si può trovare traslitterato anche come Jimbocho (con la m), ma, se vogliamo essere fedeli alla parola originale, è meglio usare la n. Devi sapere che il giapponese è una lingua sillabica: non troveremo mai il suono b da solo (come in brama, ad esempio), ma sempre accompagnato da una vocale (ba, be, bi, bo, bu). L’unica consonante che fa eccezione, che può quindi comparire senza essere per forza accompagnata da una vocale è la n, ん.
Per questo motivo (perchè la m compare solo con vocale), il nome corretto è Jinbōchō, anche se può sembrare un errore a un parlante italiano, che prima della b e della p, mette sempre la m (visto che siamo in tema, per lo stesso motivo, qualcuno più grande di noi che lavora nella nostra stessa azienda o studia nella nostra stessa scuola, è un senpai, non sempai).]