Caro iCrewer, presupponendo che, secondo me, i libri non sono mai troppi, arriva sempre il momento in cui, materialmente, i volumi esondano dai confini delle nostre librerie. Non è qualcosa che possiamo evitare, una catastrofe da cui l’intervento di un eroe potrà salvarci e, parliamoci chiaro, a meno che qualcuno non sia in possesso della borsa senza fondo di Hermione, o di quella di Mago Merlino – in quel caso, per favore, ditemi dove l’avete trovata, che serve anche a me! – prima o poi ci troveremo davanti a questo scoglio.
Può essere che effettivamente lo spazio libero nella nostra libreria diventi una specie in via d’estinzione; o che la casa in cui viviamo non abbia pareti da sacrificare per la causa; o che, negli anni, abbiamo comunque finito per occupare ogni anfratto libero, e ora le nostre opere giacciano sole e al buio all’interno di scatoloni in soffitte e garage (forse, potendo, sarebbe meglio evitare la cantina, visto che carta + umidità = muffa).
Certo, l’avvento degli e-reader e degli audiolibri ha parzialmente rallentato il processo di accumulazione. Io per prima, a volte, preferisco acquistare il formato digitale proprio per questo motivo. Tuttavia, ci saranno sempre coloro per cui la carta stampata ha tutto un altro sapore. E quindi? Che si fa quando neanche i migliori giocatori di Tetris non potranno più farcela?
Troppi libri? Compra un’altra libreria!
Apparentemente, questa è la soluzione più semplice. Se anche dopo aver messo i libri in doppia fila sulle mensole – e i miei sono rimasti così per anni – ancora c’è qualche sfollato, il metodo più veloce è acquistargli o fabbricargli una nuova casa.
Tuttavia, questa opzione presenta svariati contro, sia dal punto di vista economico (non è che i mobili siano proprio a buon mercato), sia logistico (a volte è già tanto che in una casa ci entri una libreria, figuriamoci due).
Siccome quando compro un’opera, essa diventa praticamente parte della famiglia (sia che io l’adori, come L’orologiaio di Filigree Street, di Natasha Pulley; sia che io non l’abbia ancora letta, come La lettrice testarda, di Amy Witting), non mi sognerei mai di usarla come fermaporta o come sostegno per un tavolo traballante. Nemmeno il libro che mi è piaciuto meno in assoluto farebbe quella fine. E quindi? Che altre soluzioni restano?
Dona una seconda vita ai tuoi libri: regalali
Possiamo intendere questa frase in due modi: il nostro volume, a cui dobbiamo tristemente dire addio, potrebbe diventare il perfetto regalo per un amico che sappiamo desiderarlo (ovviamente se l’oggetto si trova in condizioni fisiche dignitose). Magari potremmo accompagnarlo con una dedica speciale. Dopotutto, se anche il destinatario è un’amante della lettura, saprà benissimo quanto può essere difficile separarsi da una storia, e capirà il vero valore del gesto, che va molto al di là del fattore materiale.
La seconda interpretazione sta proprio nella donazione vera e propria. So per certo, ad esempio, che la biblioteca del mio paese accetta donazioni, purché, naturalmente, non si tratti di libri distrutti o rovinati. A volte le opere trovano posto tra gli scaffali regolamentari; altre, invece, vengono messe in adozione tramite il format “prendi un libro e lasciane un altro”. In questo modo, potremmo rallegrale la giornata di qualcuno, senza compiere sacrilegi come buttare tutto nell’immondizia.
Nessuna delle altre opzioni è possibile? Fai felice il portafoglio: rivendi i libri
Eh sì, anche i libri di narrativa si possono rivendere, non solo quelli scolastici o universitari, sia in libreria, che negli store online. Certo, a volte il ricavo non è neanche lontanamente paragonabile alla spesa iniziale (per esemplari molto comuni mi è capitato di ricevere circa due euro di compenso, contro gli circa undici spezi inizialmente), ma se ti serve qualche spicciolo e hai libri che non ti sono piaciuti di cui vuoi liberarti, è la soluzione che ti consiglio.
Mentre la donazione la riserverei per quelle opere che ci hanno scaldato il cuore, ma che purtroppo non rientrano negli irrinunciabili e che ormai hanno fatto il loro corso, la vendita è senza dubbio la destinazione di tutte quelle che mi hanno deluso profondamente. E credimi, da accanita lettrice quale sono – e c’è stato un periodo in cui mi nutrivo praticamente soltanto di nuove uscite – non sono state poche le quarte di copertina che promettevano fuochi d’artificio, e che poi, in realtà, non nascondevano che flebili scintille.
In questi casi, trattandosi di volumi pressoché nuovi, e che molto spesso mi avevano fortemente irritata (vuoi per la trama scadente, vuoi per i contenuti, vuoi perch{ semplicemente non mi sono piaciuti), portarli in negozi che ritirano libri usati mi ha dato la possibilità non solo di liberare dello spazio nella mia libreria, ma ho anche potuto rovistare tra le opere scartate da altri, trovando chicche che cercavo da tempo.
È stato proprio durante una spedizione di questo tipo che mi sono imbattuta nell’edizione Rizzoli, in copertina rigida, di Eragon di Christopher Paoli, primo volume della saga e, naturalmente, unico che io possedevo in un formato diverso rispetto agli altri tre (si, lo ammetto, sono un po’ fissata con il formato di saghe, serie, trilogie e via di seguito). Inutile dire che ora fanno mostra di sé, uno affianco all’altro, al centro della mia libreria.